Al Parco della Musica di Roma
Beethoven full immersion
Ancora due appuntamenti con l’Orchestra di Santa Cecilia diretta da Daniele Gatti per l’esecuzione integrale delle nove sinfonie, monumenti della letteratura musicale di tutti i tempi. Una proposta attuale per l’alto contenuto di solidarietà e di amicizia universale del corpus beethoveniano
L’occasione è attraente. Per chi ama la musica e si trova a Roma, già dal 20 giugno, c’è un appuntamento di grande richiamo. Al Parco della Musica, Santa Cecilia propone la seconda serata dell’esecuzione integrale delle sinfonie di Beethoven, dirette da Daniele Gatti per la stagione estiva 2024 dell’Accademia. È un ciclo di quattro concerti – il primo c’è appena stato – che continuerà anche nella prossima settimana, martedì 25 (con le sinfonie 6 e 7) e giovedì 27 giugno, culminando proprio nell’ultima sera con l’Ottava e con la Nona Sinfonia che, come si sa, è un inno alla fratellanza universale. Se ne può anche sorridere, e ignorare l’appello facendo spallucce, ma la verità è che si sente un gran bisogno di messaggi come questi, di fronte alle guerre che infuriano vicine, con il loro fragore e i loro lutti. Ed è un messaggio, quello della solidarietà e dell’amicizia, che attraversa tutto il corpus delle sinfonie beethoveniane, e non soltanto l’ultima. Non per niente questi nove capolavori sono considerati dei monumenti della letteratura musicale di tutti i tempi, oltre a contrassegnare l’intero percorso creativo del compositore di Bonn, sbocciati come sono nell’arco di venticinque anni.
Sul podio dell’Orchestra di Santa Cecilia è ritornato Daniele Gatti, tra i maggiori direttori italiani. Attualmente direttore principale del Maggio Musicale Fiorentino, prossimo direttore della Staatskapelle di Dresda, Gatti ha sempre frequentato il repertorio beethoveniano alla testa di grandi orchestre, come i Münchner e i Wiener Philarmoniker, il Gewandhaus di Lipsia, il Concertgebouw di Amsterdam. Tra il 1992 e il 1997 Gatti era stato direttore principale dell’Orchestra di Santa Cecilia, con la quale all’epoca non riuscì a programmare tutte le sinfonie. Riguardo all’attuale “integrale beethoveniana”, Gatti ha tra l’altro dichiarato: «Ci rivolgiamo a tutto il pubblico, e specialmente ai giovani, che in un arco di tempo piuttosto serrato, potranno incontrare il lascito di quello che forse è il più emblematico tra i compositori. Mi è infatti capitato spesso di parlare con persone che non conoscevano la musica e la sua storia; tutti però conoscevano Beethoven. È un compositore che travalica i confini, che è entrato nella cultura popolare, con una musica che è patrimonio universale. Credo che questa full immersion possa essere un’occasione stimolante per tutti, anche per l’Orchestra e per me».
Nella prima serata, con l’Orchestra in formazione ridotta – 40-50 elementi, ma non sarà così nella Nona – per ricreare le sonorità e gli usi del primo Ottocento, Gatti ha diretto la Prima, la Quarta, e la Quinta Sinfonia. Le prime due non si ascoltano di frequente, mentre la Quinta, col suo incipit iconico, è tra le più note. Ebbene, fin dall’attacco della Prima il direttore milanese e l’Orchestra hanno incantato la sala, intessendo un suono di leggerezza tutta settecentesca, caldo, rarefatto, ma anche acceso nei passi dinamicamente più mossi. Il tutto con una cura dei colori e degli equilibri strumentali, che ha rivelato il vigile impegno a offrire una lettura di attenta verosimiglianza a quelle che dovevano essere le usanze esecutive dell’epoca. Anche l’avvio assorto della Quarta ha disegnato con tratto calligrafico la declamazione dei vari interventi, e del dialogo tra le sezioni orchestrali; non a caso quest’esecuzione è apparsa più lenta rispetto agli ascolti comuni. Il dosaggio dei diversi coloriti (il piano, il pianissimo, il forte etc.), anche nei movimenti in Allegro, ha messo in evidenza un caleidoscopio di sfumature che di rado vengono colte. E la Quinta Sinfonia che ha suggellato il concerto, condotta alla luce di analoghi criteri, ha conquistato il pieno favore del pubblico.
Giusto sottolineare la prova magnifica dell’Orchestra di Santa Cecilia, certamente la prima orchestra sinfonica italiana. E con essa la straordinaria cura interpretativa di Gatti, che per quest’appuntamento ha sicuramente studiato da capo queste partiture, al di là delle sue esperienze precedenti, con una particolare penetrazione analitica. Alla fine, il pubblico con il suo entusiasmo ha dimostrato di aver colto la peculiarità delle esecuzioni, e dei rispettivi messaggi. Nel quale pubblico va segnalata una visibile presenza di giovani, a conferma dell’attualità della proposta beethoveniana. Speriamo così anche nei prossimi appuntamenti. E per l’estate 2025, confidando che Roma Capitale e le Sovrintendenze competenti conducano in porto l’iter burocratico, con l’occasione del Giubileo dovremmo avere la grande novità del ritorno nello storico, suggestivo spazio della Basilica di Massenzio, ai Fori Imperiali.