Luca Fortis
In cerca di tradizioni popolari perdute

Vestivamo all’egiziana

Incontro con Shahira Mehrez, studiosa e collezionista di abiti antichi egiziani: «Abbiamo liquidato, senza porci troppe domande, costumi tradizionali che avevano origini che andavano indietro nel tempo fino al Settimo Secolo»

L’Egitto ha una antichissima tradizione di costumi e vestiti che vanno indietro nel tempo fino al VII secolo Dc. Oggi purtroppo sono quasi scomparsi. Ne parliamo con la storica dell’arte e massima esperta del settore, Shahira Mehrez.

Quando ha iniziato questi studi e perché? 

Sono nata negli anni Quaranta, prima della rivoluzione di Nasser. In quegli anni, alla scuola francese del Cairo si studiavano i galli e non gli arabi. Per fortuna, almeno a casa imparavo l’arabo. Crescendo mi sono resa conto che esisteva una dicotomia nella mia vita. Pur essendo la mia famiglia araba, la mia cultura era francese. Sognavo perfino in francese e nel tempo questo mi ha infastidita e mi sono resa conto che conoscevo pochissimo la nostra cultura. Per fortuna, i miei genitori mi avevano fatto conoscere la storia dell’antico Egitto e i suoi monumenti. Ma il presente copiava il modo di vivere europeo senza connessioni con il nostro passato egiziano. Dopo la laurea in chimica, ho deciso di prendere una seconda laurea in storia dell’Arte Islamica e mentre studiavo incontrai l’architetto Hassan Fathy, il cui lavoro aveva creato un ponte tra l’architettura tradizionale araba e quella contemporanea. Fathy mi fece comprendere che avrei conosciuto la storia della nostra architettura civile nei cantieri edili dove purtroppo stavano distruggendo le case antiche. Ho quindi incominciato a frequentarli e ho iniziato anche a salvare gli elementi in legno, marmo, e tutto ciò che potevo portare via.

Quando ha iniziato a collezionare vestiti? 

Ho poi cominciato a chiedermi perché ci vestivamo all’occidentale. Il mio primo vestito tradizionale me lo portò mio fratello da Gaza a sedici anni, era un vestito beduino nero con ricami rossi. Ma non conoscevo ancora altri vestiti tradizionali egiziani, se non quelli dell’Alto Egitto che erano neri con dei ricami color argento. Frequentando le campagne di proprietà della famiglia o girando con Hassan Fathy per scoprire antiche architetture, incominciai a chiedere alle anziane dei villaggi che vestiti utilizzavano le loro nonne. Conquistata la loro fiducia, incominciarono a tirarmi fuori pezzi di antichi tessuti e vecchi vestiti. Poi ho iniziato a cercare le figlie delle sarte ormai morte e a chiedere loro se avessero ancora vestiti fatti dalle madri. Così riuscii a scoprire e collezionare una trentina di esemplari di un costume tradizionale del Diciannovesimo Secolo del Delta del Nilo. Scoprii anche che i vestiti tradizionali erano molto più belli di quelli nuovi, che erano diventati delle uniformi nere. La gente non usava più quelli tradizionali perché li considerava fuorimoda. Così mi sono chiesta se ci fossero altre tradizioni nel Delta.

Cosa ha scoperto? 

Ho scoperto che esisteva anche nel Delta del Nilo un costume tradizionale nero con ricami in argento simile a quelli del Alto Egitto. Era stato però liquidato nel Diciannovesimo secolo perché quest’area era venuta in contatto prima con le mode europee. Scoprii anche che il costume di cui avevo trovato una trentina di vecchi esemplari era di ispirazione occidentale. Già mostrava la liquidazione di un patrimonio egiziano antichissimo e l’adattamento del gusto egiziano alla moda occidentale. Un fenomeno molto interessante.

Quali altri costumi tradizionali esistono in Egitto?

Successivamente ho scoperto i vestiti tradizionali dell’Oasi di Siwa, della Nubia e di tante altre zone. Ho portato avanti una ricerca lunga dieci anni in tutto il paese, non solamente per collezionare i vestiti che trovavo, ma anche per fare uno studio scientifico sui costumi tradizionali egiziani. I risultati verranno pubblicati in un libro che sto scrivendo e verrà pubblicato dall’Ifao, l’Istituto Francese per l’Archeologia Orientale del Cairo. La ricerca mostra che abbiamo liquidato, senza porci troppe domande, costumi tradizionali che avevano origini che andavano indietro nel tempo fino al Settimo Secolo. Nei secoli le tradizioni erano state modificate piano piano e nel tempo, ma la base era la stessa. Il medesimo fenomeno è accaduto nell’urbaninizzazione, nella decorazione delle case, nell’architettura, nei gioielli e in tanto altro. Non abbiamo saputo fondere la tradizione con la modernità, al contrario dell’India e del Giappone. Abbiamo venduto per nulla le nostre usanze. I giapponesi come gli indiani utilizzano sia abiti occidentali che tradizionali. Eppure l’Egitto è uno dei paesi più antichi al mondo.

