Radiografia del terrorismo/2
I verbi di Dio
Tutto comincia con il Corano e con la difficoltà di interpretarlo in modo univoco. La nostra inchiesta continua con l'analisi del Libro sacro per i musulmani
Dopo aver dato il quadro sintetico delle diverse forme di Islam nel mondo (clicca qui per leggere la prima puntata della nostra inchiesta) e aver dimostrato l’impossibilità di racchiuderlo in un’unica immagine, è fondamentale capire meglio il testo di riferimento dell’Islam: il Corano.
Il Corano è un libro strano perché nel mondo occidentale tutti ne parlano, tutti ne citano a caso le sure e pochissimi l’hanno veramente letto. Penso sia utile fornire delle nozioni generali sul sacro testo islamico, perché per la trattazione che sto svolgendo sul fenomeno terrorista credo sia fondamentale capirne le radici.
Il Corano è il testo di riferimento di tutti i musulmani, che lo ritengono il libro rivelato da Allah a Maometto attraverso l’Arcangelo Gabriele: esso è la rivelazione di Dio all’umanità.
Letteralmente Corano (qu’ran) significa lettura, recitazione. È, quindi, ciò che deve essere recitato, il simbolo supremo della rivelazione, il Verbo di Dio nella forma della lingua araba ed è il testo sacro, per eccellenza, dei musulmani. Ci sono altri termini che vengono adoperati per indicare il Corano: al Kitab (il Libro), al Wahy (l’ispirazione), al Furqan (il discrimine), al Dhikr (la menzione) e al Mushaf (la raccolta di pagine).
Il Corano venne pubblicato dopo la morte del Profeta. Durante la vita di Maometto c’erano solo annotazioni sconnesse tra loro, discorsi e memorie di quelli che lo avevano ascoltato. Per tradizione, infatti, Maometto dettava ai suoi segretari le rivelazioni ricevute senza occuparsi della compilazione di un testo unico. Per questo motivo, il testo restò affidato completamente alla memoria dei fedeli. Di qui il significato principale di Qur’an (recitazione ad alta voce), nonché il senso principale del verbo gara’a, di cui qur’an è il nome di azione, dalla radice semitica gr’ che significa gridare, chiamare.
Il Corano è origine, fonte e criterio di distinzione di tutto ciò che è islamico, di tutta la fede e l’agire dell’uomo; è formato da 114 sure (capitoli) di varia lunghezza. Tutte le sure, tranne la nona, iniziano con Bismillah che significa «nel nome di Dio». Ogni sura è formata da diversi versetti, detti ayat (segni o prodigi). Il sostantivo Ayatollah che indica un dotto sciita di livello elevato deriva proprio dal predetto termine.
Le sure del Corano possono essere suddivise in quattro parti differenti a seconda delle fasi della vita del Profeta. Il primo periodo meccano (610- 615 d.C.) è dominato dai temi della giustizia, del monoteismo e dell’escatologia e mirano alla conversione degli infedeli ad Allah; vengono evidenziate le pene dell’inferno previste per i peccatori e la beatitudine dei musulmani, i veri credenti. Il secondo periodo meccano (615- 619 d.C.) è caratterizzato dalla prevalenza di narrazioni di vicende che riguardano i profeti che hanno preceduto Maometto. Nel terzo periodo meccano (619- 622 d.C.) si nota con evidenza il progressivo deterioramento dei rapporti tra il Profeta e i suoi concittadini che, in seguito, sfociò nell’Egira. Nell’ultimo periodo (622- 632 d.C.), quello medinese, il Corano si arricchisce di elementi giuridico-istituzionali indispensabili al Profeta per governare la neonata ummah islamica.
Lo stile in cui il Corano è scritto richiede una speciale attenzione. La forma letteraria è per gran parte diversa da qualsiasi altro testo che conosciamo. A volte sembra di notare uno stile simile agli antichi profeti ebraici, ma c’è molto di più. La tendenza alla ripetizione, che è una caratteristica precipua dell’ebraismo, appare qui in una forma sovrabbondante forse dovuta proprio alla tradizione orale.
I musulmani considerano il Corano il libro migliore che si sia mai presentato tra gli uomini. Non trovano incongruità nello stile. Per loro la materia è verità e lo stile è perfetto. Il Corano non è nient’altro che un miracolo e come tale deve essere considerato. L’inimitabilità del Corano è la credenza che nessuna frase umana possa corrispondere al testo sacro nel suo contenuto o nella sua forma. Il Corano è un miracolo inimitabile.
Nel sacro Corano non viene mai citato l’Islam bensì solo i musulmani. La parola Islam appare con il suo significato anche se non indicata esplicitamente. Islam può avere due significati: abbandonarsi a Dio, ovvero sottomettersi in modo completo e assoluto, oppure indicare la religione di coloro che si riconoscono in quest’abbandono ad Allah. È in quest’ultima accezione che si definisce la religione islamica comunemente conosciuta.
