Al Mattatoio di Roma
Paradigma romano
La seconda edizione di IPER, Festival delle periferie, ospita una bella mostra fotografica di Erica Fava: cento abitanti di Roma under 40 raccontano la loro idea della città. E ne nasce un ritratto del tutto inedito della Capitale
Uncentered Paradigma. Il paradigma del non-centro è il titolo della seconda edizione di IPER – Festival delle periferie, che si tiene alla Pelanda al Mattatoio dal 5 all’11 giugno 2023. Il festival è a cura del Museo delle periferie e l’invito che rivolge ai partecipanti, relatori e/o espositori, provenienti dai più diversi ambiti disciplinari, è una riflessione intorno alla nozione di periferia, vista non più come deprivazione, mancanza o marginalità. Fra gli eventi in programma, si è inaugurata nella Sala delle Vasche l’installazione Romans della fotografa Erica Fava.
Erica Fava, nasce a Roma nel 1984, dove attualmente vive e inizia ad interessarsi alla fotografia grazie all’attrazione per le Drag Queen che incontra nei locali romani, il passaggio alla fotografia professionale di moda è stato quasi immediato ed Erica Fava vanta al momento numerose collaborazioni con magazine nazionali ed internazionali. Non mancano nel suo portfolio ritratti di nomi importanti del cinema e della musica, da Claudia Gerini, a Marco Giallini, da Pierfrancesco Favino, a Laura Morante fino ad arrivare ai Maneskin, per citarne solo una minima parte.
È dal mondo, della musica, da quello “giovanilistico” (che è già una accezione datata) dei locali, dei social e in particolare da Istagram che Erica Fava ha cercato i suoi modelli coinvolgendo numerosissime persone per poi selezionare, fra la gran massa di fotografie, i ritratti di questi romani.
Ma chi sono questi romani o meglio questi “Romans”? Scopriamolo dalle stesse parole dell’autrice: “Romans è un’indagine sui moderni abitanti della città eterna, ideali discendenti di un popolo plasmato da quasi 3000 anni di mutamenti e mescolanze”. Così nel 2022, davanti all’obiettivo di Erica Fava hanno posato più di 100 persone selezionate secondo due sole regole: essere residenti a Roma e essere under 40, (considerato anche che questo sarà il prossimo traguardo della fotografa stessa). I soggetti sono stati chiamati a rispondere a quattro semplici domande: Chi sei? Quanti anni hai? In che zona di Roma vivi? Qual è il tuo posto preferito della città?
Nasce così una mappa della città, dove sono segnati i luoghi d’interesse di ognuno, luoghi intimi che attengono al proprio vissuto o ai propri desideri. Per Valentina Cerulli, fotografa di 31 anni che vive a Trastevere, il suo posto preferito è il Tempietto di villa Sciarra. Per Marie Colosimo Sakamoto, attrice di 23 anni che vive al Tiburtino, il suo posto preferito è ponte Sisto. Per Federico Gianneschi che si occupa di ingrosso di giocattoli e vive al Quadraro, il suo posto preferito è il parcheggio dell’EsseLunga al Prenestino. Per Hilyam Weldemichael studentessa e attrice di 23 anni che vive in zona Policlinico, il suo posto preferito sono i Fori Imperiali. Continuando con l’elenco dei luoghi si passa dal Maxxi alla Garbatella, dal Pigneto a piazza Vittorio, dal parco degli Acquedotti a Forte Prenestino, dal cimitero monumentale del Verano a Fontana di Trevi, dal Trullo a villa Torlonia, da Santa Maria della Pietà al borgo di Ostia Antica e via discorrendo.
Su ognuno di questi cento ritratti è annotato a margine il numero di riferimento del luogo posto sulla mappa di Roma e da quei manifesti del formato di cm.(100 x 70), posti l’uno accanto all’altro come foto segnaletiche di caratteri, di umori e forse di sogni, ci guardano questi Romans, (l’inglese come minimo comun denominatore linguistico è d’obbligo per una compagine di under-forty di carattere internazionale).
Se la varietà dei luoghi dell’anima ha disegnato una mappa fuori dagli schemi del più trito elenco turistico, altrettanto fuori da ogni omogeneità iconografica risultano i volti di questi abitanti di Roma che non hanno ancora compiuto quaranta anni e mostrano in questi primi piani le loro diverse acconciature, i loro volti glabri o barbuti, le carnagioni immacolate o quelle ricoperte di tatuaggi, i sorrisi radiosi o le labbra trafitte da piercing.
Questi ritratti, queste immagini non alterate dalla post-produzione mantengono una sorta di immediatezza visiva che sicuramente deriva dall’approccio spontaneo, per la conoscenza diretta e per la comunicazione interpersonale, che è intercorso e che intercorre tra la fotografa e soggetti.
Pur provenendo da varie parti di mondo, le donne e gli uomini ritratti in queste gigantografie, poste come tessere di un mosaico, sono accomunati dal luogo in cui abitano, lavorano e amano, sono quindi Romans a tutti gli effetti, grazie soprattutto a questa operazione, che mi sento di definire una sorta di ius soli fotografico.