Marco Vitale
“Col nuovo sole ti disturberò”

Con Piccioni ai confini di Carlo Emilio Gadda

Viaggio nel mondo gaddiano attraverso il carteggio, in parte inedito, tra lo scrittore e il critico letterario pubblicato da Succedeoggi Libri, insieme agli scritti dedicati all’autore del “Pasticciaccio” nell’arco di 70 anni. Il volume si presenta sabato 11 giugno all’Emporio Letterario di Pienza

In una discutibile pagina del suo peraltro stimolante Breve secondo Novecento (Manni, 1996) Franco Fortini inaugura un “medaglione” dedicato a Gadda con queste parole: «Gadda mi è sempre stato antipatico». Ecco, gli scritti che allo stesso Gadda dedica Leone Piccioni, e che vedono ora la luce nella loro completezza insieme a un in parte inedito carteggio (Carlo Emilio Gadda, Leone Piccioni, «Col nuovo sole ti disturberò». Scritti, lettere, detti memorabili, a cura di Silvia Zoppi Garampi, prefazione di Emanuele Trevi, Succedeoggi Libri, 268 pagine, 22 euro) partono, e non si fa fatica a rallegrarsene, da tutt’altro presupposto. Una corrente di simpatia si vorrebbe dire nel senso più profondo, etimologico della parola, muove infatti l’allora giovanissimo critico verso il maturo grande e largamente sconosciuto scrittore e si lega a una singolare limpidezza di giudizio attestata fin dal primo scritto del 1950. A differenza di quanto pensava in un primo tempo, quando studiava a Firenze sotto la guida di Giuseppe De Robertis, Piccioni giunge presto ad apprezzare il valore che la conoscenza della vita di un autore riveste nello studio della sua opera, e la conoscenza di cui egli giustamente si compiace in questo caso è di prima mano. Sarà lui, insieme a G.B. Angioletti ad adoperarsi perché Gadda, ponendo così fine a una situazione di disagio aggravatasi nel disastroso dopoguerra, venga assunto ai programmi culturali della Rai trasferendosi da Firenze in quella Roma che tanta importanza avrà nella sua storia di scrittore. Dal canto suo il difficilissimo idiosincratico Ingegnere non tarderà ad accordargli la sua cauta fiducia e lo scambio di lettere, finemente annotato dalla curatrice del volume, è lì a testimoniarlo al netto della proverbiale cerimoniosità gaddiana. 

Ma il volume, al di là degli squarci talora toccanti che apre il carteggio, è importante per la ricostruzione del profilo di un critico che si muove tra le luci e le molte ombre della società letteraria italiana (pigrizie, rancori, pregiudizi ideologici, mediocrità assortite…) munito della sola probità e acutezza del suo sguardo. Ha appena venticinque anni quando sulla terza pagina del Popolo, giornale come ci viene detto “clandestino” del partito che governa l’Italia, traccia un ritratto dello scrittore milanese che a distanza di oltre settant’anni non ha perso né la sua nitidezza né la sua attualità. Il Gran lombardo è allora scrittore per pochi, anzi per pochissimi, pubblicato in piccole tirature di anteguerra nelle edizioni di “Solaria” e di “Letteratura”; si è accorto di lui il sommo Contini, ma alle “Giubbe Rosse” non tutti lo avevano preso sul serio. Che Il castello di Udine sia un bellissimo libro e Gadda il nostro più importante scrittore è tuttavia Piccioni a dichiararlo a chiare lettere, a monte della scoperta e dei convegni dei celebri “nipotini dell’Ingegnere”, come avrà modo di rivendicare in seguito non senza una punta di risentito orgoglio. E se ne avrà a male Alberto Arbasino, il “nipotino” eponimo, una cui lettera a Piccioni, conservata all’Archivio Centrale dello Stato insieme ai numerosi epistolari del critico (nota n. 13 a p. 159), non sarebbe stato male poter leggere in appendice.

Tante sono le intuizioni di Piccioni e le conferme critiche che egli viene accumulando in quella che continianamente – sì, ha ragione Emanuele Trevi – si può ben dire, a pro dell’Ingegnere, una lunga fedeltà. Il montaggio delle sue recensioni, insieme naturalmente alle lettere, viene così ora a configurare una guida preziosa e sempre attuale per un viaggio entro i problematici confini del mondo gaddiano. Sua l’idea di una profonda unità della poesia che ne scaturisce, a fronte di chi distingue tra un prima e un dopo Pasticciaccio. Ma il Pasticciaccio, chi avesse voluto vederlo – e Piccioni lo vide – era prima, a puntate sulle pagine di “Letteratura” fra non poche perplessità di non pochi letterati di grido. Peraltro, quando il Pasticciaccio che diede a Gadda notorietà fu pubblicato da Garzanti nel ’57 la critica fu tutt’altro che unanime; il Corriere gli dedicò una smilza colonnina di Cecchi in terza pagina (taglio basso!) e il Viareggio, come ricordava con amarezza Piccioni, lo ignorò. 

