Raffaella Resch
Donne e Futurismo /6

Cenaereo da Marisa

Indipendente, sia dal punto di vista politico (contro le leggi razziali, diede ospitalità a illustri ebrei torinesi) che creativo (fu allieva di Felice Casorati e aderì al gruppo di Alfredo Marasco), aeropittrice riconosciuta, della Mori restò celebre la cena di capodanno col dessert “Mammelle italiche al sole”

Pittrice potente e determinata, dal «forte istinto plastico – sensuale – astratto» come scrive Marinetti nella dedica al volume di Boccioni Pittura scultura futuriste che le regala, Marisa Mori (Maria Luisa Lurini Mori, Firenze, 9 marzo 1900 – 5 marzo 1985) farà dell’arte la sua ragione di vita. La vocazione la raggiunge presto e fin da ragazzina prende lezioni di pittura, pur senza un grande entusiasmo da parte dei genitori. Si sposa nel 1920 con Mario Mori, cugino di primo grado, tecnico minerario, agronomo e topografo alle dipendenze del governo argentino e spesso all’estero: dopo quattro anni si separano e Marisa fa ritorno dai genitori a Torino. La pittura diventa la sua occupazione principale, dipinge in ogni momento diversi soggetti di natura morta e ritratti, tra cui il figlio piccolo, il quale ricorda quanto l’arte fosse la sua «grande rivale vincente». La sua ambizione è entrare nello studio di Felice Casorati, attivo in quegli anni a Torino, di cui riuscirà a seguire le lezioni (persino gratuitamente) fin dal 1925, diventando poi sua assistente nei primissimi anni 30. Con Casorati lavorano anche Daphne Maugham (poi moglie del maestro), Lalla Romano e Paola Levi Montalcini, con cui stringerà un legame profondo. L’indipendenza politica che contraddistingue il pensiero di Marisa emerge durante la seconda guerra mondiale, quando verranno promulgate le leggi razziali: «Non ho mai appartenuto a nessun partito – non ero né fascista né antifascista – ma quando ci fu la persecuzione razziale presi posizione ospitando degli ebrei». I fratelli Levi Montalcini (i pittori Paola e Gino, e il futuro premio Nobel Rita) trovano ricovero nella grande casa Mori alle porte di Firenze.

La lezione di Casorati viene appresa da Marisa in maniera molto personale: un senso speciale per la sintesi astratta e il dinamismo domina già le sue prime opere e, dopo aver partecipato a diverse mostre importanti a partire dal 1926, nel 1930 viene invitata alla Biennale di Venezia. Entro la fine del 1931, grazie alla conoscenza con Fillia e Tullio d’Albisola, la Mori fa capolino nell’esaltante mondo del futurismo, a cui ufficialmente aderirà tornando a Firenze nel 1932 prendendo parte al gruppo dei “futuristi indipendenti” di Alfredo Marasco. Su desiderio del figlio, farà un nuovo tentativo di convivenza col marito, anch’egli votatosi al movimento in qualità di poeta. «Il futurismo per me è stato una gioia perché potevo inventare – arricchire di colori e di ritmi ciò che prima studiavo dal vero». Intrattiene un carteggio con Tullio d’Albisola, con lettere decorate da disegni e note scherzose. In prossimità del capodanno, annuncia un “cenaereo” a casa sua, invitando Fillia e Tullio, e concludendo la lettera con una sua ricetta di dessert futurista dal titolo Mammelle italiche al sole, con relativo disegno. La ricetta verrà pubblicata ne La cucina futurista di Marinetti e Fillia, curiosamente unico contributo femminile al volume.

I progressi della tecnologia, sia nella produzione industriale che nelle comunicazioni, la maggior diffusione e il più capillare impiego del telegrafo, della radio, del cinematografo, dell’aereo, influiscono nella poetica del futurismo e vengono a costituire i soggetti prevalenti delle pitture della Mori futurista. L’iniziazione al volo fu un passaggio obbligato per diventare aeropittrice: Marisa non aveva mai volato ma capisce quanto sia necessario provare l’emozione del volo per poterla esprimere nelle sue pitture: «Eccomi allora qua pronta a volare in questo piccolo apparecchio che mi fece vedere in audaci giravolte tutto il paesaggio rovesciato. Ero legata al sedile e quelle acrobazie, quella visione insolita della terra mi ha stimolato a lavorare e sono diventata aeropittrice».

Nel 1932 partecipa alla mostra sugli aeropittori futuristi a Parigi, dove conosce Picasso; nel 1933 le viene dedicata un’intera sala alla Galleria Pesaro di Milano; nel 1934 espone a Varsavia; nel 1937 al Jeu de Paume a Parigi; nel 1938 al Metropolitan Museum di New York. Nel 1933 firma il “Manifesto Gruppi futuristi di Iniziative” fondato da Marasco, e il “Manifesto della cinematografia futurista”, sempre con Marasco, Giuseppe Lega e Ferdinando Raimondi. In quest’ambito si dedica alla fotografia e alla scenografia: alla I Mostra di Scenotecnica Cinematografica del 1933 di Roma riceve la medaglia d’argento. Crea il plastico e il dipinto dal titolo Sintesi dell’isola d’Elba, accompagnati da una serie di bozzetti di scenografia, con l’intenzione di utilizzarli per un film, mai realizzato. Si dedica anche alla grafica pubblicitaria e al disegno per bozzetti di costumi da bagno. Dopo il periodo futurista, insegnerà Storia del Costume presso l’Accademia dei Fidenti a Firenze, scuola di recitazione che aveva già frequentato come attrice, e tra il 1950 e il 1951 riprenderà a studiare seguendo i corsi di Arturo Cecchi all’Accademia di Belle Arti di Firenze.

Nelle immagini: Marisa Mori prima di un volo “futurista” e due sue opere,  “Ebbrezza fisica della maternità” e “Sintesi”

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