Esce «Sconsigli d'autore»
L’arte di scrivere
Quali trappole deve evitare un aspirante scrittore per raccontare la realtà? E qual è il segreto per leggere un romanzo dietro le righe? Anticipiamo l'introduzione del "manuale” di Andrea Carraro
Oggi esce, per la casa editrice Galaad, il libro Sconsigli d’autore di Andrea Carraro. Si tratta di un personalissimo manuale di scrittura del narratore romano che, qui, punta a segnalare i rischi della banalizzazione creativa e, di contro, fornisce qualche indicazione sui limiti da imporsi per riuscire a raccontare correttamente la realtà. Insomma, un libro prezioso sia per scrivere sia per leggere narrativa. Per gentile concessione dell’autore, anticipiamo l’introduzione del libro.
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Che cos’è questo libriccino che avete per le mani? È un saggio autobiografico? Un’autobiografia letteraria? Un pamphlet satirico contro le mode culturali? Un po’ tutte queste cose insieme, ma forse è prima di tutto, come suggerisce il sottotitolo, un manualetto di scrittura creativa che rivela, fin dalle prime pagine, la sua natura editorialmente ibrida, come mi ha fatto notare qualcuno.
Partiamo dall’inizio. Insegno scrittura creativa da una decina d’anni, da quando me ne sono andato dalla banca, ed era arrivato il momento di fare il punto, di raccogliere quello che avevo seminato in giro in corsi di narrativa, editoria, reportage nelle scuole di scrittura, ma anche in enti, università, biblioteche. Pure in un carcere ho organizzato e tenuto un corso di scrittura narrativa. E, per inciso, è stata fra tutte l’esperienza più importante e formativa.
Materialmente questi pezzi sono nati per una rubrica settimanale della rivista on line della Scuola di scrittura creativa Genius, ma avevo scritto sull’argomento anche per altre riviste e siti web, tra i quali succedeoggi.it, dove finisce tutto quello che faccio in una forma o nell’altra. E insomma, raccogliendo, spigolando, razionalizzando, uniformando lo stile nell’ottica del libro, sono venute fuori queste note sulla scrittura creativa. Devo dire, però, che l’espressione scrittura creativa proprio non mi piace, mi fa pensare ai creativi delle pubblicità, e fatalmente alle pubblicità sentenziose delle automobili. Non è meglio dire scrittura espressiva o di invenzione, come suggeriva Giuseppe Pontiggia, il primo ad averla importata in Italia, la scrittura creativa, insieme a Raffele Crovi, a metà degli anni Ottanta, in lezioni pubbliche che si tenevano al Teatro Verdi di Milano?
È un libro che aiuta a prendere confidenza con il proprio talento di scrittore. Perché un talento di partenza ci deve essere, secondo me. Non è vero che chiunque può riuscirci, basta insegnargli un po’ di tecnica, un po’ di narratologia. No. Io, per esempio, non avrei mai potuto fare il pittore o il musicista, perché non ho quelle doti, quelle attitudini.
Ma poniamo di averlo, il talento per la scrittura: occorre allora superare la fase del velleitarismo, imparare a scrivere e a leggere le cose giuste, non solo quelle che ci vanno a genio o che ci somigliano, occorre cioè sottoporsi a un apprendistato letterario serio. Questo manualetto-zibaldone può tornare utile, forse, in quanto i medaglioni, opportunamente titolati e raggruppati in sezioni logiche – Prima, Durante, Attorno – rispetto al romanzo in progress, forniscono risposte immediate ai più disparati problemi di scrittura, permettendo a chi scrive di risparmiare tempo. E il tempo, si sa, è prezioso per uno scrittore.
È un libro destinato all’aspirante scrittore che non si accontenta, che vuole sì conoscere la tecnica, ma anche i segreti della creazione artistica: come nasce un romanzo, quali sono le varie tappe che si devono attraversare per scriverlo e pubblicarlo, come far fruttare narrativamente quello che accade nel frattempo nella vita, mentre si scrive, e come sfruttare le letture che si fanno in quel periodo, i film che capita di vedere, gli spettacoli, gli eventi ecc. I riferimenti cinematografici, letterari, culturali, di cui il libro è ricco hanno uno scopo maieutico. È un po’ come avere sempre un maestro portatile appresso. Spero che questi pezzi invoglino ad approfondire – anche dissentendo o criticando il mio canone estetico –, ad allargare il discorso, a trovare una sintesi. Credo che lo scrittore davvero desideroso di migliorarsi debba nutrirsi di tutto, non solo del suo genere di elezione, per arricchire la propria tastiera stilistica, per ampliare e approfondire la propria visione del mondo.