Perché questo è accaduto? 

Compreso questo, mi sono dedicata all’interpretazione, ho voluto sapere perché avessimo abbandonato dei vestiti cosi antichi. Uno degli abiti che ho, l’ho trovato ritratto uguale in un affresco della Vergine Maria del VII secolo. I vestiti faraonici erano scomparsi con la cristianizzazione della società. Questo perché nella cultura faraonica il rapporto con il corpo era naturale e la nudità non era un problema, con i cristiani, in Egitto chiamati Copti, nasce invece il tabù per il corpo. Questa fu la prima frattura nelle tradizioni dei vestiti egiziani. Il costume tradizionale copto è invece sopravvissuto nelle campagne fino al Diciannovesimo Secolo. Tra le élite culturali è invece scomparso prima, nel Sedicesimo Secolo, con la conquista degli ottomani, quando avvenne la seconda frattura. I nuovi regnanti vollero infatti creare “un prima e un dopo” e obbligarono le élite urbane a vestirsi alla turca, i vestiti tradizionali rimasero solo nelle provincie e nelle campagne. La terza frattura è arrivata nel Diciannovesimo Secolo quando i dirigenti dell’Egitto hanno voluto europeizzare il paese ed è molto ben rappresentata con le feste per l’apertura del canale di Suez, dove tutte le élite erano vestite all’ occidentale.  Le élite avevano già una volta abbandonato i propri costumi in favore degli ottomani e quindi non si fecero problemi a cambiare nuovamente le proprie tradizioni in favore di quelle europee. Solo che questa volta le campagne erano collegate alle città dai treni e grazie ai telegrafi e alla fotografia la gente sapeva cosa avveniva nei centri di potere. Fu così che anche le campagne abbandonarono le tradizioni, che lì però erano ancora quelle originali del Settimo Secolo.

Esisteva un vestito tradizionale per tutto l’Egitto? 

I risultati del mio studio provano che eravamo una nazione unita e multiculturale, formata da nubiani al Nord, da contadini della Valle del Nilo e delle oasi, da beduini nel deserto dell’Est e dell’Ovest, ma che tutte queste persone avevano all’origine la stessa eredità culturale. Questo è provato dai costumi delle donne d’Egitto dove ritroviamo lo stesso vestito con gli stessi simboli dovunque. La storia del costume in Egitto ci ha dato delle prove sicure e ha verificato degli avvenimenti che erano menzionati nelle cronache degli storici dell’epoca, ma che non avevano prove archeologiche. Per esempio sappiamo dagli scrittori che nel IV secolo i bizantini inviarono delle truppe per cristianizzare a forza Siwa, non abbiamo nell’oasi però resti di chiese di quell’epoca che lo provino, ma le prove sono sui vestiti tradizionali. Le croci del IV e V secolo della Nubia le ritrovi anche a Siwa nel Nord Owest al confine con la Libia. Si tratta di un fatto non scontato, infatti le persone che oggi popolano Siwa, non sono le stesse che abitavano Siwa durante l’epoca egiziana o romana. Si tratta di popoli arrivati con migrazioni successive e hanno sia origini berbere, africane che beduine. Questi nuovi popoli arrivando hanno trovato tradizioni così forti che hanno adottato i simboli faraonici e copti. Nonostante questo mescolamento etnico troviamo a Siwa i vestiti classici che troviamo in tutto l’Egitto. Questo stesso fenomeno lo si ritrova tra i beduini del Sinai, i cui vestiti riportano elementi faraonici, copti e mamelucchi. Gli abiti sono comuni a tutto l’Egitto, ma nel tempo si sono formati dodici costumi nazionali che si differenziano solo per piccoli dettagli. Ma le origini sono assolutamente comuni. Tutti sono figli dell’eredità faraonica, copta e musulmana.

Mi ha parlato di costumi tradizionali che possono diventare prove archeologiche.

Certamente, un antropologo andato nell’Oasi di Daklha chiese ai suoi abitanti il significato di una decorazione presente sul loro costume tradizionale e loro risposero che era una lucertola. Non è così, era in realtà una croce. Nel Diciassettesimo Secolo, quando vennero islamizzati, sapevano che quella che veniva rappresentata nei loro vestiti era una croce, ma non hanno voluto cancellare l’eredità religiosa precedente, l’hanno solo mimetizzata tra altre decorazioni e poi l’hanno perpetuata dimenticandosi del significato. Tutto ciò mostra come nonostante il pluralismo, il costume nazionale fondeva elementi di tutte le tradizioni, creandone uno che era lo stesso per tutti, al di là della religione e della cultura. Ci accettavamo e nonostante le origini diverse, i costumi erano più o meno gli stessi.

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