Every beat of my heart
Il tempo d’oro
«…della stessa stoffa del sogno la lingua di Keats» afferma Mussapi. Che rintraccia in Francesco Dalessandro e nella maestria della sua traduzione, «colui che finora più si è avvicinato, nella lingua italiana, alla magia della lingua» del poeta inglese
I lettori conoscono da tempo John Keats, di cui da poco è trascorso il bicentenario della morte. È uno dei miei poeti anima, quindi magistrale e inafferrabile.
Conscio della brevissima durata della propria vita, come accade a qualche genio, in pochi anni fu autore di un’opera vastissima, che esprime tutte le gamme della poesia: dall’Ode, (leggendarie quelle All’urna greca, Al sonno, All’usignolo, a Psiche, Alla Melanconia) ai sonetti (i più importanti della lingua inglese dopo Shakespeare), alla ballata, al poema (Endimion), al dramma in versi: un’opera totale, un mondo.
Ineffabile, della stessa stoffa del sogno la lingua di Keats, che pare vivere nella dimensione incorporea e pure sensibile del mondo immaginale, tra terra e cielo. Per questo difficilissimo tradurla. Non poche le versioni italiane, alcune imbarazzanti, altre oneste, buona, intensa quella di Roberto Deidier.
In questo sonetto reso nella traduzione un sonetto petrarchesco e shakespeariano insieme, risultato difficile, in cui Keats canta splendidamente l’opera magica del poeta sul Tempo, la sua capacità di esservi dentro superandolo, confermo una mia convinzione. Francesco Dalessandro, autore di questa e altre traduzioni in un prezioso volumetto proposto per il bicentenario della morte del poeta inglese dal piccolissimo editore genovese Contatti, Fammi lezione, Musa, è, a mio parere, colui che finora più si è avvicinato, nella lingua italiana, alla magia della lingua di John Keats. Finora.
Quanti poeti fanno d’oro il tempo
che scorre! Alcuni sono stati cibo
per la mia fantasia deliziata –
sulle loro terrene o sublimi bellezze
potrei meditare e spesso quando siedo
a far versi mi si affollano in mente,
ma senza confusione o ressa volgare;
sono anzi un accordo armonioso.
Come i suoni infiniti che riempiono la sera:
canti d’uccelli, sussurro di foglie,
brusio d’acque, la grande campana
che alzandosi rintocca solenne,
e i mille altri che la distanza confonde
dolce musica fanno, non frastuono.
John Keats
(Traduzione di Francesco Dalessandro)