Luca Zipoli
Visto al Globe Theatre di Roma

Shakespeare in tribunale

Un nuovo allestimento di "Misura per misura" (nella versione di Cesare Garboli), giocato tutto in chiave giudiziaria, premia la preparazione e la ricchezza espressiva degli allievi dell'Accademia d'arte drammatica "Silvio D'Amico"

«Measure for Measure è una tragedia antica, medievale, machiavellica, che spiana un sorriso indecifrabile e inafferrabile, arricciando gli angoli della bocca in un ghigno lieve lieve […] è una cavalla capricciosa […] puoi anche inseguirla, ma con la certezza che correrà sempre avanti, e scapperà non appena allunghi il braccio per afferrarla». Con queste splendide parole, nel 1992, Cesare Garboli commentava il dramma shakespeariano, dopo averne offerto una mirabile traduzione per lo spettacolo diretto da Luca Ronconi e prodotto dal Teatro Stabile di Torino. Sorprendente impasto di tragedia e commedia, incentrato su tematiche forti come la prostituzione e la sessualità, Misura per misura appare, infatti, un testo sfuggente e imprendibile, che scuote la coscienza degli spettatori affrontando il dilemma tra giustizia e misericordia, tra norme sociali e istinti naturali dell’uomo, e che è dominato da tratti cinici e irriverenti come pochi altri testi del Bardo.

All’origine dell’intreccio c’è Vincenzo, il duca di Vienna, che, di fronte al dilagare di bordelli e libertinismo sfrenato nella sua città, constata la sua incapacità a far rispettare le leggi morali e decide di compiere una sorta di esperimento: lascia le leve del potere e le affida temporaneamente ad Angelo, uomo saggio e integerrimo, per vedere se lui sarà in grado di frenare i vizi e correggere i costumi. Mosso da un severo rigorismo morale, il vicario sfodera fin da subito il pugno di ferro contro le dissolutezze che dilagano in città e, come atto simbolico, decide di giustiziare sulla pubblica piazza i fidanzati Claudio e Giulietta, accusati di fornicazione per aver avuto rapporti sessuali prima del matrimonio. L’austerità di Angelo sembra trionfare fino a quando, però, non gli si presenta la sorella del condannato, Isabella, vergine e novizia in convento, che lo implora di salvare la vita del fratello. L’entrata in scena della donna sovverte gli equilibri della trama, perché, di fronte alle sue suppliche, il vicario scoprirà, suo malgrado, di essere preda lui stesso degli istinti ferini che cerca di sconfiggere nei suoi sudditi – e di nutrirne anche di peggiori…

La «cavalla capricciosa» di cui parla Garboli quest’estate galoppa a villa Borghese, all’interno della diciannovesima stagione estiva del Globe Theatre, la prima dopo la scomparsa dello storico direttore artistico del teatro, Gigi Proietti. La pièce è alla sua prima apparizione assoluta nel cartellone del teatro, ed è offerta proprio nell’adattamento di Garboli richiamato all’inizio. A impersonare i protagonisti del dramma sono gli allievi attori dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, in continuità con una collaborazione tra le due istituzioni capitoline inaugurata l’anno scorso con I due gentiluomini di Verona di cui abbiamo parlato anche sulle nostre pagine (clicca qui per leggere la recensione).

La regia di Giacomo Bisordi non presenta un’ambientazione spazio-temporale pienamente definita e ambisce piuttosto a lasciare spazio al tema di fondo che anima il testo: il problema del governare, della ricerca di un metro di giudizio che sia equanime e non ipocrita, e della difficile conciliazione tra la forza ineludibile delle pulsioni umane (il sesso, l’avidità, l’egoismo etc.) e le necessità del vivere sociale. Nelle intenzioni del regista, la messinscena prende la forma di un processo giudiziario, in cui i vari personaggi, altrettanti rappresentanti di una fetta della società (la tenutaria del bordello Madama Sfondata, il ruffiano Pompeo, il poliziotto Gomito, la monaca Isabella, l’artista Lucio…) sono chiamati a rispondere, in base alle loro vicende, all’interrogativo iniziale: «che cos’è il governare?», e a offrire la loro testimonianza in risposta al dilemma. Non a caso, i personaggi compaiono su questo palco / tribunale annunciati da una voce al microfono che presenta le generalità di questi testimoni agli spettatori, trasformati a loro volta in altrettanti giudici popolari chiamati a trarre il loro personale verdetto dopo il confronto dei vari punti di vista. La scenografia, a cura di Massimo Troncanetti, è limitata a pochi arredi essenziali che aiutano a rendere l’idea dell’aula giudiziaria e a immedesimare lo spettatore nei dialoghi shakespeariani. I costumi di Francesco Esposito accentuano l’eccentricità dei ribelli libertini attraverso l’uso di colori sgargianti, parrucche, e travestitismo, e risultano efficaci nel sottolineare anche sul piano visivo le differenze tra la loro licenziosità peccaminosa e il rigore austero del vicario e dei suoi collaboratori.

Gli allievi dell’Accademia Silvio D’Amico dimostranogrande maturità nell’affrontare questo testo complesso e stratificato, eappaiono a loro agio tanto nelle parti comiche quanto in quelle tragiche. Nelle scene da commedia, risultano particolarmente riusciti i modi stravaganti del ruffiano Pompeo (un Adriano Exacoustos molto agile anche sui tacchi a spillo), e gli irresistibili discorsi sgrammaticati di Marco Fanizzi, nella parte di Gomito. Nelle sezioni drammatiche convince, invece, l’interpretazionedi Michele Lorenzo Eburnea, efficace nel delineare le molteplici sfaccettature psicologiche di Angelo, e di Chiara Ferrara, che nell’impersonare le lacerazioni interiori di Isabella regala i momenti più intensi dell’opera. I giovani attori brillano anche come interpreti solisti del repertorio musicale che intervalla le varie scene, e che offre brani pop italiani intonati a cappella, da Giuni Russo a Fabrizio De André, da Gabriella Ferri a Gino Paoli.

In conclusione, Misura per misura è un debutto di successo sul palco di villa Borghese e aggiunge un tassello importante all’ormai ricco repertorio offerto, dal 2003 a oggi, dal tempio romano dei drammi shakespeariani. Le prossime repliche sono dal 26 al 29 agosto alle ore 21.


Le foto sono di Manuela Giusto

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