A Palazzo Zevallos Stigliano
Liberty napoletano
Croce, Di Giacomo, la Serao e Scarfoglio: una bella mostra riflette sulle trasformazioni di Napoli sulla spinta della moda del liberty. Dalla nascita delle sciantose alla noia dipinta da Felice Casorati
Inaugurata pochi giorni fa e passata un po’ sotto silenzio perché tutta l’attenzione era concentrata sulla mostra di Gemito al Museo di Capodimonte, l’esposizione Napoli Liberty segna il ritorno, dopo la forzata pausa Covid, delle mostre temporanee nella sede napoletana delle Gallerie d’Italia, quel magnifico Palazzo Zevallos Stigliano che si affaccia severo sul brulichio di via Toledo.
La mostra, che ha il sottotitolo N’aria ‘e primmavera (da un verso della malinconica canzone Marzo che Salvatore Di Giacomo scrisse nel 1898) ci trasporta in quel clima di cambiamento che si respirò in Italia e in Europa tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento: la Belle Époque, che spostò il dibattito culturale dai salotti alle conferenze nei ritrovi pubblici, che diede coraggio alla borghesia e ai suoi nuovi stili di vita, che legittimò la voglia di liberarsi del passato per guardare avanti.
Anche Napoli fu interessata da questi cambiamenti: qui il gusto e l’arte Liberty portarono a un vivace sviluppo sia nelle arti figurative che in quelle industriali e nello stesso Palazzo Zevallos fu realizzata una ristrutturazione del cortile centrale che ancora oggi si presenta come una delle più interessanti testimonianze del gusto floreale in città.
Quest’arte nuova si affermò in architettura, nelle arti applicate, nella scultura e nella pittura, cambiò il volto della città, il gusto delle persone, le abitudini della società. Nacque Il Mattino di Scarfoglio e Serao (1892), aprirono i Grandi Magazzini Mele (1889), Croce e Di Giacomo fondarono la rivista Napoli Nobilissima (1892), antesignano modello di riflessione sulla salvaguardia del patrimonio artistico e architettonico. Il Salone Margherita divenne famoso per l’esibizione di canzonettiste e sciantose e la canzone napoletana prese il volo, diffondendosi in tutto il mondo a partire da Funiculì Funiculà, incisa per la prima volta a New York nel 1899.
Anni memorabili, vivaci, coraggiosi, che nella mostra ci vengono raccontati non solo attraverso le settanta opere esposte, ma con pannelli di grande leggibilità e interesse e con una App scaricabile sullo smartphone (che sostituisce per motivi di igiene le audioguide) che mescola le informazioni sulle opere e il contesto storico-sociale a una colonna sonora di canzoni napoletane del periodo.
Tra dipinti, sculture e mobili, gioielli e accessori d’abbigliamento, cartelloni pubblicitari e copertine di riviste, si compie un viaggio all’indietro che fa anche bene all’anima, e infonde un po’ di speranza. Come il dipinto Persone di Felice Casorati, che rappresenta un piccolo gruppo di uomini e donne intorno a un tavolo, che alla fine di un pranzo, rilassati, chiacchierano con dei libri aperti davanti. La normalità.