Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Il Caso e la Scelta

La visione razionalistica dell’esistenza rovesciata da William Butler Yeats. In una poesia (tradotta da Roberto Mussapi e qui presentata in anteprima) che attinge al mondo della magia e dell’incanto. E che racconta dell’amore tra Salomone e Saba…

È in uscito in questi giorni il frutto di un lungo lavoro su un poeta fondamentale in assoluto e per la mia formazione e concezione della poesia. In anteprima assoluta i lettori di Succedeoggi ne leggono oggi una poesia, come sempre in Yeats svelante e sconcertante la visione ordinaria e razionalistica dell’esistenza. A cui non si contrappone un generico irrazionalismo, ma semplicemente il mondo della magia e dell’incanto, a cui la poesia attinge e che dalla poesia è nutrito.
Il mondo è oscurato dal razionalismo. Qualche anno dopo questa composizione, Thomas Stearns Eliot descriverà la sinistra e grottesca finzione di “Madam Sosostris, famosa chiromante”, donna anziana dal trucco disfatto, anticipante le attuali “operatrici dell’occulto”, a significare come la magia e il mistero nel mondo industriale, in particolare nel nascente Novecento, siano degradati.
Uomo nato nell’Ottocento e poeta del Novecento, Yeats non si concentra sulla visione del suo tempo, ma su quanto sopravvive, inesplorato, del passato. Salomone, il re simbolo della sapienza, non può essere tale se la sua sapienza non si fonde con la magia della donna, eterna, non degradabile nelle sue maschere corrotte, e l’unione tra sapienza e magia avviene attraverso l’eros, la coppia: «Mi sembra che l’amore, se è bello, è essenzialmente una disciplina, ma richiede tanta saggezza che l’amore tra Salomone e Saba deve essere stato duraturo, nonostante il silenzio delle sacre scritture», scriverà il poeta. Un amore che cerca brandelli di eternità.

 

Salomone e la maga

E così disse quella dama araba:

“La notte scorsa – sotto la luna selvaggia

ero distesa su un materasso erboso,

tra le mie braccia il grande Salomone –

all’improvviso gridai in una lingua ignota,

non la sua, non la mia”.

L’uomo capace di comprendere

tutto ciò che era stato detto, sospirato, cantato, ululato,

e miagolato, latrato, ragliato, bramito, pianto, cantato dal gallo, strillato,

rispose subito: “Un galletto

cantò dal ramo in fiore di un albero di mele

trecento anni avanti la Caduta,

e non ha mai più cantato fino ad ora,

e non l’avrebbe fatto ora se non avesse pensato

– essendo il Caso e la Scelta alla fine tutt’uno –

che tutto ciò che portarono il melo brigante

e questo sporco mondo non fosse altro che morte.

Colui che cantò l’eternità finita

pensò di averne cantato anche il ritorno.

Perché anche se l’amore ha occhio di ragno

per tirar fuori una pena appropriata

– anche se tutta la passione è nello sguardo –

per ciascun nervo e mette a prova l’amante

con le perversità della Scelta e del Caso,

e quando alla fine l’assassinio è compiuto

il letto della sposa è disperato,

– perché ognuno porta un’immagine immaginata

e trova lì un’immagine reale –

tuttavia il mondo ha fine quando queste due cose

benché diverse sono un’unica luce,

quando olio e stoppino bruciando sono uno.

Per questo l’altra notte Saba diede

una luna benedetta a Salomone:

“Eppure il mondo tiene”:

“Se è così,

il tuo galletto ci trovò in torto,

benché pensasse che valesse un canto.

Un’immagine forse è troppo forte

o forse non è forte abbastanza”.

 

“È scesa la notte, non un suono

nel sacro frutteto proibito,

se non un petalo che urta il suolo,

e non un respiro umano lì dentro,

tranne l’erba schiacciata dove abbiamo giaciuto,

e la luna si esalta di minuto in minuto.

O, Salomone, proviamo ancora”.

William Butler Yeats

(Da W.B. Yeats, Verso Bisanzio, a cura di Roberto Mussapi, Feltrinelli, traduzione di Roberto Mussapi)

 

 

 

 

 

 

 

 

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