Flavio Fusi
Cronache infedeli

Silvio e Bernard

Le storie parallele di Silvio Berlusconi e Bernard Tapie (l'imprenditore-politico, ex patron dell’Olympique Marsiglia appena scomparso) illustrano la distanza tra la società italiana e quella francese. Una caduta "seria" per il marsigliese, un epilogo da farsa per il milanese

Forever young: è morto giovane, Bernard Tapie, giovane a 78 anni, dopo la lunga immersione nel limbo della malattia che aveva cancellato al mondo le sue molteplici esistenze, le sue vite spericolate, i suoi travestimenti, i trionfi stellari e le cadute rovinose. Con il ciuffo ribelle, la mascella quadrata, e – per dirla con Georges Moustaki – con «quella ghigna da meteco (da ebreo errante e padre greco…»), l’uomo che abbandona oggi il palcoscenico è stato il simbolo della Francia dei favolosi anni Novanta.

La morte di Bernard Tapie, scrive Le Monde, «è tutta un’epoca che ti colpisce in piena faccia come uno schiaffo, un mondo di prima che si sgretola. Bernard ha avuto cento vite, tante quante i ruoli che ha interpretato, con una maestria che anche i suoi avversari hanno dovuto riconoscere. Ambizione, successo, vittoria: a modo suo il personaggio ha incarnato i valori del tempo».

Come Berlusconi in Italia. Appunto: vedi Bernard e pensi a Silvio nella lunga stagione degli inchini e dei rovesci. Gemelli diversi, due percorsi di vita che puoi sovrapporre riconoscendo le stesse stazioni, le simili stagioni, le identiche ambizioni. Fin dalle origini, quando un giovane e capelluto Silvio strimpellava il piano sulle navi da crociera mentre il ragazzo Bernard si misurava sui palcoscenici e in pista come attore, cantante e sfortunato corridore di Formula Uno.

Per ambedue i campioni dei nostri anni Novanta, affari ricchezza e lusso trovarono degno compimento nell’impegno politico e nella dispendiosa passione per il calcio. La politica come uno stadio, o lo stadio come la politica: scegliete voi. In un travolgente quinquennio di successi, Bernard Tapie fu proprietario e patron di una leggenda del football transalpino: l’Olympique Marsiglia dei tre scudetti consecutivi, di una Coppa di Francia e di una trionfale Coppa dei campioni. Nulla a che vedere con il Milan stellare di Berlusconi, direte voi. Eppure, nello sport valgono le straordinarie imprese di un attimo, di un giorno o di una notte. E proprio nella notte della finale europea del 1993 lo sfrontato guascone francese riesce a far piangere il cavaliere, quando – contro ogni pronostico – l’ Olympique vince la sfida con i rossoneri, strappa il trofeo ai blasonati rivali e lo porta a Marsiglia.

Non è questo l’unico incontro ravvicinato tra i nostri campioni, le cui vite parallele si misurano più lungamente con la politica, con gli affari e con i guai giudiziari. Tapie fu iscritto al Partito socialista, deputato dal 1993 al 1996 e brevemente ministro delle città durante la presidenza Mitterrand. E che dire della nuova formazione politica “Energie radicale”, capace di ottenere più del 12 per cento alle elezioni europee del 1994, ma sciolta dal suo fondatore dopo pochi mesi di vita? Il Tapie politico è un ombroso cavallo di razza, capace di scarti improvvisi e funesti imbizzarrimenti. L’uomo con cessa mai di stupire – e forse di farsi del male – come quando nel 2007 si schiera con Sarkozy abbandonando i socialisti rappresentati da Segolène Royal.  Indomabile, insaziabile: nell’ultima intervista – si era già nel marzo scorso – rimpiange di non essersi mai candidato a sindaco di Marsiglia.

Del resto, la carriera politica corre su un binario parallelo a clamorosi rovesci giudiziari: due anni di pena per corruzione, 18 mesi per frode fiscale, tre anni di carcere e cinque anni di bando dalle cariche pubbliche per falsificazione e appropriazione indebita di beni aziendali ai tempi gloriosi dell’Olympique. Un processo lungo venti anni, al termine del quale – nel 2010 – arriva una tardiva e negletta assoluzione.

Par di leggere – in formato ridotto – il cursus onorum processuale di Silvio Berlusconi. Ma qui – a ben vedere – si ferma la somiglianza e il gioco di ombre cinesi tra i due personaggi. I fasti degli anni Novanta impallidiscono anche nel ricordo, ma il francese esce di scena, scompare e risorge in un appartato percorso carsico, mentre il suo doppio italiano si incaglia a vita nelle secche della politica. Dalle parti di Arcore la marcia trionfale si trasforma in musica da operetta, l’esuberanza giovanile declina in senescenza, la corte reale si riduce a una decrepita squadra di scopone scientifico.  

A ben vedere, si tratta della differenza tra due Paesi e tra due concezioni e destini della politica. In Francia i contemporanei di Bernard Tapie sopravvivono ormai in qualche paragrafo dei manuali di storia. Sarkozy è appena stato condannato per illeciti in una campagna elettorale che nessuno più ricorda, mentre nuovi attori tengono il palcoscenico e nuove presenze agitano il futuro. La sindaca di Parigi sfida alle prossime elezioni il presidente Macron, un brivido corre nei palazzi della politica, a destra si appanna l’astro di madame Le Pen.

In Italia galleggia invece l’eterno ritorno del già visto, del già vissuto, del già sperimentato.  Ieri all’ordine del giorno la freschissima “trattativa Stato-mafia”, già dimenticata e appena soppiantata oggi dalle polemiche sul modello di accoglienza sperimentato in tempi migliori da Mimmo Lucano a Riace. E prima ancora ci sono stati i festini a base di droga di un cattivissimo dei social, e già si annunciano denunce e controdenunce su saluti romani, deliri antisemiti e nostalgie fasciste, in un sempiterno razzolare nei sottoscala della politica. Protagonisti da sempre giudici e magistrati, e un dibattito di carta che infuria su quello che fu o che non è mai stato: «Lungo il corridoio che non prendemmo, verso la porta che non abbiamo mai  aperto, sul giardino delle rose».

Ognuno – bisogna dirlo – ha gli eroi che si merita. A Bernard Tapie va l’onore delle armi. «L’uomo – come scrive Le Monde – ha lasciato una traccia nella nostra società. Una impronta fiammeggiante e sulfurea, che ciascuno apprezzerà secondo i suoi gusti…». Anche il palazzo del potere rende infine omaggio a questo straordinario, svergognato, irregolare della politica. Il primo messaggio di cordoglio arriva proprio dal premier francese Jean Castex, che «si inchina di fronte al combattente che ha sempre lottato colpo su colpo».

Attenti invece, nella commedia all’italiana, a sbagliare i tempi dell’uscita di scena. L’antico Berlusconi – incagliato per sempre nel perfido gioco della politica – è una immagine sempre più sbiadita che regge ancora a malapena qualche titolo di seconda e terza pagina. E proprio quando il campione francese abbandona il ring della vita, il suo doppio italiano si mostra in foto mano nella mano con la sua nuova fidanzata. Questa immagine finta e patetica – lui ottantacinque anni, lei meno di trenta – non è più nemmeno un estremo photoshop, ma il tristissimo cartonato di un Paese decrepito.

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