Giallo&Nero
Il tempo di Dicker
Il nuovo romanzo dello scrittore svizzero Joël Dicker, “Il caso Alaska Sanders”, è un giallo intricato, ambientato nel Maine, che porta il lettore a spasso nel tempo. Una storia che racconta gli eroi di una provincia sempre tentata dalla fuga
Quando si parla di autori come il ginevrino Joël Dicker, che con mezza dozzina di romanzi ha venduto oltre dieci milioni di copie, chiamare in causa la componente narcisistica può far sorridere perché l’enfasi dell’io fa parte integrante del personaggio e dell’opera. Il tratto più riconoscibile della presenza dell’autore all’interno del libro – anche per il recentissimo Il caso Alaska Sanders, pubblicato da La nave di Teseo nella traduzione di Milena Zemira Ciccimarra (pp. 613, euro 22,00) – è il ruolo centrale dello scrittore Marcus Goldman che indaga con l’amico detective Perry Gahalowood sul caso dell’omicidio di Alaska Sanders, avvenuto undici anni prima a Mount Pleasant, una tranquilla cittadina del New Hampshire. La diretta partecipazione alle ricerche dello scrittore Marcus Goldman, in cui è impossibile non riconoscere lo stesso Joël Dicker, introduce nel segno dell’autoreferenzialità un piano narrativo di immediata identificazione che rimbalza in qualche modo sul lettore, nonostante l’ironia con cui i due protagonisti continuano a chiamarsi rispettivamente “scrittore” e “sergente”, evitando i propri nomi ma ribadendo la loro funzione. L’immersione di Marcus nella vicenda fa da filo conduttore delle varie fasi dell’indagine, rimandando i risultati provvisori raggiunti a mano a mano alla complice attenzione del lettore, che finisce con l’essere il destinatario dell’indagine, il vero detective.
Non diversamente da come avveniva in La verità sul caso Harry Quebert, il primo grande successo dello scrittore svizzero ambientato nel Maine, è importante l’ambiente della provincia, delle piccole cittadine in cui tutti si conoscono suggerendo il clima quasi claustrofobico, in cui maturano la crisi dei rapporti e la tentazione della fuga. La notevole conoscenza dei luoghi, che ha frequentato da ragazzo durante le vacanze estive, rende lo scenario in cui si svolgono i vari casi particolarmente suggestivo, così diverso da quello delle grandi metropoli nelle quali le stesse forze della polizia sembrano avvolte nell’anonimato, come avviene anche per i “cattivi”, facilmente riconducibili alla figura stereotipata del serial killer. La vita dei piccoli centri sembra la più adatta per andare a fondo delle motivazioni dei crimini, dei meccanismi che li motivano, dei contesti in cui avvengono.
L’altro aspetto particolarmente originale dei libri di Dicker, e anche di questo Caso Alaska Sanders, è il lavoro sul tempo che tende a rinnovare le regole stesse del romanzo poliziesco. Non solo perché la scrittura si muove con grande abilità tra flashback e flashforward, in un continuo avanti e indietro, ma perché la macchina del tempo così strutturata anima un tipo di detection che rimbalza da un momento all’altro dell’indagine evitando la lineare banalità cronologica della narrativa più tradizionale, in un accattivante montaggio cinematografico. Se il poliziesco classico si fondava sul delitto e sull’indagine, per concludersi trionfalmente con la soluzione del mistero affidata al geniale talento dell’investigatore di turno, qui un caso non è mai veramente chiuso, perché le zone d’ombra, le ambiguità comportamentali, gli interrogativi esistenziali non arrivano mai a concludersi definitivamente, lasciando aperta la possibilità di riavvolgere il nastro e di ricominciare tutto da capo. Se vogliamo un sintomo di questa continua riapertura, basta pensare al tormentone di Harry Quebert, il protagonista del primo libro, che riappare improvvisamente a un certo punto del nuovo romanzo per rinegoziare i suoi rapporti con Marcus, che sembravano già passati in giudicato una volta per sempre. Un colpo di scena? Un gioco letterario? Ma anche un contrassegno di riconoscibilità a cui l’autore sembra tenere molto, il marchio della non-conclusione, per cui possiamo tranquillamente aspettarci che Harry Quebert, il controverso mentore di Joël Dicker, riappaia anche nel prossimo romanzo.