Itinerari per un giorno di festa
Le pietre della storia
Passeggiata tra le Pietre d’inciampo, le piccole targhe che Gunter Demnig, artista tedesco, cementa ogni anno nel marciapiede prospiciente il palazzo dove vissero i deportati nei campi di concentramento che non sono mai più tornati
Questo non è un itinerario ameno, di scorci paesaggistici o di prodigi artistici. È un tour della Memoria, e insieme della Storia, quella che sfugge ai manuali, quella minima, di gente il cui nome resta sconosciuto ai più, perché si confonde nella massa di soggetti che la Storia l’hanno subita. È una passeggiata a Roma che ha per tappe sampietrini con la superficie d’ottone sistemati davanti ad anonimi condomini, in tutti i rioni, in tutti i quartieri. Sono le Pietre d’inciampo, ovvero le piccole targhe (hanno la dimensione di un sampietrino, 10 cm per 10) che Gunter Demnig, artista tedesco, cementa ogni anno nel marciapiede prospiciente il palazzo dove vissero deportati nei campi di concentramento e mai più tornati. Vittime per motivi razziali, militari, politici. Nomi che riaffiorano, insieme alla data di nascita, al luogo e data della deportazione e, se si è mai conosciuta, quella di morte. Talvolta le Pietre d’inciampo sono parecchie, sullo stesso marciapiede. Perché fu strappata alla città e agli affetti un’intera famiglia.
Demnig ha fino ad oggi installato 50 mila sampietrini d’ottone in tutta Europa. Cominciò Colonia nel 1993 quando fu invitato per un’installazione sulla deportazione di cittadini rom e sinti. Ma una signora obiettò che a Colonia non avevano mai abitato rom. Allora Demnig, che adesso ha 69 anni, cominciò a fare ricerche. Dalla sua acribia sono derivate le notizie sugli scomparsi: ebrei, politici, rom, omosessuali. Testimoniate appunto dagli Stolpersteine. Oltre che in Germania, ne ha posizionati in Austria, Ungheria, Ucraina, Cecoslovacchia, Polonia, Paesi Bassi, Belgio. In Italia ha cominciato nel 2010, con un appuntamento annuale che cade sempre attorno a questi giorni. La spesa dei sampietrini è finanziato da iniziativa privata. Ciascuno costa 120 euro, è un fiore perenne che chi vuole ricordare un amico, un parente, anche una persona non conosciuta direttamente ma della quale il quartiere conserva memoria può prenotare attraverso uno “sportello” dedicato, attivo presso la Biblioteca della Casa della Memoria. A curare la cerimonia dell’installazione è Adachiara Zevi, che nel sito web nota: “L’inciampo non è visivo ma fisico e mentale, costringe chi passa a interrogarsi su quella diversità e agli attuali abitanti di quella casa a ricordare quanto accaduto in quel luogo e a quella data, intrecciando continuamente il passato e il presente, la memoria e l’attualità. Gli Stolpersteine sono un segno concreto e tangibile, ma discreto e antimonumentale, che diviene parte della città”.
L’altro ieri Demnig è tornato a Roma per la posa di nuove 24 Pietre d’Inciampo. Ecco quella in via di Porta Pinciana 6. Qui abitavano Ida Luzzatti, 62 anni, ed Elena Segre, la figlia. Furono prese il 16 ottobre del ’43. Invano il portiere dello stabile, Carlo Lorenzini, cercò, insieme con la moglie, di non farle catturare. Appena arrivate ad Auschwitz, il 23 ottobre, furono uccise. Al fratello di Elena, Mario Segre, epigrafista classico, rimanda il sampietrino d’ottone di via Omero 14. E’ la sede dell’Istituto svedese di studi classici. In quel macabro 1943 il direttore, Erik Sjoqvist (tra gli archeologi che scoprirono il sito di Morgantina, in Sicilia) tentò di salvare Mario Segre e la sua famiglia – la moglie Noemi Cingoli e il figlioletto Marco – nascondendoli nei condotti di ventilazione. Non servì, perché a causa di una spiata furono trovati e portati dove Elena e Ida li avevano già tragicamente preceduti.
In via Livorno 27 un’altra storia di coraggio e crudeltà. Ci abitava Clementina Sacerdote, 81 anni, malata. Un ragazzo cercò invano di proteggerla. I tedeschi la condussero via. Fu eliminata a Birkenau lo stesso giorno della sorella e della madre di Segre.
In via Sant’Angelo in Pescheria Angelo Sed fu venduto ai nazisti da un delatore. In viale Trastevere 114 un’intera famiglia – Colomba Di Segni Fiorentino con i figli Leone, Fortunata e Lello – fu prelevata e sterminata ad Auschwitz. In via dell’Acqua Bullicante, n. 21, un gruppo di falegnami – Renato Cantalamessa, Egidio Chechi, Orazio Corsi, Mario Passerella, Alessandro Portieri, tutti partigiani – furono traditi da un profugo polacco. Li martirizzarono alle Fosse Ardeatine.
Tra i 114 indirizzi in cui Demnig in otto anni ha installato Pietre a Roma, quello in via Urbana 2, raggiunto nel 2012. Ricorda don Pietro Pappagallo, il sacerdote che durante l’occupazione nazista di Roma dette asilo ai perseguitati “di ogni fede e condizione”: denunciato da una spia tedesca, fu arrestato, condannato a morte e assassinato alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944. Il sampietrino è stato commissionato da don Francesco Pesce, parroco della chiesa Santa Maria ai Monti, che fu sede della Confraternita dei Catecumeni e Neofiti fino alla chiusura del ghetto romano. Poco più in là, in via Madonna dei Monti, 20 sampietrini sono in memoria dei familiari di Giulia Spizzichino, assassinati ad Auschwitz e alle Fosse Ardeatine. Nel primo Municipio alcune altre tappe della Memoria sono nelle vie dei Fienili 66, di Santa Maria del Pianto 10, della Reginella 27, del Portico d’Ottavia 9, di viale Giulio Cesare 71 e viale delle Milizie 140. Ovviamente il record nel Ghetto e zone limitrofe: via Arenula, via dei Giubbonari, via dei Cerchi. Per non dimenticare.