Ciò che colpisce da subito il giovane critico è la profonda partecipazione umana del suo autore alle terrene vicende che l’incandescenza della lingua fa deflagrare, lo colpisce la “dolente verità umana” che si fa largo tra ironia, sarcasmo, rabbia, rimpianto e apprensioni nei termini – definizione perfetta! – di una «ribellione controllata ma sempre divagante». «Ho sempre diffidato – aggiunge in quel ricordato scritto del ’50 – di chi manifesta diletto, e soltanto diletto, alla lettura di Gadda perché egli è lo scrittore più amaro che oggi io conosca in Italia». Insiste molto, Piccioni, sull’idea di autoritratto come momento fondante della poesia di Gadda; autoritratto gli parvero Le novelle dal Ducato in fiamme, «autobiografia estetica» i meravigliosi saggi che l’Ingegnere aveva raccolto in libri preziosi e di poca tiratura (Gli anniLe meraviglie d’ItaliaVerso la Certosa). L’idea di «uno stesso mutevole fluire» gli serve per ricondurre a unità un’intera ricchissima vicenda di scrittura che in Quer pasticciaccio brutto de via Merulana trova la sua “summa”, squadernandoglisi il romanzo come una grande partitura nella quale ogni strumento  e si parla della vertiginosa stratificazione linguistica – trova la sua giustezza di timbro e la sua necessità. 

Ugualmente sono da accogliere le riflessioni sulle pagine di più scoperta autoconfessione, quelle del dolente Diario di guerra e di prigionia, pubblicate da Gadda quasi di contraggenio e viste da Piccioni in rapporto soprattutto con la prima parte del Castello di Udine. E sono da considerare le stesse riserve che il critico avanza con onestà su alcuni momenti della Cognizione del dolore, di cui pure riconosce il valore grandissimo. Ma l’importanza di tutto questo non sarebbe compresa fino in fondo se non si ponesse mente alla precocità e alla sicurezza del giudizio che ne è presupposto, e che sa anticipare il gusto da una non sempre agevole geometria di relazioni, quanto è a stabilite in definitiva il merito e la ragione della critica. Leone Piccioni ne è consapevole e risulta così difficile dargli torto quando si domanda: «Se il critico diverrà capace di intendere un testo, solo quando il tempo, la cronaca stessa ne consente la divulgazione a cosa si ridurrà la sua opera? A cosa si riduce?».

L’EMPORIO LETTERARIO DI PIENZA
Dal 10 al 12 giugno si svolge la X edizione dell’Emporio Letterario di Pienza, in Val D’Orcia. E sabato 11, nel Cortile di Palazzo Piccolomini, alle 12, Silvia Zoppi Garampi, curatrice del libro di Carlo Emilio Gadda e Leone Piccioni “Col nuovo sole ti disturberò – Scritti, lettere, detti memorabili” (Succedeoggi Libri) ne parlerà con Hansmichael Hohenegge. Tra i molti altri ospiti dell’Emporio Letterario: Marco Peano, Brunella Schisa, Romana Petri, Flavio Insinna, Fabio Stassi, Valeria Della Valle, Vito Mancuso, Nicola Fano, Fulvio Abbate, Rosella Postorino, Rossana Campo, Dr. Zahi Hawass. Serata speciale per il decennale alla Cappella della Madonna di Vitaleta con Giovanni Allevi. Torna anche l’Emporio fumetto con Christian Galli ed Elisa Menini, e l’Emporio musicale con JMS Jazz Trio. Per l’Emporio dei piccoli un bellissimo laboratorio curato da Carlotta Solidea Aronica e Clarissa Rollo. L’Emporio Letterario di Pienza è realizzato in collaborazionne con lo staff di Caffeina, del Comune della Città di Pienza, del Podere Forte e con il contributo di diversi sponsor. (Informazioni: https://www.caffeinafestival.it/emporio-letterario/ #EmporioLetterario #emporioletterariodipienza #emporioletterariodipienza2022).

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