Finestra sul mondo
Artemisia a Londra
La National Gallery di Londra dedica una grande mostra ad Artemisia Gentileschi. Pubblico e media britannici salutano l'evento come una festa. Forse per distrarsi dalla dramma del Covid sempre più fuori controllo
La posizione delle donne nella storia, in generale, sarebbe stata diversa se la loro rappresentazione non fosse sempre stata “controllata e distorta” dallo sguardo maschile? A chiederselo – in maniera forse ingenua, come le fanno notare i commenti di alcuni lettori sul sito giornale – è Jackie Wullschläger, responsabile della critica d’arte del Financial Times, in un articolo sull’attesissima mostra (prevista per aprile, aperta il 3 ottobre scorso) che la National Gallery di Londra dedica, fino al 24 gennaio prossimo, ad Artemisia Gentileschi.
Ad essere esposti sono 30 dei suoi dipinti, provenienti da istituzioni pubbliche e collezioni private di tutto il mondo, molte delle quali italiane, oltre alle sue lettere, scoperte nel 2011, e agli atti del processo per lo stupro di cui la pittrice, a 17 anni, fu vittima nel 1611.
Con Susanna, Giuditta, Cleopatra, le sue sante e martiri, continua replica di sé stessa, abilmente “fotoshoppata” con cambi d’abito e di acconciatura – come ha scritto il critico del Telegraph – la pittrice usa il proprio corpo e la propria arte per raccontarsi e raccontare la Storia con lo sguardo di una donna.
È la prima volta che la National mette in mostra l’artista barocca, fino a due anni fa assente nelle collezioni pubbliche del Regno Unito, nonostante abbia lavorato proprio a Londra nel 1639 accanto al padre Orazio alla corte di Carlo I d’Inghilterra. Nella collezione della National Gallery ci sono 2.300 opere ma solo 23 sono di artiste, compreso l’autoritratto di Artemisia acquisito di recente. Questa mostra è un modo per ristabilire l’equilibrio, nota il Telegraph.
Per la stampa inglese, parlare dell’esposizione ma soprattutto della vita della pittrice è stata una festa in questi giorni dominati dall’ansia, specialmente in Inghilterra. Dal Financial Times al Guardian, tutti i giornali si sono tuffati nella storia di un’artista che rende in modo viscerale la paura, la vergogna, l’estasi amorosa o la sete di vendetta di personaggi femminili fino ad allora dipinti sempre e solo dal punto di vista maschile.
Come scrive Jackie Wullschläger, dalla prima rappresentazione della biblica Susanna – nuda, indifesa e sopraffatta dallo sguardo lascivo dei due vecchioni, dipinta da Artemisia a 17 anni – all’ultima versione della scena, del 1652, poco tempo prima di morire, a Napoli, in cui Susanna non è più nuda e invece di ritrarsi li affronta con decisione, nella mostra c’è tutto il percorso artistico ed esistenziale di questa “abile storyteller” che arriva al successo e all’indipendenza grazie alle proprie doti straordinarie.
Il visitatore – nel museo e sul sito della National – è accolto dal poster in cui campeggia l’ Autoritratto come suonatrice di liuto e dalla famosa affermazione “Mostrerò alla Vostra Illustre Signoria ciò che una donna può fare”, che rivelano subito i temi principali del percorso espositivo: quello artistico, dell’autoritratto, con la presenza continua della pittrice nelle sue opere – qualcuno l’ha paragonata a Cindy Sherman – e quello biografico, presente nelle lettere ad amanti e committenti ma soprattutto negli atti originali del processo durante il quale fu umiliata e torturata. Un mix di opere e vita sapientemente dosato in una mostra, unanimemente definita “a five stars exhibition”, le cui origini risalgono a due anni fa.
Nel luglio del 2018 la National Gallery di Londra ha acquistato all’asta per 3.6 milioni di sterline l’autoritratto di Artemisia Gentileschi nelle vesti di santa Caterina d’Alessandria (1615 -1617). Il quadro, i cui passaggi di proprietà passati e recenti rimangono incerti (gli ultimi proprietari hanno ipotizzato che facesse parte di un bottino nazista), è stato ritrovato nel 2017 a Parigi. L’acquisto è stato reso possibile grazie al contributo dell’American Friends of the National Gallery, del National Gallery Trust, dell’Art Fund e altri donatori spesso anonimi. L’Art Fund ne ha anche finanziato il restauro, le cui varie fasi sono state filmate e divenute oggetto di una serie di video. La tela, una volta restaurata, è stato esposta in luoghi insoliti del paese, fra i quali anche un ambulatorio medico e una prigione, prima di diventare uno dei punti salienti della mostra. Una vera e propria propaganda nazionale e un’abilissima campagna di marketing in preparazione dell’esposizione attuale, nata dalla determinazione di Gabriele Finaldi, direttore della National Gallery dal 2015, e di Letizia Treves, curatrice dei quadri spagnoli e italiani barocchi e a capo del Curatorial Department del museo.
“Artemisia” è sponsorizzata – fra gli altri – da Intesa San Paolo e Google Arts and Culture sulla cui piattaforma (https://artsandculture.google.com/project/artemisia-gentileschi) è possibile vedere i bellissimi video sulla vita della pittrice e sulle opere esposte.