Every beat of my heart
Natale, un miracolo affine alla Poesia
Nei versi di Roberto Mussapi l’incanto che ogni anno si rinnova nella notte della vigilia è molto presente. Un mito fondante già nel suo sguardo di bambino, eppoi di poeta, insieme alla neve, al mare, alla voce. Come in “Natale adesso”... Con l’auspicio che sul mondo scenda una luce di vita
Il Natale è molto presente nei miei versi, mentre è poco frequente nella poesia italiana. Per me è importante quanto per alcuni maestri di lingua inglese o tedesca, Eliot, Dickens, Dylan Thomas, Novalis, Rilke; un capitolo della mia opera, con molte poesie sulla Natività, sui Magi, e due brevi poemi, Racconto di Nataleda Dickens e Lo stregone del fuoco e della neve. Davvero un mito nella mia poesia, è un evento che mi incanta da sempre, come da bambino, prima e oltre il suo stesso valore di festività religiosa. La ragione è forse nel prodigio di quella festa (incanto della sera, della vigilia, della notte), era una magia per il bambino che ero e spero in me sopravviva, trasformato ma ancora capace di meraviglia. Legato al fascino della grotta, altro capitolo della mia poesia.
E poi il fatto che la mia infanzia e adolescenza, anzi la mia vita fino ai quarant’anni, sono segnati dalla presenza della neve e dal suo incanto. La neve, il mare, la voce. Tre realtà fondanti.
Non credo necessario commentare questi miei versi, ma mi sono permesso un breve riferimento autobiografico per sottolineare a voi lettori il mio perenne amore per il Natale, il cui miracolo sento affine alla poesia. Qualcosa nasce, nel buio, e darà una luce di vita al mondo. Qualcosa che nasce per non estinguersi, e quindi per darci speranza, virtù teologale della Poesia.
Natale adesso
So che era Natale, tante volte, ma era come
se fosse sempre identico, ricordo
che per anni e anni e anni c’era la neve,
e una volta mio padre mi regalò un cavallo a dondolo,
oscillavo, come se io stessi nevicando.
E un’altra mi regalò un paio di guanti,
foderati di pelo, tenevano caldo,
me li infilò nelle mani lui personalmente,
anche se sapeva che non avevo freddo.
Ci furono altri Natali, nella mia vita,
Teresa scoprì la neve come una negra
e anche se non lo soffriva ne soffrì il freddo,
come se fosse un fiato d’asino a scaldarci.
Quando uscì dall’Humanitas c’erano montagne di neve
ma molto vino per resisterle e guardarla,
dalla finestra, come in una palla di vetro.
Poi tutto entrò nelle mie fibre interne,
la notte stellata del presepe e un finto freddo,
e il fuoco non ebbe più bisogno del camino,
fu in me, come lo avevo sognato un tempo.
Scoprii la grotta nel mio cuore accogliente,
e paglia che riluceva come oro filante,
e gente che s’inginocchiava senza saperlo,
come ero io, che guardavo mio padre
non so se ancora vivo o ancora presente,
come fosse lo stesso, rinascendo.
Tutto era identico con neve o senza,
era Natale, non ricordo più niente.
Roberto Mussapi
Da La piuma del Simorgh, Mondadori, Lo Specchio, 2016
(Nell’immagine, Natività, Gherardo delle Notti, 1619-20, Uffizi, Firenze)