Visto alle Terme di Caracalla
La Morte a Verona
Per la stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma dal 27 luglio al 4 agosto debutta la nuova produzione di Giuliano Peparini, il caleidoscopico balletto “Romeo e Giulietta”. Storia antica, personaggi nuovi e Alessandra Amato è la Morte
«Quando due giovani muoiono, c’è una strana energia che vaga in sala prove», confessa Giuliano Peparini in conferenza stampa. Questa energia assume le sembianze di Alessandra Amato: l’étoile del Teatro dell’Opera di Roma è la Morte nella nuova produzione pensata da Peparini per il palcoscenico delle Terme di Caracalla. Nella sua visione a tutto tondo del balletto e del teatro in cui parole d’ordine sono professionalità e spettacolarità, Peparini trova difficile definirsi coreografo puro. Realizza le proiezioni, rilegge Shakespeare, al movimento coreografico accompagna analisi e restituzione dello spirito di una storia celeberrima: e così, a dispetto della consuetudine ballettistica, firma regia e coreografia del Romeo e Giulietta di Sergej Prokof’ev.
Storia d’amore impossibile – come ogni tragedia che si rispetti – tra i rampolli di due casate rivali, due adolescenti con tendenza alla ribellione, ma anche storia di un conflitto generazionale che si rinnova in ogni epoca. Romeo e Giulietta, però, non è solo questo. «A glooming peace this morning with it brings», recita l’ultima sestina del dramma shakesperiano. Muore Romeo, muore Giulietta. Muoiono Mercuzio, sodale di lui, e Tebaldo, cugino di lei; muore Paride, pretendente di Giulietta e di dolore si consumano tanto i Montecchi quanto i Capuleti nel seppellire, ad uno ad uno, le promesse del loro futuro. Il sole, persino, si oscura («The sun, for sorrow, will not show his head»). È la Morte la vera protagonista, un’ombra di nero vestita con un teschio di paillettes argentate nella prima parte, una sensuale donna color dell’oro nella seconda (nella foto accanto al titolo). La sua presenza, minacciosa e sottile, di angelo sterminatore è sottolineata, nella prima parte, dalle sonorità gravi dei fagotti e degli ottoni in partitura, mentre nella seconda dialoga con il pubblico e con le paure represse dei personaggi in scena posti davanti al bivio delle loro vite. Danza con loro, li accarezza, li seduce, li bacia. Accudisce Giulietta, come la Natura matrigna di leopardiana memoria, mentre la fanciulla beve, tra le sue braccia di serpe, il veleno che simuli il rigor mortis. Di innegabile inflessione lugubre e funerea è il ballo in maschera in casa Capuleti, dove le maschere sono invariabilmente dei teschi argentati. La partitura, una vera e propria epopea in musica magistralmente interpretata dalla bacchetta di David Levi, sottolinea il diffuso e pervasivo odore di morte in un gioco di frammentazione e variazione degli stessi temi che si ripetono lungo tutta l’opera, virando gradualmente sulle tonalità minori, sconvolgendo la freschezza innocente della scoperta dell’amore in inquietanti danze macabre e marce funebri.
Peparini ha chiamato a raccolta tutte le armi del mestiere. Accanto alle coppie Susanna Salvi-Claudio Cocino e Vittoria Valerio-Michele Satriano (che si alternano nei ruoli di Giulietta e del suo Romeo), il gruppo di breakers con i quali è solito lavorare (e che già avevano spopolato come bad boys nello Schiaccianoci record di incassi ideato dallo stesso per l’Opera di Roma). Le videoproiezioni creano suggestioni e profondità nella cornice sui generis del monumentale palcoscenico di Caracalla: ora i profili dell’antica cittadella medievale di Verona che si tinge di rosso, ora tappezzeria damascata per le scene di interno, ora pareti affastellate di croci ex voto nella cella di Frate Lorenzo, ora una scomposizione prospettica di linee e punti di fuga al precipitare degli eventi e al crollare delle certezze. I costumi (pensati insieme a Frédéric Olivier) sono una summa dell’ideologia postromantica e postmoderna: Romeo e Mercuzio in blu jeans aderenti, camicia e gilet, mentre il resto dei Montecchi indossa mini gorgiere che conferiscono un’intonazione pittoresca all’insieme; i Capuleti sono i ballerini di break dance in scarpe da ginnastica e maschere dipinte tra il tribale e il Joker di Christopher Nolan. La nutrice si declina al maschile e al plurale, uomini dai seni generosi e posticci e gonne a campana addobbate di luci come un albero di Natale, ricordando le soluzioni già di Alessandro Serra per il suo Macbettu Premio Ubu 2017 e di Emma Dante per il suo Eracle a Siracusa 2018, con richiamo alle tradizioni dei dervisci in chiave kitsch, come kitsch risulta un certo uso del led nella camera da letto, nello studio di Capuleti Senior e in chiesa, quasi un omaggio alla versione cinematografica che della pièce ha dato Baz Luhrmann nel 1996. Non mancano bambini e acrobati, ingredienti cari a Peparini che ben si prestano alla storia e alla scena. Se i primi, a ouverture in corso, rappresentano un avatar di Romeo e Giulietta che si apprestano, ignari, ad abbandonare l’età dell’infanzia con una violenza indicibile, gli acrobati completano con la plasticità delle loro piroette il trompe l’œil della scenografia videoproiettata.
Di certo il Romeo e Giulietta di Franco Zeffirelli, con la sua netta distinzione di colori caldi per i Capuleti e freddi per i Montecchi e con la sua dovizia filologica nella ricostruzione degli ambienti, ha rappresentato un precedente visivo, come già era stato per il musical Romeo e Giulietta. Ama e cambia il mondo di David Zard per il quale Peparini ha collaborato. Per Caracalla supera e arricchisce i precedenti e non opera distinzione alcuna nel genere di spettacolo di riferimento. Se un gusto per il musical, da West Side Story a David Zard resta, la tecnica classica e la precisione a orologeria delle coreografie è tipica del Corpo di Ballo romano diretto da Eleonora Abbagnato: Peparini conferma di essere abile alchimista quando si tratta di creare nuove formule che della tradizione rispettino lo spirito per parlare, vive e concrete, all’immaginario dei contemporanei. Perché Peparini non stravolge, comprende e fa proprio lo spirito della storia di Shakespeare attraversata dal filtro della musica di Profofe’v; con devozione e dedizione, visionarietà e professionalità, ne restituisce la quinta essenza. A Peparini il merito di aver esplicitato l’eterna attualità di Romeo e Giulietta, una storia di morte senza possibilità di redenzione, «For never was a story of more woe / Than this of Juliet and her Romeo».