Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Da Bonvesin a Cucchi

Il poeta milanese traduce in italiano l’opera di Bonvesin de la riva, che nel XIII secolo, nelle “Tre scritture” (composto in nascente volgare), prefigurò l’aldilà prima di Dante: Inferno, Paradiso e l’interregno del sacrifico di Cristo

È un’impresa importante, questa, di Maurizio Cucchi. Ho sempre creduto e scritto che la voce del poeta non è solo la sua individuale, ma voce che ascolta, filtra, trasforma e crea altre voci. Ciò accade ogni volta che un autore scrive una poesia, attingendo a un territorio che non è solo suo. In alcuni casi poi la traduzione fa parte integrante di questo processo poetico: non la traduzione di servizio, ma quella in cui il poeta sente necessario dare la propria a un’altra voce. Qui Cucchi, mirabilmente, scrive una versione poetica di un’opera poetica, Le tre scritture, di un’importante figura della cultura milanese del XIII secolo, Bonvesin de la riva. Membro del Terz’Ordine degli Umiliati, è autore di una ricca produzione in latino e in volgare. E in quel nascente volgare scrive questo libro le cui tre scritture rappresentano l’Inferno (quella nera) il Paradiso (l’ultima, luminosa) e un interregno segnato dalla passione di Cristo (quella intermedia, rossa).
Non risulta se Dante abbia conosciuto questo e simili poemi riguardanti visioni dell’aldilà, genere diffuso in quei tempi a opera soprattutto di predicatori, non esiste qui il Purgatorio, ma una zona intermedia del sacrificio di Cristo, e questa, come altre visioni, è distante dalla concezione dantesca della netta separazione tra i mondi. Qui Inferno e Paradiso sono connessi alla vita terrena, ma certo lampeggiano in forma di visione pullulante di vita.
Veramente emozionante l’impresa di tradurre questo volgare nascente e quindi non ancora lingua italiana a tutti gli effetti, in lingua italiana di oggi. Il risultato poetico di Cucchi è impeccabile: poesia italiana, piena, nel clima e nel respiro e nella tensione dell’originale.
Il volume mondadoriano dello Specchio Visioni dell’aldilà prima di Dante raccoglie opere, oltre che di Bonvesin, di Giacomino da Verona, Uguccione da Lodi, Pietro da Barsegapè: nelle versioni di tre poeti di oggi, rispettivamente, a parte Cucchi, Mary Barbara Tolusso, Giorgio Prestinoni, Fabrizio Bernini. Versioni poetiche riuscite, in un libro che apre un capitolo della nostra storia letteraria in una lingua poetica di oggi.
Fondere il passato con il presente è compito poetico primario, essenziale, come canta Walt Whitman. È uno dei doni più rilevanti e riconosciuti di Cucchi, poeta in toto, dal Disperso e, come ora sappiamo, anche da prima. Oggi è anche la voce di Bonvesin, ben coadiuvato dagli altri tre poeti.

 

 

Scrittura nera

In questo nostro libro tre sono le scritture:

la prima è proprio nera e di grande paura,

la seconda è rossa, la terza è bella e pura,

e lavorata in oro perché dolcezza narra.

 

Questa scrittura nera dirà di quali sorti:

da quando nasce l’uomo della vita e di morte,

delle dodici pene d’inferno il male forte.

Dio non ci faccia mai entrare in quelle porte.

 

La rossa si determina dalla passion divina,

dalla morte di Cristo figlio della regina.

La dorata dirà della corte divina,

delle dodici glorie di quella terra fina.

 

Di queste tre scritture volentieri diremo,

della scrittura nera diremo ora la sorte,

chi allora leggerà con il cuore e la mente,

piangere e sospirare amaramente.

Bonvesin de la riva
Versione poetica di Maurizio Cucchi

 

 

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