Anna Camaiti Hostert
Cartolina da Chicago

Tributo a Biden

La prima giornata della Convention democratica è stata segnata da un inedito clima di "battaglia" e dal discorso di Biden: «I love my job, but i love my country more!»

Questo primo giorno della Convention democratica di Chicago è certamente elettrizzante. Non solo perché l’entusiasmo in sala è alle stelle e perché le marce in favore della situazione palestinese al di fuori dell’United Center almeno per oggi si sono concluse pacificamente, ma soprattutto perché i discorsi di chiunque sia salito sul palco hanno espresso una rinnovata voglia di lottare che sembrava perduta durante gli ultimi mesi di questa campagna elettorale. Sono apparsi tutti molto sentiti e molto partecipati da parte di coloro che li hanno pronunciati e da parte del pubblico dei delegati. Dunque un turn around inaspettato. A cominciare dal fatto che Kamala Harris che doveva arrivare più tardi alla Convention, a sorpresa si è presentata ed è salita sul palco per ringraziare Joe Biden e tessere le lodi della sua leadership. In risposta dalla sala è partito con un boato lo slogan “When we fight, we win” a significare che nel partito c’è un’unità che non si vedeva, da tempo forse per effetto del rinnovamento in corso. Cosa che riesce a elettrizzare il clima politico e a unificare le diverse anime del partito.

Gli interventi più significativi per motivi assai diversi tra di loro sono stati, a mio parere  in ordine cronologico quello della deputata Alexandria Ocasio-Cortez  che ha celebrato non solo i sacrifici della lower middle class e con essi la nobiltà di chi con tanta fatica e pochi soldi lavora ogni giorno per sopravvivere, come ella stessa ha esperito e come è accaduto in generale alla sua famiglia, una famiglia di emigranti, ma ha anche ricordato la situazione  internazionale in particolare  quella di Gaza. Un elemento questo di raccordo tra il fuori e il dentro della Convention a cui Harris con la sua politica dovrà rispondere. L’altro intervento energizzante è stato quello del segretario sindacale dei metalmeccanici, della UAW (United Auto Workers) Shawn Fain che ha ricordato l’impegno di Biden e Harris: hanno lottato accanto ai picchetti degli operai durante il loro sciopero come mai era accaduto prima.  E alla fine del suo breve discorso si è tolto la giacca ed ha esibito una maglietta con scritto “Trump is a scab”, parola quest’ultima che oltre ad avere il significato di “rogna” ha quello più pregnante sotto un profilo di classe e sindacale di “crumiro”, la peggiore offesa da parte di un operaio e di un lavoratore in generale!

E ancora quello di Hillary Clinton la quale ha ricevuto l’applauso più lungo di questa prima giornata, quasi pari a quello tributato a Joe Biden. Davvero non finiva più … La senatrice ha parlato della storia delle donne partendo dal diritto al voto del secolo scorso per arrivare alla sua esperienza che dimostra quanta strada noi donne abbiamo fatto da allora. Adesso con Kamala Harris siamo davvero in procinto di rompere the glass ceiling! Come a dire che quello che non è riuscito a lei riuscirà a Kamala Harris!

Tutti e tre questi interventi seguiti molto dopo da quello di Chris Coons che ne ha fatto il corpo sostanziale del suo, hanno reso un ringraziamento a Joe Biden per il servizio reso alla nazione, e per la sua leadership in più di quarant’anni di lavoro duro e continuo. E infine per la sua generosità e la capacità di passare il testimone a una nuova generazione.

Presentato dalla moglie Jill e in maniera molto commovente dalla figlia Ashley, è finalmente apparso un Joe Biden commosso (si è asciugato le lacrime) dalle parole della figlia. Il pubblico non smetteva più di applaudire e ringraziarlo!

Biden ha parlato di libertà e di democrazia che oggi sono nelle mani di Kamala Harris e Tim Walz. Ha parlato di estremismo razzista, quello del Ku Klux Klan e dei gruppi razzisti incoraggiato dall’allora presidente Trump a partire da Charlottesville quando quest’ultimo disse che “c’erano brave persone da ambedue i lati. Cosa impensabile!”  ha detto Biden che poi ha ripercorso le tappe della sua decisone di correre come presidente a partire da allora e ha proseguito brevemente illustrando le maggiori decisioni e i successi della sua presidenza prese assieme alla sua vicepresidente Kamala Harris: dal programma sulle infrastrutture, all’aumento dell’occupazione,  ai provvedimenti  sull’ambiente, alla legge sui veterani di guerra.  Ha accusato Trump di voler diventare un dittatore, affermando che Kamala Harris non avrà mai questa tentazione. Ha infine toccato il tema della guerra In Ucraina e in Medioriente, parlando della situazione palestinese. Ha difeso i manifestanti fuori della Convention dicendo che hanno dalla loro la realtà della storia.

“I love my job, but i love my country more!” -ha detto Biden poi per giustificare il suo ritiro. E più tardi ha aggiunto “My legacy is her legacy” accreditando a Harris la propria eredità. Dunque bisogna vincere contro Trump e con questo nuovo team Harris-Walz potremmo riuscirci!- ha detto il presidente che inoltre ha aggiunto che loro peculiarità è quella di essere rappresentati dalla frase “Character is destiny”. Molto commovente è stato il momento in cui cosciente della fine della sua carriera ha rivendicato di avere dato al paese il meglio di sé “America I gave my best to you “. Ha rivendicato poi la sua scelta di Kamala Harris come vicepresidente come la sua decisione migliore e ha incoraggiato tutti a votare il nuovo duo offrendosi perfino come volontario nella loro campagna elettorale.

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