“I figli del re” di Sonya Hartnett
Vittime del Potere
Gli uomini non imparano dagli errori del passato e soccombono agli stessi meccanismi nefasti. Un romanzo per young adults, attraverso una vicenda ambientata in Inghilterra durante la seconda guerra mondiale, ci riporta, per analogie, alla Guerra delle Rose
L’ultimo romanzo della scrittrice australiana Sonya Hartnett, I figli del re (Rizzoli, trad. Claudia Manzolelli, 319 pagine, 17 euro), è una storia affascinante e coinvolgente su ciò che avvenne in Inghilterra nel 1940, quando era ormai imminente il devastante bombardamento su Londra da parte dei tedeschi. Attraverso le vicende quotidiane di due ragazzini, Cecily e Jeremy, mandati in campagna nella lussuosa dimora dello zio, l’autrice ci conduce nello scenario terribile della seconda guerra mondiale con una forza d’impatto che resta bene impressa, ben più di tanti manuali di storia. Determinante è la figura di May, adolescente fiera e orgogliosa, accolta come una figlia nella confortevole villa dove tutto sembra fermo e immutato nel tempo malgrado la guerra, essendo lei rimasta sola durante il periodo della fuga da Londra. La madre infatti lavora in fabbrica in città, mentre il padre è partito volontario al fronte in Francia.
May ha un carattere forte ed enigmatico e Cecily resta impressionata dalla sua spregiudicatezza. «Per la metà del tempo May non era brava affatto, rubava gli avanzi, se ne andava in giro da sola, sapeva come ferire i sentimenti altrui, era volubile, saputella, e prepotente… ma in qualche modo quelle caratteristiche facevano di lei qualcosa di più di una brava bambina». Con il passare dei giorni si stabilirà tuttavia un buon rapporto tra loro e Cecily, più ingenua e viziata, la seguirà nelle sue scorribande nella campagna intorno alla villa. May ha infatti scoperto le rovine di un antico castello, Snow Castle, chiamato così per via della pietra bianca, un tempo marmo pregiato. «Aveva ali e bastioni e feritoie da cui scoccare frecce, cortili interni, sale per banchetti, porte nascoste e passaggi segreti…». Ma di quel grandioso passato non era rimasto nient’altro che rovine, erbacce e il ricordo di una inquietante leggenda. Una leggenda crudele poco adatta alle orecchie di un bambino. Il castello era forse abitato da fantasmi? Tra quegli ammassi di pietra e pezzi di muri pericolanti come per incanto erano comparsi due ragazzini stranamente vestiti. May e Cecily nelle loro segrete escursioni se li erano ritrovati davanti. Avevano volti pallidi, quasi trasparenti, e non si assomigliavano per niente anche se entrambi avevano «begli occhi grigio chiaro e capelli castani che scendevano in lunghi riccioli sul colletto». Sembrava che temessero di essere spiati, ma le due ragazzine non si erano stupite né di averli visti, né dei loro incomprensibili discorsi.
Convinto dall’insistenza dei nipoti, zio Peregrine decide di raccontare ciò che secoli prima era avvenuto, sottolineando che non si trattava di una favola oscura, bensì di fatti ed eventi remoti, ma accaduti sul serio, cinquecento anni prima. A questo punto la storia contemporanea si intreccia a uno dei periodi storici più contraddittori e sanguinosi che attraversò l’Inghilterra e che coinvolse anche la Francia e la futura Europa, la cosiddetta “Guerra delle Rose”. Così il lettore viene immerso in un’epoca lontana, vissuta da persone non poi tanto diverse da quelle attuali. Del resto quando mai l’umanità ha imparato qualcosa dagli eventi passati? Sempre meno gli uomini sanno e ricordano, perciò come un vortice inarrestabile la storia prosegue il suo corso.
«”Potere”: voglio che teniate a mente questa parola. Voglio che ve la ripetiate, che ne sentiate il peso nella mano». Dice zio Peregrine rivolto ai ragazzi. Forse perché ancora oggi chi non ha potere resta indietro, può soccombere. La medesima molla della vanità e dell’ambizione spinge gli uomini alla lotta fino al delitto, essendo i più privi del sostegno di motivazioni ideali che non siano strettamente connesse alla propria personale riuscita. E questo è il dramma immutato nel tempo dell’intera umanità.