Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Lo sguardo della perfezione

Gottfried Benn. «La sua poesia è un meraviglioso tormento». L’autore tedesco, profondamente legato a Nietzsche, «non è un teorico del gelo e del nulla». Il suo è teatro tragico sui due temi d’origine del pensiero d’Occidente: Essere e Divenire. Come in questi versi…

Quando avevo circa trent’anni, Franco Cordelli, che stimavo e stimo, (eravamo giovani, anni culturalmente floridi, ci si incontrava, tante occasioni, poeti scrittori e critici, bei tempi), mi disse che apprezzava la mia poesia, non poco, e molto più della mia poetica. Avrei dovuto fare tesoro di quella affermazione, non tanto per quanto riguarda me (si sarebbero manifestate in seguito corrispondenze tra la mia poesia ventura e la mia poietica, ho portato nella lirica il dramma e l’epica, pur alla fine del Novecento, età non epica, e cinicamente sdrammatizzante), ma per il giudizio su altri poeti. 
Se avessi seguito la semplice ma intelligentissima affermazione di Cordelli, non avrei trascurato Gottfried Benn dopo averlo amato molto negli anni Settanta e primi Ottanta. Poi lo abbandonai, comprensibile anche perché io non abbandono i poeti amati che leggo nella loro lingua e che so tradurre e traduco, inglese, francese, greco antico e latino sopra tutti… E per una mia pigrizia giovanile, nonostante mio padre mi iscrivesse alla scuola di tedesco più prestigiosa della piccola ma civilissima città di Cuneo, non frequentai le costose lezioni, stordito da quelle che mi parevano le difficoltà del tedesco. Così, oltre a mancare di rispetto a mio padre, che investiva grandiosamente tutto quanto poteva per darmi la cultura che lui aveva sognato e che per condizioni economiche della sua gioventù non aveva potuto conseguire, mi persi l’occasione di leggere in lingua e tradurre Rilke, il capostipite dei miei Moschettieri del Novecento dalle sue origini, uno dei massimi.
Anche la non conoscenza della lingua mi frenò su Benn, oltre ai suoi libri di poetica, gelidi, nichilisti, ma – non mi rendevo conto – un po’ incoscienti: come poeta era coscientissimo, e diceva ben altro. La sua poesia non è quella composizione di versi che nulla hanno da svelare, come a volte egli afferma, è un tragico e meraviglioso tormento. Certo, tedesco, quando Rilke di tedesco aveva la lingua, non l’etnia e l’anima, portato al logos e al pensiero filosofico, pericoloso per un poeta, a meno che sia geniale e pazzo e non lo stravolga, come fece Yeats con Plotino e Berkeley.
No, questo poeta non è un teorico del gelo e del nulla, la sua poesia è un teatro tragico sui due temi d’origine del pensiero d’Occidente, Essere e Divenire. Ho sbagliato a non frequentarlo nei suoi versi per decenni: la sua poesia è tragedia, non gelo nichilista. I suoi critici e esegeti sottolineano il suo profondo legame con Nietzsche, ma non è vero: sarà anche stato infatuato dal teorico dello spettrale Eterno Ritorno, ma non ne è stato danneggiato. Nietzsche non è riuscito a fargli male. Certo, se da giovane avesse letto Plotino e il sommo Vico, la sua poesia, alta e nobile, avrebbe raggiunto coscienza foscoliana e luziana. Ma quanto leggete qui, sull’essere e il divenire, non è certo poco. C’è qualcosa di grande, c’è.

Colui che è solo

Colui che è solo è anche nel mistero
e sempre sta nel fiume delle immagini,
del loro generarsi, germinarsi,
anche le ombre hanno questo fuoco.

Gravido di ogni strato è nel pensiero
di ogni strato ricolmo e non disperso,
in suo potere ha l’annientamento
di ogni umano che si nutre e si accoppia.

Impassibile egli vede la terra
un’altra farsi da quella che fu sua,
non più “muori” e non più “divieni”:
la perfezione, immobile, lo guarda.

Gottfried Benn

Da Poesie Statiche, Einaudi, 1972, traduzione di Giuliano Baioni 

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