A proposito di “Icaro, il volo su Roma”
Il volo di Lauro
Giovanni Grasso ricostruisce in forma di romanzo la vita avventurosa di Lauro de Bosis, il poeta che il 3 ottobre del 1931, beffando il regime, gettò su Roma da un aeroplano dei volantini contro il fascismo. La storia di un eroe romantico nell'Italia dei “disfattisti"
La sera del 3 ottobre 1931 Lauro de Bosis, figlio di Adolfo de Bosis, creatore del Convito, celebre rivista dell’estetismo italiano su cui scrissero D’Annunzio, Carducci, Pascoli e Scarfoglio, precipitava col suo monoplano biposto Messerschmitt, sulla cui fusoliera spiccava il nome Pegasus, nel mar Tirreno, forse nei pressi della Corsica, dopo essersi beffato della regia aeronautica di Italo Balbo e aver fatto piovere su Roma quarantamila volantini inneggianti alla libertà. Su uno di quei volantini si leggeva: «Il disfattismo degli italiani è la vera base del regime fascista».
Giovanni Grasso cui si devono biografie e carteggi importanti come quelli tra Sturzo e Rosselli e tra Sturzo e Salvemini, torna, con Icaro, il volo su Roma (Rizzoli 2021) dopo Il caso Kaufmann, al romanzo storico, miscelando con abilità e partecipazione, dati storicamente accertati e fantasia narrativa e costruisce una avvincente storia d’amore e di libertà di cui sono protagonisti Lauro de Bosis, giovane poeta di declinazione romantica e risorgimentale e Ruth Draper, grande attrice americana.
La vicenda si svolge negli anni in cui il dittatore fascista tentava di offrire al mondo occidentale una rassicurante immagine di ordine e di civiltà di un regime, fatto di violenza e di sangue (Gobetti, Matteotti, il carcere duro per Gramsci e tanti altri antifascisti di ogni orientamento politico e morale), prima di precipitare nel vortice di una guerra che avrebbe distrutto l’Italia, trascinandola, a fianco del nazismo tedesco, fino all’umiliante promulgazione di leggi razziali che ci avrebbero resi complici dell’Olocausto.
Grasso segue appassionatamente tutta la parabola del rapporto d’amore tra Lauro e Ruth, un rapporto inestricabilmente legato al comune rifiuto del fascismo, portandoci dall’Italia narcotizzata dal “disfattismo” e percorsa dall’occhiuta presenza degli squadristi manganellatori diventati polizia segreta all’America, in cui era stato costretto a fuggire Gaetano Salvemini, un’America ancora indecisa sul giudizio da dare al regime mussoliniano, alla Londra in cui si era rifugiato don Luigi Sturzo, alla Parigi in cui gli esuli antifascisti di matrice liberal-democratica vivevano con molte difficoltà, costantemente alle prese con l’OVRA.
Decisamente affascinante l’inizio del romanzo, col salotto mondano-artistico di Muriel Sanders Draper e la presenza di personaggi come Pauline Sabin, promotrice dell’abolizione del protagonismo e un variegato mondo di artisti tra cui registi che avevano capito che stava aprendosi, col cinema sonoro, nella sfida gettata al teatro, un’altra epoca per lo spettacolo, circostanza che vedrà in campo anche il nostro Luigi Pirandello. Più avanti, nel romanzo, l’autore ci porterà in una cena parigina che vedrà riuniti, accanto a Lauro e Ruth, artisti come Jean Cocteau, Georges Simenon, Darius Milhaud, Josephine Baker e simpatici avventurieri siciliani come il sedicente conte di Calatafimi.
I due protagonisti, nella ricostruzione proposta da Grasso, vengono ben delineati nelle loro convinzioni e nei loro limiti, nell’entusiasmo anche un po’ ingenuo del loro rapporto e nelle amarezze di scelte che porteranno poi alla morte sacrificale di Lauro e alla dedizione di Ruth ad un amore unico, irripetibile e custodito per sempre. Tuttavia, il merito più grande del romanzo di Grasso risiede altrove, a mio parere: aver riproposto, anche o proprio attraverso il volo su Roma di Lauro de Bosis, un giudizio complessivo sulla dittatura fascista capace di battere in breccia antiche nostalgie e attuali revisionismi, giocati, magari, sui luoghi comuni di presunti meriti del fascismo, nonostante la sua dominante violenza liberticida (treni in orario, bonifica delle paludi pontine, nessun mendicante per le strade…). Proprio l’esempio di un poeta liberale e monarchico che scorgeva, acutamente, l’impossibilità di scindere il fascismo dai suoi eccessi per l’ottima ragione che gli eccessi erano la sua logica, potrà far riflettere molti giovani ingannati dalla confusione dominante che tenta di far dimenticare che le origini fondanti della nostra repubblica stanno nel coraggio e nel sacrificio di tanti, liberali, popolari, democratici, socialisti, azionisti, comunisti che al sogno della libertà consacrarono il loro agire.
Il volo di Pegasus non emula affatto il volo dannunziano su Vienna e Trieste (1918), semmai si muove nel solco di quello del 1930, voluto da Rosselli, di Bassanesi e Dolci nel cielo di Milano. Scriverà Lauro de Bosis poche ore prima di morire, bruciando le ultime scorie del suo giovanile dannunzianesimo: «Andremo a portare un messaggio di libertà a un popolo schiavo di là dal mare».