Lidia Lombardi
Itinerari per un giorno di festa

La spada di Achille

Continua a prender vita il racconto per immagini custodito nella Domus Aurea. Grazie ai restauri sostenuti dalla svizzera Fondazione Isabel e Baltz Baechi, è ora la volta della Sala di Achille a Sciro dove gli affreschi del valente pittore Fabellus narrano del Pelide e della furbizia di Ulisse

Un nuovo tassello si è rivelato e mostra la Domus Aurea com’era. Racconta del lusso che Nerone volle profuso nella sua reggia di rappresentanza, una sequenza di padiglioni aperti sul verde e su giochi d’acqua, di fronte il lago artificiale che in seguito Flavio riempì con il suo Anfiteatro, il Colosseo. Ecco un altro piccolo e indicativo restauro delle decorazioni murarie di cui era cosparsa la Domus: aurea anche perché scaglie d’oro punteggiavano le vesti e i capelli dei personaggi affrescati. E nelle grottesche che li circondavano erano incastonate gemme, a moltiplicare gli effetti di luce a seconda della posizione dei raggi solari. Siamo nella Sala cosiddetta di Achille a Sciro, che adesso si aggiunge al percorso della Domus. In questo che era uno degli ambienti più amati da Nerone, attiguo alla Sala Ottagona – stupefacente invenzione ingegneristica per la volta a cupola, come il Pantheon – ora domina il buio, squarciato solo dalle lampade dei restauratori.

È l’effetto della damnatio memoriae che Traiano inflisse alla reggia: sopra vi costruì le sue Terme e murò le aperture sulle amenità arboree e floreali del luogo. Però il virtuosismo del pittore Fabellus, al quale Nerone commissionò gli affreschi della dimora, riemerge a seguito dell’intervento conservativo ultimato dopo cinque mesi di lavori. Egli dipinse sulla volta un episodio omerico: allorché Achille – nascosto dalla madre Teti nell’isola di Skiros per sottrarlo all’iniquo destino al quale lo avrebbe condotto la guerra di Troia per il suo vulnerabile tallone – viene smascherato da Ulisse con una delle sue proverbiali furbizie: il Laerziade fingendosi mercante reca alla reggia tra gli altri doni anche splendide armi e Achille, alla vista della spada, non resiste a svelarsi come aitante guerriero celato sotto vesti femminili. Abbandona i panni muliebri e impugna il brando. Negli altri campi geometrici della volta si alternano raffinati elementi vegetali, figure isolate, busti femminili alate, dionisiache scene di simposio.

La linea tratteggiata in bianco – proprio là dove Achille imbraccia scudo e spada – delimita il lavoro effettuato sull’affresco grazie a un finanziamento privato, centomila franchi svizzeri devoluti dalla Fondazione Isabel e Baltz Baechi che nella capitale ha già sostenuto interventi alle grottesche di Villa Farnesina, che proprio i dipinti della Domus Aurea ispirarono: la residenza neroniana fu infatti scoperta dagli artisti cinquecenteschi (Pinturicchio e Raffaello tra gli altri) che si calarono da un buco del terreno sovrastante (il Colle Oppio) nelle grotte che trovarono splendidamente affrescate anche con motivi geometrici e floreali dai quali derivò appunto lo stile delle “grottesche”. Ma a rendere ancora più corruschi i colori sulla volta c’erano anche pietre preziose. Lo ha confermato proprio l’intervento che vi stiamo illustrando: tra un incastro e l’altro di volute e riquadri sono evidenti piccole cavità ormai spogliate del loro originario riempimento di gemme.

Un altro tassello nella parte superiore di una parete – là dove terminava l’alto rivestimento di lastre di marmo – ha restituito roseo incarnato a una figura femminile, che doveva essere personaggio di spicco. «Per affrescarla è stato utilizzato il purpurissimum, pigmento derivante da milioni di molluschi triturati», spiega la restauratrice Claudia Fiorani. Costosi anche gli altri colori, il cinabro, il blu egizio, l’ocra rossa e gialla, le terre verdi. La foglia d’oro si spandeva ovunque, poi. Il percolamento dell’acqua dal giardino soprastante di Colle Oppio (che nel 2010 causò con l’infiltrazione delle radici di enormi alberi piantati nel Settecento e nel secolo successivo il crollo di alcuni grottoni della Domus Aurea e che ora si sta ridisegnando per eliminare ogni motivo di danno) ha fatto sollevare gli strati di colore e di oro, oltre a creare una coltre di calcare. «Per il restauro abbiamo usato agenti chimici e micro laser», spiegano i tecnici. Ma una cosa è certa, sintetizza Alfonsina Russo, direttore dell’appena costituito Parco Archeologico del Colosseo: «Questa sala, decorata con tanto sfarzo, era molto amata da Nerone, il quale per la sua Domus chiese agli architetti Celer e Severus di ispirarsi ai palazzi di Persepolis, con una sequenza di padiglioni fra giardini e specchi d’acqua».

La messa in sicurezza delle due porzioni di affresco «fa immaginare che cosa potremo ricavare dal restauro dei 30 mila metri quadrati di superfici decorate della Domus Aurea», anticipa il responsabile scientifico Alessandro D’Alessio. Prima però va risolto il problema del sovrastante terreno di Colle Oppio: 16 mila metri quadri divisi in 22 lotti, dei quali due già alleggeriti dalle piante secolari, impermeabilizzati e drenati. Altri otto lo saranno entro il 2019, grazie a un finanziamento Mibact di 13 milioni. Si sono fatti avanti ulteriori privati. Intanto Isabel e Balz Baechi (lei cantante, lui pittore) hanno regalato nell’anteprima di visita un brano di Monteverdi, eseguito dal soprano Sabrina Mayer e da Simone Colavecchi alla tiorba sullo sfondo della Sala Ottagona. Dove non si faceva musica dai tempi di Nerone e della sua cetra.

(Immagini: tassello parete nord e tassello della volta – ©PAC-foto B. Angeli)

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