A proposito di "Come non letto"
La strada dei classici
“Oliver Twist”, “I miserabili”, “Guerra e pace”, Alessandro Zaccuri costruisce un percorso critico nella letteratura, guidando per mano il lettore fra trame e personaggi
In Literary theory and translated literature il linguista André Lefevere definisce «refracted texts» quei compendi di opere che si fanno spazio all’interno delle tradizioni o dei canoni attraverso riscritture multiple. È il caso, per esempio, del modo in cui i lettori possono conoscere le storie dei classici incontrandoli in diverse localizzazioni, pur non avendo mai letto gli originali. In francese potrebbero chiamarsi raccourcis ed è un genere, di “scorciatoia” appunto, che sta prendendo una piega seria — si pensi a Il Don Chisciotte di Pietro Citati di qualche anno fa — nel dibattito critico odierno, che cerca così di avvicinarsi al pubblico senza perdere i crismi della “scientificità”, termine poco felice ma assai indicativo. Come non letto (Ponte alle Grazie, pp. 194, 14 euro) è il nuovo saggio di Alessandro Zaccuri, articolato in dieci capitoli più uno, nei quali vi è un’intelligente analisi di altrettanti classici in prosa della letteratura mondiale, soprattutto dell’Ottocento, accompagnati da una macroarea tematica che ne stigmatizza la suggestione più o meno latente. La città per Oliver Twist, la giustizia per I miserabili, la storia per Guerra e pace e via discorrendo.
Ma Come non letto è anche qualcos’altro: è il nesso “impreveduto”, direbbe Montale, tra letteratura e solidarietà. Sì, perché la prima non è detto che non abbia una finalità pratica. Infatti, il titolo del saggio rimanda ad alcuni incontri pubblici, tenuti da Zaccuri, con un concreto progetto di assistenza per i poveri: lui racconta e interpreta, il pubblico porta in cambio la sua offerta materiale. «Non posso nascondere che Come non letto sia anche — ma non esclusivamente, spero — l’autobiografia di un lettore. Meglio: il tentativo di riscattarmi dal privilegio che mi è toccato. O ci restituisce qualcosa della nostra umanità, rendendoci capaci di intrattenere un rapporto più autentico con gli altri, oppure la letteratura è davvero, come si sostiene più spesso, un passatempo condannato all’estinzione».
Il fine di Zaccuri non è quello di stilare riassuntini per chi non conosce la trama dei libri. D’altronde, il sottotitolo parla chiaro, 10 classici + 1 che possono ancora cambiare il mondo. Oltre ad essere un genere a sé stante nella critica letteraria, come si è anticipato, quello del raccourci è un invito alla lettura, proposto in un momento in cui la cultura dell’immagine sembra abbia umiliato la cultura dell’immaginazione. L’essenza del romanzo è creare grandi, immortali affreschi di pensiero da cui attingere nella vita quotidiana. Perché abbandonare la salubre abitudine di leggere? Privandoci di essa e restando vincolati a ciò che l’immagine visiva (e non mentale) impone, perdiamo quel tratto di fantasia che rende l’esistenza immancabilmente più variegata, in un certo senso più avventurosa. Non a caso, Borges si vantava dei libri che aveva letto maggiormente di quelli che aveva scritto.
Lo stile in cui sono raccontati gli intrecci — con relative discrepanze o segreti — è fluido e accessibile, pur non perdendo di vista legami arditi (il contatto volutamente “anacronistico” con opere e forme contemporanee) e veri e propri paradigmi di critica del romanzo, snocciolati senza troppi complimenti (la «petizione di principio» e la «sospensione dell’incredulità» riferiti ad alcune azioni dell’ingegnoso hidalgo Don Chisciotte). Significativo è anche il continuum discorsivo tra un capitolo e l’altro, tra un romanzo e l’altro, che conferisce organicità a quello che potrebbe presentarsi benissimo come tentativo di storia del genere. Non mancano parallelismi “visionari”. «Tolstoj assomiglia a un proprietario terriero che ci abbia invitato a cena e che, per un motivo o per l’altro, continui a rimandare il congedo. Fuori nevica, la slitta è pronta, le pellicce preparate per i passeggeri, ma lui insiste, vuole che beviamo ancora un goccio, ha un altro spuntino da farci assaggiare. Dostoevskij è l’esatto contrario. Ci aspetta per strada, a qualche incrocio oscuro di San Pietroburgo, e ci invita a vagare per la città silenziosa, a contemplare la prospettiva Nevskij, ad addentrarci con lui nei vicoli più malfamati. Senza una meta, sperando nella protezione dei santi e affidandosi alla misericordia di Dio». O falsi ricordi con cadute della ritenzione mnestica: «Dostoevskij si assicura che la candela sia abbastanza lunga e di avere in tasca qualche altro fiammifero, dopo di che inizia a scendere anche lui. Non sa quanto duri quell’immersione, sa solo che a un certo punto la scala lo porta a uno spazio di terra battuta. […] La candela si spegne, restano solo i fiammiferi. Dostoevskij ne accende uno e intanto raccoglie da terra un sassolino. Lo butta giù e aspetta. Aspetta di sentire il suono della pietra che tocca il fondo del cratere. Aspetta. Aspetta ancora. […] Più ci penso, più mi convinco di essermi lasciato suggestionare da un bellissimo e durissimo romanzo del Novecento italiano, Le stelle fredde, con il quale Guido Piovene vinse il premio Strega nel 1970».
Il capitolo conclusivo è dedicato a George Perec e, in particolare, all’iper-romanzo La vita istruzioni per l’uso, scritto in ottemperanza ai principi dell’OuLiPo, il gruppo matematico-letterario fondato da Queneau e Le Lionnais con l’obiettivo di “restringere” la scrittura in forme potenziali.
L’opera di Perec, particolarmente prediletta da Zaccuri per aver restituito la narratio al romanzo dopo Joyce, resta la migliore dimostrazione di come la letteratura riesca a «decifrare la mappa che l’invisibile disegna attorno a noi». Che essa si leghi indissolubilmente al destino e alla vita — come fossero i termini di un’endiadi — ce lo ha insegnato Carlo Bo. Da parte sua Todorov ha aggiunto: «Siamo tutti fatti di ciò che ci donano gli altri: in primo luogo i nostri genitori e poi quelli che ci stanno accanto; la letteratura apre all’infinito questa possibilità d’interazione con gli altri e ci arricchisce, perciò, infinitamente». E, talvolta, quelli che ci sono accanto sono i più bisognosi. Allora la letteratura può anche dar da mangiare: come questo libro, i cui diritti saranno devoluti all’Associazione Nocetum di Milano.