Roberto Mussapi
Every beat of my life

L’infinito nel finito

Torna il “battito” di Roberto Mussapi che celebra Baudelaire, il poeta della modernità, «segno di luce nel dolore… di resistenza dello spirito allo spleen, ai demoni del nulla». Come Dante cerca anche lui lo splendore eterno: nella città e nella donna, portatrice di «Bellezza, duro flagello delle anime»

Ritorno ai nostri battiti, benedetti da un’estate che non è finita, che nemmeno declina: si allontana dolcemente, con una certa promessa di ritorno.
Anno duro, questo 2021, come il precedente, ma illuminato da tanti lampi, e la date sono luci nel mare e lampi in cielo: 2021, due secoli da Baudelaire, segno di luce nel dolore, di respiro nell’infinito, di resistenza dello spirito allo spleen, ai demoni del nulla.
Baudelaire è il grande poeta della modernità, della città già metropoli: nell’Ottocento cammina instancabile nelle vie della capitale parigina, che come Roma e Londra, e da tempo e dai versi di Villon era un mondo. Ma quel mondo, le notti parigine, le luci, le donne, la solitudine e l’ansia, il vino, l’assenzio, i gatti silenziosi e il cupo turbinio notturno, quel mondo in Baudelaire diviene l’universo moderno. Il poeta è incantato dal nuovo, ma ostile alla volgarità nascente.
Percorre la città notte e giorno, la scruta, ne coglie ogni manifestazione di vita, di putrescenza, di desiderio, ogni crepa e ogni speranza. Comprende però che è messo in crisi lo spazio interiore, lo spirito. È il primo grande poeta che si sente in esilio pur essendo a casa sua, nella splendida, illuminata, colta Parigi. Ma anche fatiscente, cupa come ai tempi oscuri di Villon, inquinata dall’industrialismo.
Baudelaire trasforma Parigi nel mondo intero, nel labirinto in cui l’uomo si avventura, come Dante all’inizio del suo viaggio, nella selva oscura. E come Dante cerca una luce, una risalita, uno splendore eterno e certo. 
Lo cerca nella notte e nella donna, nel buio della città e nell’infinito delle stelle, massimamente nella donna: mai raggiunta del tutto, mai appagante per sempre, rapinosa, sensuale e sfuggente. Irraggiungibile, in ultima analisi: oltre il suo corpo, le carni, l’amore, qualcosa permane sempre di imprendibile e fuggente. Ma nulla di leopardiano: Baudelaire conosce l’ebbrezza del vino e il corpo della donna, conosce il lungo cammino nella notte: cerca, da poeta, l’infinito: non lo interroga solitario, rassegnato e dubbiosamente, no, lo cerca e brama, appassionatamente ora, nel finito. 

Conversazione

Tu sei un bel cielo d’autunno chiaro e rosa,
ma la tristezza in me sale come un mare
e lascia rifluendo sulle mie labbra tristi
il ricordo cocente del suo fango amaro.

Invano la tua mano scivola sul mio petto in deliquio,
quello che cerchi è un luogo saccheggiato,
dalle unghie e i denti feroci della donna:
non cercare il mio cuore, le bestie l’han mangiato.

Il mio cuore è un palazzo guastato dalla calca,
dove ci si ubriaca, ammazza e azzuffa…
Fluttua dal tuo seno nudo un profumo…

Bellezza, duro flagello delle anime, lo vuoi!
Coi tuoi occhi di fuoco, splendenti come feste,
brucia i brandelli che le bestie han risparmiato!

Charles Baudelaire

Traduzione di Roberto Mussapi, da Charles Baudelaire, Tu metteresti l’universo intero, Salani, 2012, seconda edizione 2021

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