Ida Meneghello
Diario di una spettatrice

Il ritmo di Carolina

Il debutto dietro la macchina da presa di Carolina Pavone è convincente. “Quasi a casa” è il ritratto di una generazione. Quasi alla maniera di Nanni Moretti

Mi notano di più se continuo a fare l’assistente alla regia oppure se mi butto e faccio il mio primo film? Immagino che a un certo punto Carolina Pavone, romana, classe 1994, si sia fatta la domanda morettiana per antonomasia, lei che Nanni lo conosce a memoria visto che gli è stata accanto nella regia dei suoi ultimi tre film. Giustamente ha scelto la seconda opzione. Ha l’energia che si ha a trent’anni e sa già cosa vuol dire stare dietro la macchina da presa (prima di fare l’assistente alla regia ha frequentato il Centro Sperimentale di Cinematografia). Così ha trovato il coraggio e l’allegria per mostrare al pubblico le proprie insicurezze, le paure che tutti abbiamo ma che teniamo accuratamente nascoste. Se non ora quando?

Quasi a casa è il risultato di questa scommessa, presentato alle Notti Veneziane delle Giornate degli Autori alla Mostra del cinema appena conclusa e in questi giorni nelle sale, prodotto fra gli altri dalla Sacher di Moretti. È un film di forte impronta autobiografica, come sono spesso le opere prime: Carolina racconta molto di sé attraverso una alter ego che ha quasi il suo stesso nome.

Caterina – interpretata da Maria Chiara Arrighini per la prima volta sul grande schermo, esordiente di indiscutibile bravura – ha ventiquattro anni e sogna di diventare una cantante, ma non è sicura di possederne il talento. Con il fratello Pietro si arrabatta nell’estate romana, lavorano a una canzone che non trova il ritmo giusto, anche la sua vita che è agli inizi, nel limbo tra l’adolescenza e il tempo delle scelte, non trova il ritmo giusto. In quei giorni sospesi Caterina scopre che il suo idolo, la cantante francese Mia Jerome (interpretata dalla cantante e attrice Lou Doillon, lo stesso fascino assassino della madre Jane Birkin, la stessa magrezza seducente) è in vacanza sul litorale laziale. Decide di piantare tutto e di raggiungerla per avere da lei una risposta alle sue insicurezze. Ovviamente la star si sottrae alle attenzioni della groupie, finché una mattina trova le gomme della sua auto a terra (il fine giustifica i mezzi?) e non le resta che “assumere” Caterina come chauffeur tuttofare.

Nella relazione che si crea tra la ragazza e il suo idolo non c’è né l’amore né l’amicizia, è un confronto inizialmente squilibrato in cui Caterina è totalmente succube del carisma e della sfrontatezza di Mia che se ne frega di tutti e a tutti impone i suoi capricci di star. Finché la ragazza non si renderà conto che le sue stesse paure paralizzano anche la donna che ha raggiunto il successo e dal successo è schiacciata. In fondo non c’è molta differenza tra di loro, un po’ di anni e quelle esperienze che ammaccano la vita, quando indossano lo stesso costume azzurro e sembrano aspettare sul ciglio della strada qualcosa che forse non arriverà.

La scena più bella del film la regala Lou Doillon, quando canta in un crescendo travolgente Almost Home, il brano composto da lei apposta per il film, e improvvisamente Mia ha la voce di Patti Smith. Il momento più divertente è quando Mia, presa da un eccesso di rabbia, sputa in faccia al compositore Francesco Bianconi, frontman e leader dei Baustelle. La frase più morettiana la dice Caterina al telefono con suo fratello: “Pietro, la canzone è troppo semplice, io stasera mi ammazzo, baci”.

Il punto debole del film? La sceneggiatura, a tratti fragile, con qualche situazione ripetitiva che fa perdere ritmo alla pellicola. “Quando comincia la vita vera?”, si chiede Caterina, una domanda cui ci capita di rispondere quando magari la vita ce l’abbiamo alle spalle. Caterina troverà alla fine il ritmo giusto per la sua canzone. Per Carolina la sua nuova vita di regista comincia adesso.

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