Adriano Napoli
“La ragazza sbagliata” di Giampaolo Simi

Ascesa e caduta di Dario Corbo

L’autore affida al meccanismo consolidato del noir l'autobiografia della nazione nell’anno - il 1993 – che fu segnato dalle stragi di mafia. Attraverso la vicenda di un giornalista d’inchiesta costretto a riprendere in mano la propria vita e a compiere un viaggio a ritroso in un caso scottante

Dario Corbo, il protagonista del romanzo di Giampaolo Simi La ragazza sbagliata (Sellerio, 15 euro) è un uomo in viaggio. Il suo mestiere di giornalista è sempre stato «dare notizie. Anzi, darle nel miglior modo possibile». Fin da praticante, quando scrisse più di centocinquanta articoli di cronaca sulla tragica morte di una diciottenne seviziata e uccisa in Versilia nell’estate del 1993, ha dimostrato di saper stare sul pezzo, contribuendo con la sua inchiesta alla revisione del processo e alla condanna esemplare dell’assassina, una giovane inglese figlia di un noto scultore, che in prima istanza l’aveva fatta franca. È un uomo realizzato, che crede di conoscere molto bene le regole del gioco; con una famiglia normale, un figlio in procinto di intraprendere la promettente “carriera” del calciatore, una moglie che grazie a lui può concedersi il lusso di studiare la Storia dell’Arte, e molti amici, alcuni dei quali “influenti”. Poi la sua vita implode; le regole del gioco sono improvvisamente cambiate, senza preavviso a parte la mail recapitatagli alla vigilia di Natale del 2014 dalla Società che gli pubblica il giornale. Il “briefing di fine anno” si rivela in realtà un inamidato licenziamento in tronco.

Il gioco sembra giunto alla fine. Ma Dario non accetta la sconfitta; reagisce, fa causa all’editore; cerca inutilmente con ogni sforzo di tenere in vita il “suo” settimanale in cui consiste il senso della sua intera esistenza. Spende tutti i suoi risparmi in cene e avvocati ma assiste al dileguarsi repentino degli “amici influenti”. Il figlio con un atto di autolesionismo si accoltella a una gamba dopo un infortunio di gioco; e anche la moglie se ne va, portando con sé gran parte dei mobili, lasciandogli qualche vecchio cd e altri oggetti da vendere su e-bay in un appartamento vuoto che Dario, rimasto al verde, può occupare soltanto fino alla fine di un torrido agosto romano. È una gara contro il tempo; Dario usa il credito rimasto sulla prepagata per fare le ultime spese, e si rifugia nell’appartamento vuoto per scartabellare nel suo archivio alla ricerca di vecchi articoli e documenti sul “caso Calamai”. Unico scopo, la sopravvivenza: scrivere un instant book sulla ragazza uccisa, che lo aveva lanciato più di vent’anni prima nel giornalismo che conta ora diventa per lui l’estremo appiglio cui aggrapparsi prima della rovina. Oltre agli articoli, Dario ritrova anche un cd di de Andrè, e si accorge che «le coincidenze del passato possono trasformarsi in sorprendenti profezie». E con quel passato, non dissimile dal vetro del balcone che riflette il suo volto prosciugato come una fantasmagoria, Dario inizia un corpo a corpo vitale e disperato.

Ma che cos’è il tempo per un uomo? E per un uomo a cui non resta altra misura che non sia il calcolo della distanza residua tra la caduta e l’impatto finale? Un calcolo che per Dario si riduce ormai a una sottrazione sugli estratti-conto del bancomat piuttosto che sul calendario. Secondo un personaggio de La domatrice di Agatha Christie, c’è sempre un momento nella vita in cui ci tocca vedere le cose da un punto di vista rovesciato. Nell’appartamento vuoto il tempo di Dario si capovolge: quello stesso tempo che ne aveva scandito, spingendola sempre avanti, l’esistenza appagata e sicura di sé, alla ricerca di un nuovo scoop, con un improvviso scarto si rovescia, ed egli è costretto per la prima volta a girarsi indietro, a ricercarsi nella cartina muta di una memoria del sottosuolo che emerge, lenta e istantanea, dalle pagine dei suoi vecchi articoli. In sette giorni, brevi e smisurati come la creazione, Dario sperimenta un nuovo tempo; diverso da quello affannoso e volubile delle rotative e della rincorsa affannosa dietro la Notizia. Un tempo in apparenza statico, capace di custodire in realtà il segreto dinamismo interno di una metamorfosi, che implacabile lo riconduce suo malgrado a tornare controvoglia dopo molti anni nella sua terra di origine, in una Versilia sfigurata dalle speculazioni e dal turismo selvaggio e soprattutto al centro di sé, costringendolo a leggere in se stesso; non più per informare gli altri, ma per comprendere, principalmente se stesso e gli altri.

Contrariamente a quanto lascerebbe pensare una lettura di genere, questo libro non è soltanto un’autobiografia della nazione (in un anno, il 1993, segnato dalle stragi di mafia) affidata al meccanismo consolidato del noir. È la storia di un’anima, che infinite volte muore e rinasce. E in ciò consiste, a mio avviso, la sua qualità peculiare. Dario Corbo ha sperimentato nella sua caduta il costo e la vertigine della libertà come le Anime salve di de Andrè. Ha riconosciuto nel corpo di Nora, la presunta assassina a cui – reincontrandola e conoscendola veramente – sente ora di assomigliare e appartenere: lo stesso vuoto che lo ha sorpreso nella casa deserta dopo il crollo della vita precedente. E torna radicalmente sui suoi passi, riprendendo il viaggio. Come fa il tempo, che con la sua illusione di futuro non fa che riportarci, trasformati, dove già eravamo stati. La ragazza sbagliata è infatti la vicenda di un ritorno, arduo, incoerente, segnato da strappi e ripensamenti, come i moti imponderabili del cuore umano; inseguendo, in una «direzione ostinata e contraria», quell’unico punto incerto, possibile, a cui appoggiare una domanda, una solitudine, un’appartenenza.

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