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Il surf e la Storia
La disperazione secondo Don Robertson, le Azorre di Niccolò Agliardi, il falconiere di T.H. White e il cuoco del passato di Andrea Biscaro: quattro storie da leggere
Disperazione. Settantenne, ex camionista, cittadino di un Texas rozzo e volgare, padre di un ragazzo di 17 anni per meningite spinale, perennemente al capezzale della moglie malata terminale di cancro. Peggio di così! Ecco Herman Marshall e così viene sempre chiamato dall’autore, Don Robertson, (1929-1999), osannato da Stephen King che lo considera il più grande degli scrittori non così noti in America. Il suo è un libro che corre sui fili della memoria (L’uomo autentico, Nutrimenti, 304 pag., 19 euro) con «una voce esausta e sbiadita». Malgrado tanto dolore e tanto squallore ambientale, Robertson racconta il passato della coppia in modo talvolta esilarante, con una lucidità di particolari che non risparmia nessuno.
Soprattutto quelle frequentazioni al Top of the world (un nome che è la dice lunga) assieme ad amici e non, tutti anziani, rancorosi e lamentosi oppure sulla scia di ricordi belli o inventati. Eppure c’è anche chi, sapendo poco di lui, gli «invidia la stabilità di vita». Hermann, bastonato da tutto e tutti, si troverà alla fine in una situazione disperata. Scrive l’autore: «…non sapeva che cosa lo avesse portato fino a quel cimitero di Houston, a un evento che forse la fine del mondo, ma forse non avrebbe dovuto farsi quella domanda; forse per questo non era mai riuscito a imparare troppe cose sul paradiso. Eppure ci credeva». L’andatura linguistica del romanzo è tipicamente americana, paragonabile al modo dinoccolato con cui i texani camminano. Ottima la traduzione (Nicola Manuppelli).
Surf. Diceva Jack London che il surf è “uno sport da re”. Ci si sente invincibili. Il trentaduenne Pietro, raggiunge un’isola delle Azzorre, dopo la morte del padre. E qui fa amicizia con Vasco, 19 anni, figlio di un’italiana e di uno locale. L’isola è stata devastata da una montagna cocaina, caduta in mare dalla barca di un contrabbandiere (italiano). Le vite dei due s’intrecciano, nasce una fraterna amicizia. Ce lo racconta Niccolò Agliardi e lo fa con un linguaggio scattante e profondo (Ti devo un ritorno, Salani, 212 pag., 14,90 euro). Si scopre che il disastro droga, che provoca morte e malattie («attacchi di dissociazione ed emotività bulimica»), non è fantasia: è realmente avvenuto. Il protagonista prende confidenza con la solitude, che è insieme tormento e «gloria». Nel suo bagaglio sentimentale oltre il ricordo vivido del padre c’è quello di un ex fidanzata. Scrive l’autore:«Perdere un padre è come cadere a terra perché qualcuno ti ha tolto improvvisamente la sedia su cui eri seduto.». E ancora:«Lo volevi comprensivo, invece lo hai avuto autoritario. È stato tenero e doveva essere feroce, ha detto di no e avrebbe dovuto dire sì…». L’amicizia Pietro e Vasco avrà sviluppi fortemente emotivi. Sullo sfondo devastato dalla cocaina («la bamba»), con gente “fatta” e criminali.
Il rapace. Addestrare un falcone crudele che gracida “gic, gik,” è l’impresa dello scrittore T.H. White, molto noto per aver raccontato la leggenda di re Artù e varie saghe cavalleresche (Disney ne trasse cartoons). È una storia autobiografica (L’astore, Adelphi, 201 pag., 18 euro). Un lavoro/passione non facile, soprattutto se vuole intuire il significato dei suoi sguardi. Ma lo fa, a costo anche di passare notti insonni. Un intento che ha un significato anche storico e culturale visto che far volare i rapaci coincide, secondo alcuni, con la nascita della stessa Inghilterra. L’uccello che viene chiamato “l’aristocrazia dell’aria” è crudele, selvaggio, testardo. Ma alla fine accetta la mano del narratore come posatoio e pare comprenda la fisionomia umana, tra scatti d’ira e di mansuetudine. L’addestratore, per riuscire, sa di dover diventare “schiavo, bambinaia e lacchè”. Rapporto di amore e odio.
Il banchetto. È da un po’ di anni che il romanzo storico riscuote successo di pubblico. Si sente dire: ”La trama è appassionante e in più si impara qualcosa”. Altrettanto di moda è la cucina. Tra programmi tv, libri di cucina, inserti nei giornali pare che gli italiani sognino soprattutto di stare ai fornelli. Un’ondata un po’ nauseante. Il ferrarese Andrea Biscaro (ne Il cuoco dell’Inferno, Meridiano Zero, 235 pag., 18 euro) ha impastato i due elementi, raccontando di un grande banchetto al Palazzo dei Diamanti, dove svetta il duca Ercole I, cui spetta il merito della riorganizzazione urbana. Cibo ottimo e abbondante, musica, allegria. Finché non bussa un uomo misterioso, a conoscenza di un segreto. Scrittura fluida, senza troppe ambizioni stilistiche. Peccato che nelle note biografiche si elenchi chi ha fatto prefazioni ai libri di Biscaro, che è anche cantautore e ghostwriter. Ma che bisogno c’era?