Un romanzo di Dino Claudio
Dove nasce l’Arte?
Al centro di “Incontri nella nebbia” dello scrittore molfettese la meditazione sulle origini dell'ispirazione. Con la grande bellezza di Roma sullo sfondo, molti i temi che si intessono nella trama: una detection non d’occasione, il tema del doppio e quello del legame tra letteratura e vita, che rimanda a Pirandello…
Convince e avvince la più recente fatica letteraria dello scrittore molfettese Dino Claudio. Edito per i tipi di Genesi, con una lucida prefazione di Sandro Gros-Pietro e con l’ottima scelta di un dipinto di Ippolito Caffi in copertina, il romanzo Incontri nella nebbia coniuga sapientemente felicità dell’inventio ed eleganti qualità dello stile. Molteplici gli elementi che contribuiscono a tesserne l’ordito. In incipit assistiamo alla rivelazione del motivo del viaggio del protagonista, che approda a Roma per incontrare un editore con cui collabora come illustratore. Nella fattispecie, gli è affidato il complesso incarico di ideare la copertina per l’opera di un autore tedesco, Friedrich Hansen, che in realtà si firma con un nome italiano, Stefano Urbani, e nega decisamente che quest’ultimo sia un semplice pseudonimo.
Lo strano legame tra le due identità dell’artista suscita l’inchiesta dell’io narrante, peraltro “risolta” già a metà narrazione, e ben più consistente di una mera detection d’occasione. Al centro di Incontri nella nebbia, infatti, si colloca la profonda meditazione sulle origini dell’ispirazione e dell’Arte. Si tratta di un fenomeno meramente fisiologico, che può pertanto riprodursi in maniera analoga in più individui, o cos’ancora si cela dietro questo complesso mistero ch’è la creazione artistica?
Complice la nebbia, che sembra aver stretto con il protagonista «un patto segreto», gli incontri che da essa germinano e in essa si risolvono, «tra fughe vellutate di ombre», finiscono con il rievocare tante creature care alla musa del Claudio. Il femminino stravolto, offuscato e allo stesso tempo esaltato dalla follia, di Lilla; la sensualità dirompente di Diana, che nasconde un anelito al materico degradarsi; l’animalesca e lubrica figura della dirompenza, l’enigmatica contessa, che – come altri personaggi femminili di Tardone o, soprattutto, dell’Alba dei vinti – nel fisico disfatto dall’obesità incarna il costante stravolgimento delle regole morali e il cedimento alla lussuria.
Molti sono i temi e i motivi che affiorano nel romanzo. In maniera originale viene declinato il tema del doppio, già sviscerato nella saggistica di Otto Rank e da Edgar Allan Poe, per citare solo un esempio, mirabilmente trattato nella vicenda di William Wilson. L’anelito metafisico è onnipresente nella produzione di Dino Claudio sino al più recente La tempesta invisibile, tensione che il protagonista ha visto gradualmente e apparentemente affievolirsi dopo la stagione dell’infanzia e che riemerge, possente, tra le maglie del Natale romano insieme all’orgoglioso risentimento di chi vede traditi nel presente gli antichi ideali connessi a quel momento religioso, continuando tuttavia a sperare (cito Sandro Gros-Pietro) in uno «sbocco conclusivo di palingenesi e di salvazione».
È costantemente richiamato il legame letteratura-vita, che emerge nel ricordo di Pirandello e della sua Arte. Esso affiora soprattutto nella sequenza della seduta spiritica, ma le memorie di stilemi pirandelliani percorrono l’intero romanzo. Non mancano le reminiscenze dantesche (il cane della Contessa è solo uno dei tanti casi) e ricorre anche il motivo dell’ulissismo, che, nella visione di Dino Claudio, appare «simbolo di tormento che sempre si accompagna a chi ricerca il vero».
Un fil rouge che idealmente abbraccia questi incontri nella nebbia è il loro stagliarsi nello splendido paesaggio romano, che, con il suo tesoro di storia e di storie, è vero protagonista dell’opera: un esempio su tutti è costituito dalla bella descrizione di Trinità dei Monti o da quella del Nume tiberino (così Claudio, a buon diritto, definisce il Tevere). Dino Claudio intesse insomma una profonda meditazione sulla forza dell’Arte e della Letteratura, che, a dispetto delle logiche meschine e offuscanti dell’establishment dell’industria culturale, possono ancora condurre alle «porte del sogno».