In nessun passo del Corano l’uomo viene definito a «immagine e somiglianza di Dio», in nessun luogo si parla di patto (mitaq) tra Dio e l’uomo. Solo ad Allah appartengono i nomi più belli, l’uomo non può far altro che sottomettersi a Lui. Questa è una sostanziale differenza con le altre due religioni abramitiche e non è di poco conto. Se l’uomo non è immagine di Dio, nessun uomo può parlare a nome Suo; l’unica parola di Allah è il Corano.
I contenuti del Corano sono ripartiti in varie tipologie: ahkam (leggi e precetti) stabiliscono le norme relative al culto, alla vita familiare e sociale (matrimonio, filiazione, eredità; reati quali il furto, l’adulterio e l’omicidio); guisa (racconti) sono soprattutto relativi agli antichi profeti che hanno preceduto Maometto; mawa’iz (ammonimenti o raccomandazioni) sono rivolti ai credenti, talvolta in forma di parabola, per invitarli alla riflessione, alla devozione e all’equità.
Nel Corano vengono riprese molte figure bibliche: Adamo, Aronne, Davide, Elia, Gesù, Giacobbe, Giobbe, Giona, Giovanni Battista, Giuseppe, Isacco, Ismaele, Lot, Maria, Mosè, Noè, Salomone e Zaccaria. La presenza di queste figure congiunge l’Islam al patriarca Abramo, capostipite comune delle tre religioni monoteiste.
Il tema centrale del Corano è il monoteismo. Dio è eterno, onnisciente e onnipotente. L’onnipotenza di Dio si rileva in tutto ciò che ha creato. Tutti gli esseri umani sono uguali nella loro sottomissione a Dio. È stimato che approssimativamente un terzo del Corano è dedicato all’escatologia e a quello che c’è dopo la vita terrena, ma il Corano non prevede la natura immortale dell’animo umano, visto che l’esistenza dell’uomo dipende unicamente dal volere di Allah: quando Egli vuole, l’uomo muore e quando vuole, Egli lo innalza nuovamente alla risurrezione del corpo.
Parlare di Corano è praticamente la stessa cosa di parlare di Maometto. In effetti, è difficile trovare un caso in cui vi sia completa identità tra il lavoro letterario e la mente dell’uomo che l’ha prodotto. Il metodo seguito da Maometto nella promulgazione del Corano varia gradualmente. Dal primo bagliore dell’ispirazione profetica, che è chiaramente distinguibile nella prima parte del libro, si discende progressivamente in un’intenzionale e artificiale retorica.
Senza dubbio il Corano è la guida di ogni fedele musulmano ma, considerata la sua difficoltà di interpretazione, bisogna essere molto cauti nel non trascinarlo nelle diverse forme di strumentalizzazione che può essere religiosa ma anche politica e sociale.
Partiamo dalla considerazione che il Corano è il testo che raccoglie l’esperienza di Maometto e della sua comunità in un periodo di circa vent’anni. Le interpretazioni rientrano nella ricezione di qualsiasi testo e hanno un aspetto storico imprescindibile. Questo è dovuto sia al fatto che esso contiene in sé passi oscuri e talvolta contraddittori, sia al fatto che all’inizio vi fu difficoltà nella lettura del testo poiché le vocali non vennero trascritte. Il Corano ha, di conseguenza, suscitato un’enorme quantità di commenti ed interpretazioni (tafsir). L’interpretazione è una delle più antiche attività accademiche dei musulmani. Si sono susseguite varie forme di esegesi: un’esegesi modernizzante; un’esegesi storica; un’esegesi spirituale; un’esegesi ancora più marcatamente spiritualistica; un’analisi teoretica con lo scopo di individuare nuove metodologie per l’interpretazione del Corano e del suo messaggio sulla base di argomenti razionali e di categorie filosofiche. Solo tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo si ritrovano alcuni interpreti impegnati a realizzare un’idea di Islam più consona all’epoca attuale e, dunque, in grado di sopravvivere nel tempo.
Infine, è corretto sottolineare che non può esistere un’interpretazione autentica del Corano nell’Islam, perché non esiste una gerarchia come quella della Chiesa Cattolica. Non esiste infallibilità del Papa, perché l’Imam è una guida spirituale diverso per ogni moschea. Qui risiede la difficoltà di comprendere dove si annidano le interpretazioni più estremiste, ogni Imam ha la sua formazione e la sua visione e non si può pensare di risolvere il problema proibendo la costruzione di moschee, perché per i musulmani si può pregare in ogni luogo (negozi, garage, palestre ecc.) purché il terreno riservato alla salat sia delimitato da qualche oggetto (ad esempio un tappeto) e sia il più possibile pulito. Insomma, il problema moschee che talvolta si pone in Occidente è evidentemente un non problema.
2. Continua