Mi rivolgo allo scrittore di qualunque età. Non c’è un’età privilegiata per scrivere, mi sono imbattuto in aspiranti scrittori maturi ma talentuosi che neppure sapevano di avere quel dono perché non lo avevano mai coltivato, o l’avevano tenuto in stand-by per tutta la vita. Mi rivolgo a uno scrittore che vuole migliorarsi, ma anche ai neofiti che hanno appena cominciato e devono ancora trovare la propria voce, il proprio stile, le proprie reali motivazioni. Scrittori mainstream, scrittori di letteratura, come si dice, e scrittori di genere, di qualunque genere. Nessuna preclusione e settorializzazione, questi sconsigli valgono anche per gli autori di non fiction, anche per i saggisti o i critici. Ma perché sconsigli e non consigli? Perché queste note critiche sono tendenzialmente irriverenti, dispettose, idiosincratiche, umorali, inclini alla satira, com’è forse un po’ il mio carattere. La parola sconsigli l’ho usata per la mia rubrichetta settimanale sul sito della scuola Genius – Dentro La Lampada – durata tre anni e ancora presente in rete, e ho pensato che anche qui potesse funzionare.
Poi ci sono le cose da non fare, gli errori da evitare, le false partenze… Prima regola: la scrittura non è, e non deve mai diventare, una palestra dell’io, una ribalta dove esibirsi, mostrarsi, competere, mettersi in vetrina.
Benissimo, ma i libri devono anche vendere, mi dice una vocina interiore. Forse gli scrittori non possono ambire a diventare ricchi e famosi? Oppure per fare gli scrittori bisogna soffrire o chiudersi in un eremo? Ma certo che no, è evidente, non sono sconsigli penitenziali, i miei, ci mancherebbe. L’importante è non montarsi la testa, restare coi piedi per terra, conservare l’umiltà, perché siamo tutti apprendisti nella scrittura. Lo diceva anche Ernest Hemingway, fra gli altri.
Quindi, per esempio, sarebbe opportuno evitare l’autopromozione sui social, che è degradante per uno scrittore. Ci sono cascato anch’io! Evitate di fondare la vostra poetica sui like, che danno indicazioni euforiche e ingannevoli. Per come la vedo io, i social andrebbero evitati dagli scrittori come la peste. Predichi bene e razzoli male – qui la vocina interiore è perentoria, anche un poco alterata –, perché tu stesso frequenti assiduamente, sia pure con ampie pause, Facebook e Instagram. Mettiamola così, allora: sconsiglio i social agli scrittori proprio perché ci sono passato e so di cosa parlo.
Non bisogna illudersi di scrivere se scriviamo di noi stessi, del nostro quotidiano vissuto sui social. La letteratura è un’altra cosa, te ne accorgi quando devi revisionare un testo nato su Facebook per farlo diventare qualcosa destinato a un libro, devi prima fargli un idrolavaggio per eliminare tutte le scorie promozionali e narcisistiche, per così dire. Certo, esistono anche scambi e interferenze virtuosi fra i social e la letteratura ma, come si dice, il gioco non vale la candela!
Naturalmente spero che il libro possa risultare interessante e dilettevole anche se non si è scrittori e non si vuole diventarlo, per il semplice gusto di leggerlo, voltare le pagine, potersi affacciare un momento nell’officina di un romanziere, nel suo laboratorio, e vedere che cosa succede là dentro, come sono nati i suoi romanzi, i suoi reportage, quali strategie ha dovuto mettere in atto per scriverli, quali influenze ha ricevuto.
Vi suggerisco, infine, di non scalpitare mai troppo per la pubblicazione, di non pensare alla promozione del libro eventuale quando non è ancora il momento, quando l’opera non è ancora matura. È bene evitare le distrazioni, concentrarsi sul romanzo in progress, sulle sue criticità, sullo stile, non su altre faccende estranee alla scrittura. Certo, anch’io friggevo per pubblicare quando ho cominciato, quindi capisco bene il problema, ma non deve diventare un’ossessione, questo voglio dire. La pubblicazione arriva naturalmente quando è il momento, quando si è compiuto il proprio apprendistato letterario, preferibilmente lontano dai riflettori.
Buona lettura.
La fotografia accanto al titolo è di Roberto Cavallini.