Eduardo Scarpetta
Ultima parodia. La disfida dei figli di Iorio
Prefazione di Titti Marrone
80 pagine, 10 Euro
ISBN 9788899467081
Eduardo Scarpetta (1853/1925) – grande attore, autore e impresario teatrale napoletano, inventore di Felice Sciosciammocca e di recente celebrato dal film di Mario Martone con Toni Servillo, Qui rido io – non fu mai processato per bigamia, benché nel suo palazzo convivessero molti dei suoi figli e le loro differenti madri, ma fu portato alla sbarra per aver preso in giro l’indiscutibile (allora) eminenza di Gabriele D’Annunzio. L’avventura giuridica del suo Figlio di Iorio, parodia della dannunziana Figlia di Iorio, è lunga e complessa, occupa gli anni dal 1904 al 1908, ed è emblematica tanto della perenne situazione della giustizia italiana quanto della realtà culturale del nostro Paese in quel tempo. Scarpetta ne uscì incolpevole (i giudici ritennero che il reato di plagio non sussistesse) ma in seguito a quelle furiose polemiche abbandonò le scene e smise di scrivere.
Nella seconda edizione delle sue memorie (1922), Scarpetta raccontò dettagliatamente quella vicenda, arricchendo i fatti con ampie citazioni dalle arringhe e dalle perizie richieste dal tribunale di Napoli: si tratta delle pagine qui riproposte, che consentono di seguire perfettamente questa storia. Che, al di là del clamore che suscitò all’epoca, davvero ci dice molto del rapporto che la cultura “ufficiale” ha e ha sempre avuto con il teatro comico popolare. Del quale Eduardo Scarpetta è uno dei maggiori rappresentati; nel solco che dalla Commedia dell’Arte arriva fino ai grandi comici del Novecento.
Eduardo Scarpetta (1853/1925) fu autore decine e decine di testi teatrali che portò in scena personalmente diventando uno dei divi più amati del teatro popolare del neonato Regno d’Italia fino all’alba del Novecento. Il suo alter-ego Felice Sciosciammocca è protagonista di capolavori comici quali Lo scarfalietto (1881), Miseria e nobiltà (1888), Nu turco napulitano (1888), ‘O miereco d’e pazze (1908).