La scomparsa di un mito
La Signora Franca
Dai primi successi con Vittorio Caprioli e Alberto Bonucci alla passione per l'opera lirica. Il teatro, il cinema, l'attenzione all'universo femminile e la capacità di guardare il lato storto della società: ritratto di Franca Valeri, che aveva appena compiuto 100 anni
Il 31 luglio scorso aveva compiuto 100 anni e tutti a festeggiare il bel traguardo raggiunto. Oggi purtroppo è scomparsa, lasciando in tutti l’amaro in bocca, lo stupore, perché abbandonare la scena italiana, anche se a 100 anni, per una come Franca Valeri, significa lasciare un vuoto come un cratere. Un vuoto incolmabile. La signorina snob, la sora Cecioni, la manicurista Cesira, la stralunata interprete del “Teatro dei Gobbi”, in odore di teatro dell’assurdo alla Pinter, questo e molto altro è stata Franca Valeri. La rimpiangiamo e, se possibile, la rivogliamo, perché di artiste come lei se ne contano sulla punta delle dita e lei era proprio unica.
Franca Maria Norsa nasce a Milano in una famiglia borghese, da padre ebreo e madre cattolica. Frequenta scuole esclusive come il liceo classico milanese Giuseppe Parini, nella sez. c., l’unica dove s’insegna anche l’inglese. Le leggi razziali del 1938 privano la famiglia dei diritti fondamentali. Dopo l’8 settembre 1943 il padre e il fratello trovano rifugio in Svizzera e Franca rimane a Milano con la madre, sopravvive alle deportazioni grazie a un impiegato dell’anagrafe, il quale le rilascia una carta d’identità falsa. Durante la guerra si lega di amicizia a vari intellettuali milanesi tra cui Camilla Cederna. In seguito frequenta persone degli ambienti teatrali come Nora Ricci e Giuseppe Patroni Griffi. La sua grande bravura esplode nel dopoguerra quando riesce a fare conoscere al pubblico tutta una serie di caricature comiche che già durante la giovinezza sperimentava e studiava nel chiuso della sua casa in una specie di teatrino per amici e parenti. Il grande successo arriva con il “Teatro dei Gobbi”, nel 1949, insieme a Vittorio Caprioli, poi suo marito, e Alberto Bonucci.
Sulla scorta di modelli esistenzialistici francesi, i tre, portano in scena un teatro senza spettacolarità, ma vivo solo per il talento degli attori che si esibiscono in scenette al limite tra il più sofisticato cabaret e il teatro dell’assurdo, appunto. Una delle peculiarità di Franca Valeri è l’aver sdoganato l’immagine dell’attrice sciocca e con risatine, retaggio dei modelli fascisti del cinema “dei telefoni bianchi”, imponendo una comicità femminile diversa, sostituendo il modello della soubrette oppure della donna tutte curve con il modello di una donna colta, intelligente che conta solo su se stessa. Una donna pensante che è capace di decidere della sua vita, di essere leader, di conoscere i segreti di come si sta al mondo.
Con la sua figura minuta, i grandi occhi neri, il viso atteggiato sempre all’ironia, Franca Valeri ci ha regalato una serie di ritratti femminili divertenti ed esasperati, spopolando anche in una tv di Stato anni 60 che si apriva finalmente a un sabato sera di grande varietà, come “Studio Uno”. Indimenticabili la signorina snob e la sora Cecioni, ma anche tutte le innumerevoli caricature di cui ci ha fatto dono, tra cui la moglie di un marito meglio identificato come il “cretinetti”. E come dimenticare il personaggio femminile del film Il segno di Venere, commedia diretta da Dino Risi, dove la Valeri scrisse anche la sceneggiatura. Lei ebbe il coraggio di recitare accanto alla super maggiorata Sofia Loren creando una coppia straordinaria di cugine l’una milanese, l’altra napoletana, che vivono una serie di esperienze esilaranti ma anche di contenuti, riallacciando così, metaforicamente, i rapporti tra nord e sud. Un film molto davvero bello che ha scolpito la bravura di Franca Valeri, attrice poliedrica e di grande spessore. Ma questo è solo una dei tanti film girati nella sua carriera, la Valeri possiede una filmografia varia e nutrita.
È stata anche scrittrice, sceneggiatrice e drammaturga. Negli ultimi anni aveva sviluppato una grande passione per l’opera lirica dedicandosi alla regia operistica. Con la sua scomparsa finisce un mondo impegnato, ironico, divertente e sempre sulle righe dell’intelligenza. Franca Valeri, come dicevo, lascia un vuoto incolmabile e rientra in quella pletora di maestri che hanno fatto grande l’Italia teatrale e che sono, purtroppo, quasi tutti scomparsi, insostituibili rappresentanti di stagioni incancellabili. Una donna che era un vero “monumento” per l’importanza di tutto ciò che aveva fatto e per i cambiamenti che aveva impresso al ruolo delle donne nel nostro paese.
Ho avuto la fortuna di conoscerla, di discorrere brevemente con lei all’interno dei camerini del Teatro Mercadante di Napoli, dove ero ufficio stampa alcuni anni fa, non avrei smesso mai di ascoltarla, molto riservata ma tanto affascinante, ogni sua parola apriva uno scenario di ricordi. Oggi non c’è più ma la sua impronta rimane profonda. Difficile che possa essere sostituita, la sua intelligenza è del tipo raro. Noi dobbiamo e possiamo soltanto rimpiangerla.
Arrivederci signora della scena italiana, ci mancherai moltissimo.