Visto al Teatro Studio “E. Duse” di Roma
Il sogno del teatro
Francesca Caprioli firma e porta in scena l’adattamento teatrale de “La casa del sonno” di Jonathan Coe: “È un continente perduto”. Intenso, vibrante, autentico. Il progetto vince la menzione speciale del Premio di Produzione Carmelo Rocca 2018, premio indetto dall’Accademia d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” con il contributo di SIAE e sarà presentato a Spoleto 61 completo di una seconda parte
Quello tra il sogno e il teatro è un legame antico, dalle crudeli manipolazioni in La vita è sogno di Calderón, al mortifero sonnambulismo di Lady Macbeth fino al recente Freud o l’interpretazione dei sogni di Stefano Massini. Finge, il teatro, allude e illude, come i sogni. Crea rebus di riferimenti scenografici, sonori e verbali che lo spettatore assorbe ed elabora, come lo psicanalista studia i sogni dei suoi pazienti.
In È un continente perduto, pièce tratta da La casa del sonno di Jonathan Coe andata in scena al Teatro Studio “Eleonora Duse” (29-30 novembre e 1° dicembre), i punti di contatto si fanno anche strutturali. Le cinque fasi del sonno diventano contenitore dell’azione scenica, come i cinque atti della tradizione classica. Addormentamento, incoscienza del circostante, il sogno, il sonno profondo, la fase REM. Ovvero: adolescenza, innamoramento dei circostanti, le grandi speranze, la disillusione, il risveglio. Le fasi della vita, il passato, il presente e il futuro di sei ragazzi si fondono nel racconto, nei dialoghi, negli ambienti. Va alla giovanissima Francesca Caprioli il duplice merito dell’adattamento teatrale e della messa in scena, condotti con una padronanza delle arti sceniche, con una sensibilità letteraria e con un innato fiuto per riconoscere il picco di tensione narrativa ed emotiva che lascia con il fiato sospeso. Non a caso vince la menzione speciale del Premio di Produzione Carmelo Rocca 2018, premio indetto dall’Accademia d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” con il contributo di SIAE, Società italiana degli Autori ed Editori, e a Spoleto 61 al Festival dei Due Mondi presenterà il progetto completo della seconda parte. «Una rappresentazione spietata per svergognare i tabù di una società che, in preda al panico, continua a cercare una risposta organica alle sue piaghe spirituali», afferma la Caprioli. Il pubblico è portato ad assistere a un viaggio sentimentale, cerebrale e clinico.
Un presentatore, o un conferenziere, o un conduttore tv in giacca e cravatta a fuochi d’artificio domanda l’attenzione del pubblico e del tecnico luci. Così si apre È un continente perduto. Segue una cantilena che dal 1999, 2000, 2001, 2002…, ripercorre gli ultimi dodici anni, e con effetto a cappella si accompagna a un mormorio, all’elenco dei mesi, alla ripetizione di «è come buttarsi da un trampolino troppo alto» fino al calibratissimo effetto di unisono al pronunciare «la risonanza di un accordo perfetto». A restituire in scena la visione della Caprioli e la densità intricata della materia di cui sono fatti i sogni, un cast di altri giovanissimi. Carlotta Mangione è un Robert/Dott.ssa Madison intenso, profondo, camaleontico; Massimiliano Aceti imprime la giusta tensione schizofrenica al personaggio del Direttore della Clinica che ha fatto della polisonnigrafia una missione; Eleonora Pace è una mielosa Sarah, corteggiata e viziata da tutti, dolce, languida, infantile; Nika Perrone (Premio Hystrio alla Vocazione 2018 all’allieva) è Veronica, la lesbica dalle forti convinzioni politico-morali che riscuote la routine dal torpore, voce penetrante, sguardo sicuro come solo i bugiardi con se stessi sanno fare, recitazione magnetica senza se e senza ma; Gabriele Anagni è capace di prove fisiche e vocali estreme, come l’espressione fissa o la ripetizione delle battute mentre saltella sul posto; Paola Senatore convincente nel ruolo della pazza, ma innocua, Ruby.
Ai sogni della gioventù si unisce un sogno più grande, quello del teatro. Una vocazione, piuttosto. Una chiamata: «Il teatro ti trova sempre», diceva Sarah a Veronica. Il teatro ha trovato in Francesca Caprioli e nel cast nuova linfa, capace di far riflettere e far emozionare, capace di puntare sulla qualità tecnica senza che il flusso narrativo-emotivo perda di godibilità. Per una serata è stato ritrovato il continente, troppo spesso perduto, del Teatro.