Luca Zipoli
A proposito de "La lingua degli dei”

Siamo tutti greci!

Francesca Sensini perlustra il catalogo (ragionato) della colossale eredità che la cultura greca ha lasciato non solo nel nostro modo di intendere l'estetica, ma anche nella nostra quotidianità. Dalla lingua alle abitudini, ci scopriamo tutti greci, almeno un po'...

Un’appassionata dichiarazione d’amore per la Grecia, per la sua lingua e per la sua cultura. È così che si può riassumere il contenuto de La lingua degli dei. L’amore per il greco antico e moderno, il nuovo libro di Francesca Sensini da poco uscito in libreria (Il Nuovo Melangolo, 137 pagine, 10 Euro). A un anno di distanza dal suo avvincente libro su Giovanni Pascoli, uscito nella stessa collana e di cui abbiamo parlato anche sulle nostre pagine (le due recensioni sono disponibili a questo link e a questo), l’autrice torna ad interrogarsi su un tema che le sta a cuore, ossia il lascito della classicità – in questo caso specificamente greca – nell’Europa moderna e contemporanea.

Muovendo dalla convinzione che «la lingua e la civiltà greca sono la nostra memoria comune», Sensini non si adagia, però, sui clichés di una vecchia tradizione scolastica, a lungo incentrata solo su «un’astratta venerazione per i modelli di una cultura dominante, per un bagaglio educativo considerato aprioristicamente illustre e ridotto con il passare del tempo a tecnica o ginnastica mentale» (p. 8). Al contrario, si rivolge al passato con uno sguardo nuovo, che rintraccia nelle nostre radici dinamiche più articolate e spesso contraddittorie, che incrinano l’immagine di una classicità armonica e rassicurante, come ci è stata a lungo tramandata, e ce ne consegnano una più inquieta, ma proprio per questo più utile per leggere la complessità del nostro presente.

Composto di 24 capitoli, tanti quanti sono i libri dell’Iliade e dell’Odissea, il saggio affronta in ciascuno di essi uno dei grandi temi elaborati dalla civiltà greca nei suoi millenni e che sono ancora alla base di molte nostre riflessioni contemporanee. Dall’incontro tra culture differenti ai doveri di ospitalità verso l’altro, dai rapporti di forza tra i sessi alla gestione della sfera politica, il libro dimostra come sia proprio questa terra allungata sul Mediterraneo ad aver partorito e discusso nei secoli, in tutte le loro sfumature e contraddizioni, molte sfide che ancora oggi ci poniamo per il futuro. Il filo rosso che congiunge la nostra identità a quel mondo apparentemente lontano è proprio il greco, quella «lingua degli dei», ricca e mai banale, che ancora oggi anima il nostro pensiero più di quanto ci accorgiamo.

Nei vari capitoli del volume, parole entrate nel nostro uso quotidiano, come politica, mito, epica, tragedia, idiota, poeta, catastrofe, entusiasmo, metafora e molte altre, sono ricondotte alla loro radice greca e confrontate con i loro esiti nel neogreco non per un semplice sfoggio etimologico e comparatistico (non è richiesta la conoscenza della lingua per leggere queste pagine), ma per dimostrare come, andando all’origine di questi vocaboli, si ritrovi in essi un significato più profondo di quello odierno, che abbiamo dimenticato e che ci può essere utile recuperare.

Al cuore de La lingua degli dei non c’è, però solo la Grecia classica, avvolta nell’aura del mito, ma anche quella moderna e contemporanea, nella convinzione che «questo paese apparentemente marginale porta con sé e illumina questioni più complesse, profondi movimenti della storia» (p. 102). Pubblicato proprio in occasione del bicentenario della rivoluzione greca, che avrebbe condotto nel 1832 all’indipendenza della nazione dall’Impero ottomano, il volume ripercorre anche l’affascinante – e travagliata – storia moderna di questo paese, che, per quanto segnata da continue catastrofi (la guerra greco-turca, la diaspora, la guerra civile e la dittatura dei colonnelli, per citarne solo alcuni), ha continuato a produrre nei secoli una cultura vibrante e una lingua vitale, di cui vale la pena riappropriarsi (e innamorarsi).

Scorrevole e appassionante, il libro si segnala all’attenzione dei lettori anche per il genere in cui è scritto, il saggio romanzato, un ibrido accattivante tra dissertazione e autobiografia, che lascia trasparire la grande passione personale dell’autrice pur all’interno di una trattazione ben documentata e rigorosa. In conclusione, il volume si rivolge a un pubblico ampio: a chi ha voglia di rispolverare la sua formazione classica, e può scoprire i curiosi sviluppi del greco classico nel greco attuale; a chi è interessato a conoscere aspetti meno noti della nostra identità e caratteri meno stereotipati delle nostre radici; ma anche a chi ama la Grecia solo come meta di vacanze, ed è pronto a farsi affascinare dalla ricca storia che si cela dietro quelle spiagge meravigliose. Un libro per tutti, in definitiva, perché, come scrisse il poeta inglese Shelley, a Pisa precisamente duecento anni fa, «We are all Greeks».

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