Finestra sul mondo
Occupy Paris
I teatranti occupano le sale, i cineasti chiedono la testa della ministra della cultura Roselyne Bachelot: in mondo dello spettacolo in Francia è in rivolta contro le chiusure. «Teatri e cinema sono luoghi poco frequentati e sicuri: vanno riaperti, o sarà un fallimento definitivo»
Parigi e altre 16 regioni di nuovo in confinement per 4 settimane. Cinema chiusi da oltre 120 giorni, l’industria cinematografica francese allo stremo reclama la testa di Roselyne Bachelot, la ministra della cultura paragonata, in un editoriale di Le Figaro, a Maria Antonietta prima dell’esecuzione (https://www.pressreader.com/france/le-figaro/20210315/281552293615217/textview). Le Monde ha ospitato il 3 marzo l’appello di 800 fra attori e professionisti dello spettacolo diretto al presidente Macron perché i «5913 schermi dei 2046 cinema in Francia» possano tornare immediatamente ad accendersi (https://www.lemonde.fr/idees/article/2021/03/03/monsieur-le-president-macron-rouvrez-les-salles-de-cinema-maintenant_6071813_3232.html). Secondo l’associazione dei distributori indipendenti (SDI Syndicat des Distributeurs indépendants) sono 150 i film francesi accumulati sugli scaffali. Per la Fédération nationale des Editeurs de Films la cifra sale a 200, per arrivare a 400 con i film stranieri. In questo modo, diventa impossibile per i distributori acquistare i film che devono essere girati. I produttori, senza finanziamenti, non possono portare avanti nuovi progetti e gli autori scrivere nuove sceneggiature.
Anche sui palcoscenici è partita la protesta: il 4 marzo oltre 50 teatri in tutta la Francia, a partire dall’Odeon a Parigi, sono stati occupati per sensibilizzare l’opinione pubblica e chiedere al governo lavoro e protezione sociale per tutti coloro che di teatro vivono. La ministra Bachelot ha giudicato la protesta “inutile” e pericolosa” perché mette a repentaglio i teatri che sono luoghi “fragili”.
La settimana scorsa, alla consegna dei premi César trasmessa in tv, la madrina, l’attrice comica Marina Fois, non è andata per il sottile. Dobbiamo riconoscere che il governo si è dato da fare per aiutare i lavoratori dello spettacolo – ha detto – e anche la ministra ha fatto molto per chi non ha lavoro. «Per esempio, nella sua autobiografia, Ma vie en rose, appena uscita, 18 euro su Amazon, ci ha rivelato la sua ricetta della pasta con il gorgonzola».
Il settimanale L’OBS intitola «Roselyne Bachelot deve dimettersi?» una tavola rotonda in cui tre esponenti della distribuzione indipendente (https://www.pressreader.com/france/l-obs/20210311/page/76) parlano del disastro provocato dalla chiusura delle sale cinematografiche in Francia. I distributori sono per i film quello che gli editori sono per i libri – spiega L’OBS nel presentarli. Senza i loro investimenti quanti se ne produrrebbero? Senza il loro lavoro di programmazione e promozione non ci sarebbero sale in cui proiettarli né spettatori. «Ho inviato al Ministero della Cultura gli studi fatti in diversi paesi, fra cui il Portogallo, per la riapertura dei cinema. Nessuna risposta. Se Roselyne Bachelot pensa che farci vedere l’opera sul PC sia un segno di dinamismo culturale si sbaglia» dice Carole Scotta di Haut et Court. Per Jean Labadie di Pacte «il consiglio migliore è che si dimetta. Per quanto riguarda il cinema, Bachelot è totalmente incompetente. In un giorno a Parigi 100 mila spettatori si dividono su un numero enorme di sale e su sei orari di spettacolo. Quindi l’apertura dei cinema, in termini di afflusso, non è un problema. Sembra che la ministra non abbia mai messo piede in una multisala».
Dal 19 marzo, a Parigi e in gran parte della Francia tutti di nuovo a casa. L’unica strada in queste condizioni è quella di rivendere i film alle piattaforme, anche se i colossi dello streaming cercano film già noti. «Si concedono un Soderbergh ogni tanto, ma non hanno il gusto della scoperta di nuovi cineasti come lo abbiamo noi indipendenti – dice Mathieu Robinet di Tandem –. Per Pacte la vendita dei diritti di Pinocchio di Garrone ad Amazon un anno fa si è rivelata una fortuna: quando mai avrei potuto disporre degli 800 mila euro per farlo uscire una seconda volta?», ammette Jean Labadie. Lo scorso marzo, infatti, dopo una campagna pubblicitaria imponente, il lancio sulla stampa e una programmazione a tappeto in tutto il paese, il film è potuto rimanere nelle sale solamente per una settimana. Da allora, salvo un paio di settimane in autunno, gli schermi sono rimasti bui.