Viaggio in un buco nero della storia italiana
Resurrezione Bagnoli
La storica area industriale di Bagnoli può risorgere dalle proprie ceneri. Lo scrittore Nando Vitali racconta il lento, sotterraneo movimento che potrebbe condurre alla rinascita di un luogo mitico della memoria condivisa
Lamont Young, agli inizi del ‘900 progettò per Bagnoli quella che allora si si disse doveva essere la Piccola Venezia. Young era un geniale urbanista scozzese trapiantato a Napoli (Villa Ebe a Pizzofalcone, palazzina neogotica di fianco al monte Echia, e tante altre opere in città). Morì suicida nel 1924. Quanti lo conoscono, o si ricordano di lui, (specialmente bagnolesi)? A volte, quando lo nomino, mi guardano stupiti.
Successivamente, in nome del miracolo della siderurgia e del lavoro (Parigi val bene una messa), Bagnoli divenne uno dei poli dell’acciaieria più importanti e imponenti al mondo. Durò circa un secolo, poi dopo varie vicissitudini, nel ’93 chiuse definitivamente i battenti. Quello che è accaduto dopo lo sappiamo tutti. Edoardo Bennato la definisce situazione kafkiana. Io aggiungerei beckettiana (Aspettando Godot), entrando dalla porta principale del teatro dell’Assurdo di Ionesco, che dice che assurda è la realtà. «Il paradosso che ci governa, ma senza lo scarto dell’arte».
Oggi, però, senza spostare troppo le faglie tettoniche della retorica (che la politica utilizza da circa trent’anni), vorrei invece dire che qualcosa forse si muove. Lievi segnali di risveglio culturale, come il dito mignolo di un uomo in coma, un piccolo battito di ciglia. Questa estate sono stato invitato a presentare il mio romanzo Ferropoli (Castelvecchi editore), nella ex base Nato di Bagnoli finalmente liberata. Al “Nana Club”, in una prestigiosa manifestazione fra Jazz e Letteratura curata dal musicista Max Puglia, col sostegno della Fondazione Banco di Napoli per l’infanzia, proprietaria del sito.
Ritornare in quel posto dove andavo da musicista, da ragazzo, nella grandiosa piscina, e tutto quello che la circonda, è stato emozionante. Romantico perfino. Il colpo d’occhio è davvero notevole, dà proprio l’idea di una rinascita cromatica, come di un grande restauro.
Ma vorrei, nonostante la bellezza del luogo, anche sottolineare che la ex Nato (occupata nel ’53 dagli angloamericani), fu teatro di tragedie e barbarie. Per fare un esempio dopo la guerra quel sito fu campo per sfollati. Forse in pochi rammentano la famigerata operazione Keelhaul. Ovvero Giro di chiglia, tradotto in italiano. Punizione crudele, spesso mortale che si impartiva sulle navi di un tempo, e che portava appunto spesso alla morte (ricordate Gli ammutinati del Bounty, spettacolare film del 1962?). In quella occasione migliaia di sfollati classificati come ex sovietici, e collaborazionisti coi tedeschi (spesso a torto, o giudicati in modo sommario), furono rimpatriati (ma non solo da Bagnoli, la cosa riguardò molte basi italiane con un numero imprecisato di vittime), e finirono nei famigerati Gulag a morire dimenticati dalla Storia.
Ma la Storia la scrivono i vincitori, si sa.
Però la lotta fra l’oblio e la memoria va fatta. Perché è quella che porta alla palingenesi, al rinnovamento e la rinascita.
Bisogna ripartire la lì. Dalla conoscenza.
A Bagnoli molte sono le iniziative dal basso, come si dice. Penso a Villa Medusa, prima adottata da giovani di valore come bene comune, poi restaurata. Splendida villa dei primi del ‘900 donata al Comune dai proprietari del tempo ad uso di residenza per anziani. Oggi luogo di cultura e numerose iniziative.
Penso al Lido Pola, dove vale lo stesso discorso. Lì per esempio furono girate bellissime scene dal film Profumo di donna, di Dino Risi (1974), con Vittorio Gassman e Agostina Belli, dal romanzo di Giovanni Arpino Il buio e il miele.
Naturalmente ci sono tante altre iniziative in atto, altrettanto meritevoli. Queste sono soltanto alcune.
Quello che voglio dire, da bagnolese, come si dice doc, a cui sta a cuore il destino di questo quartiere, è che Bagnoli può essere un volano per la cultura. Una cultura della buona prassi, e non dello spreco vandalico.
Musica, letteratura e altro ancora. Risorsa turistica da gestire come bene prezioso. Chissà, partendo proprio dalla ex Nato. Guido Ceronetti nel suo Viaggio in Italia, definì Bagnoli «Pura potenza, pura materia (…)».
Pur non rinnegando completamente il rumore dell’acciaieria (mi viene in mente Rumore bianco di Don DeLillo): i padri tornavano a casa col sorriso e la faccia sporca di carbone. Ma non si contano i casi di tumori e malattie causate da quei veleni, l’amianto, e tutto quanto masticavamo insieme al pane. E anche una certa epica nei racconti dei sopravvissuti, o degli anziani.
Bagnoli può risorgere dalle proprie ceneri (come Città della Scienza, e sembra un paradosso dirlo! Devastata da un incendio negli anni scorsi, come forse qualcuno ricorderà). O Coroglio, e Nisida, che giace come una enorme balena di Moby dick.
Con questo breve articolo ho voluto dire che sovente le rivoluzioni partono dal basso. I cambiamenti d’un tratto si mettono in moto anche in modo rabbioso. Auspicabile sarebbe invece che l’Alto e il Basso, si dessero la mano, si sfiorassero, come nel celebre affresco della Cappella Sistina (sì, proprio quello!).
Dunque che le acque stagnanti riprendano vita nelle idee del costruire comune. Per quel mare che ha pochi eguali al mondo. Il mare di Bagnoli. Quel mare da risanare come una stupenda Araba Fenice dalle ali sanguinanti.