Every beat of my heart, la poesia
Lopez lo sciamano, Lopez il giaguaro
È tra i maggiori poeti ispanoamericani del nostro tempo. Per lui il compimento del viaggio poetico è nella percezione del respiro cosmico, della visione magica e metamorfica dell’Altrove, dell’Anima dentro…
Santos Lopez, venezuelano nativo dell’Orinoco (1955), organizzatore – in tempi felici per il suo sventurato paese – delle straordinarie “Settimane di Poesia” di Caracas, è a mio parere uno dei maggiori poeti ispanoamericani del nostro tempo. La sua poesia, lucidamente visionaria, liricamente sapienziale, costituisce un caso straordinario: è rarissimo che uno sciamano (come un puro mistico) possa essere pienamente poeta. Misticismo e sciamanesimo bruciano la visione e il viaggio nel loro compimento, che nel secondo caso ha spesso scopi di guarigione.
La parola poetica, che indica coesistenza con il dramma del vivere, con quello che Piero Bigongiari definisce «l’inferno dell’effimero», rarissimamente è cercata e consentita come meta ultima di chi svolge pratiche mistiche o magiche. I versi degli Oracoli Caldaici, ad esempio, o certi Inni Orfici. Ma in Lopez la poesia è tale quanto la intendiamo noi discendenti di Saffo e Catullo e Leopardi: un compimento. Nel suo caso, la visione della coesistenza di più nature nell’uomo e la complessità non psicologica, ma ontologica della sua anima.
L’uomo che è stato giaguaro e che forse lo è ancora, in qualche parte profonda del suo essere, rappresenta una visione poetica inebriante della potenza dell’Anima: al contrario della Tigre di Blake, il visionario che vede la magia Altrove, nell’Altro, sulla linea di Ovidio delle Metamorfosi e Yeats, Santos Lopez la scopre Dentro. Ove esterno e interno coincidono nel respiro cosmico.
Giaguaro dalla testa ferita
Quando ero giaguaro bambino e attraversavo
la notte e il giorno con un solo Salto
Ero un giaguaro risplendente nel canneto.
Chi mi poteva toccare mi vedeva le vene,
le grosse macchie.
Ero soda materia nera con gocce d’oro.
Io giaguaro ero una morte invisibile che provocava
il delirio nelle prede, così danzavo, così mangiavo.
Intanto, il bambino che in realtà ero aumentava
il proprio riflesso.
Famelico e inesperto salivo sugli alberi,
correvo con la mia famiglia, mi spazientivo.
Da giovane ho continuato a essere un giaguaro,
mi feci più oscuro e segreto per le stelle.
Vissi in una grotta con troppi cranii,
come una grande costellazione.
Capii anche che il mondo era uno specchio.
(Poi non tornai a essere giaguaro.
E che oggi forse non lo sia?)
Ma so che oltre la vecchiaia
in qualche luogo c’è un giaguaro con la testa ferita,
che attende me per completare un viaggio.
Prima della parola, ritorno a casa,
nel silenzio.
Santos Lopez
(Da Cercatori d’acqua, Jaca Book, 2008, traduzione di Teresa Maresca e Roberto Mussapi)