Diario di una spettatrice
Conclave di partito
“Conclave", il nuovo film di Edward Berger con un grande Ralph Fiennes, è un thriller che segue alla perfezione la liturgia dell'elezione di un nuovo papa. Che è prima di tutto uno scontro fra poteri
C’è una vecchia storiella su due cardinali che passeggiano nei giardini vaticani. Uno osserva preoccupato: certo che c’è da perdere la fede considerando i crimini compiuti dalla Chiesa in duemila anni. Al contrario, replica l’altro, la nostra storia è la migliore dimostrazione dell’esistenza di Dio, perché se Dio non esistesse come potevamo durare così a lungo?
La storiella mi è venuta in mente vedendo Conclave, il nuovo film del regista austro-svizzero Edward Berger (dopo Niente di nuovo sul fronte occidentale), basato sull’omonimo romanzo di Robert Harris. Una pellicola affascinante che ha il ritmo serrato di un thriller e che raccomando di vedere in questi giorni natalizi, ovviamente anche e proprio per l’argomento di cui si occupa.
Il suo fascino sta in alcuni elementi tutt’altro che scontati, assenti in altri film che hanno trattato lo stesso tema, come Habemus Papam di Nanni Moretti. Innanzitutto l’accuratezza con cui sono rappresentate le procedure che seguono la morte di un pontefice e che segnano quei giorni molto particolari in cui la sede di Pietro è vacante: la rottura dell’anello pontificio, il prelievo e trasporto della salma che frettolosamente scompare prima di ricomparire al funerale, la chiusura con tanto di sigillo della stanza in cui è avvenuto il decesso, la versione concordata ai massimi livelli di come sono andati i fatti, tutti questi passaggi vengono rappresentati realisticamente e fotografati con luci basse e ombre caravaggesche che trasportano subito lo spettatore nelle stanze della residenza di Santa Marta e nei lunghi corridoi vaticani.
Insieme alle scelte azzeccate del regista c’è la sceneggiatura dell’eccellente drammaturgo inglese Peter Straughan (basterà ricordare che firmò La talpa dall’omonimo romanzo di John le Carré), capace di evitare i déjà vu del filone vaticano alla Dan Brown e di raccontare senza forzature improbabili le trame che porteranno alla definizione degli schieramenti: di fatto un conclave non è altro che un congresso di partito, con le sue fazioni, i suoi leader, le alleanze, i tradimenti e le battaglie senza esclusione di colpi, fino alla fatidica fumata bianca. Senza dimenticare però che c’è sempre l’incognita della colomba che svolazza qua e là, cioè lo Spirito che da duemila anni soffia dove vuole, almeno per chi ci crede.
C’è una scena che contiene la chiave della pellicola e permette di interpretare anche il finale clamoroso con cui si concluderà il conclave (e che ovviamente qui non dirò anche se c’è chi l’ha già fatto). Il cardinale decano cui spetta il compito di indirizzare la procedura che eleggerà il nuovo Papa – Thomas Lawrence interpretato da un gigantesco Ralph Fiennes, che indossa con elegante nonchalance, pur se appesantito dagli anni, le vesti cardinalizie dopo aver dismesso i veli fluttuanti di Lord Voldemort – pronuncia l’omelia che precede l’inizio delle votazioni e lancia un messaggio ai 109 cardinali riuniti che finirà per alimentare lo scontro. Lawrence non ambisce al soglio, avrebbe voluto dimettersi e tornare alla vita pastorale, ma è suo malgrado il riferimento dei “progressisti” che si oppongono all’elezione del tradizionalista reazionario Goffredo Tedesco (Sergio Castellitto mai tanto in parte) e puntano sul cardinale Aldo Bellini (l’ottimo Stanley Tucci). L’omelia del decano è un formidabile elogio del dubbio alla maniera di Brecht: la certezza è la nemica assoluta della fede perché solo nel dubbio si può credere all’incredibile.
A sparigliare ulteriormente le carte degli opposti schieramenti è l’arrivo a sorpresa del missionario messicano Vincent Benitez, che si presenta in quanto cardinale “in pectore” nominato dal defunto pontefice all’insaputa di tutti e titolare in segreto della diocesi di Kabul. Altri personaggi entreranno in scena accanto ai duellanti del conclave e avranno un peso determinante nell’esito finale, a cominciare da suor Agnes interpretata con misura da Isabella Rossellini.
La pellicola, girata tra gli studi di Cinecittà e la reggia di Caserta, procede col ritmo incalzante del thriller e con i colpi di scena e le accuse reciproche che escluderanno uno dopo l’altro i “papabili”. È facile prevedere che questo film ha tutti gli ingredienti per fare incetta di Golden Globe e magari pure aggiudicarsi qualche Oscar, anche se nelle scene conclusive eccede in effetti pirotecnici. Ma comunque piacerà il finale clamoroso che l’elogio del dubbio aveva preannunciato e che neppure Paolo Sorrentino aveva immaginato nelle sue serie tv The Young Pope e The New Pope.