Every beat of my heart, la poesia
Nel nome di Elena
Per Properzio la bellezza della moglie di Menelao, «…colei che fece gonfiare mille vele» come canta Shakespeare, spiega e giustifica la guerra di Troia. Una male necessario che si consuma in nome dell’inafferrabilità ultima dell’essere femminile
Elena non è una solo una donna, è la quintessenza della donna e della sua bellezza. Elena appare all’origine dell’Occidente come una bellezza assoluta, leggera, incolpevole del suo volubile amore. Non è inclusa da Alighieri tra le grandi, meravigliose seduttrici dell’antichità, Semiramide, Cleopatra, non rappresenta la sensualità esaltante e esotica, ma l’inafferrabilità ultima dell’essere femminile.
Per lei, sappiamo, si scatena la guerra di Troia, il mito di fondazione dell’Occidente, il conflitto tra la Grecia e la Tracia; da quella guerra nasce la tradizione ettorica della poesia. Morto eroicamente il resistente troiano Ettore, bruciata la città, fatte schiave le donne nobili, mentre Agamennone, il tronfio capo degli Achei salpa per il ritorno ad Argo, portando come schiava la nobile Andromaca, moglie di Ettore, e incontrerà una fine atroce, un nobile troiano fugge, esule, verso una terra promessa detta Italia. Da Enea e dal suo viaggio nasce il nostro paese, sognato da un esule troiano. Altri grandi poeti greci e latini, oltre al magnifico Properzio, scrissero versi giustificanti la guerra, da entrambe le parti. Essendo scaturita per il possesso e il miraggio di Elena. Il Vello d’oro, la pietra filosofale, il sogno ultimo in un corpo e un volto e una voce di donna.
Shakespeare la evocherà con la stessa, magnifica, immagine dell’amico-rivale Christopher Marlowe, in cui Elena è il sogno folle del dottor Faustus che ha venduto l’anima al diavolo: «Elena, colei che fece gonfiare mille vele».
Un tempo mi stupivo perché una guerra così lunga
d’Europa e d’Asia davanti a Pergamo
fosse stata causata da una donna.
Adesso comprendo, siete stati saggi,
Paride e Menelao, tu a rivolerla,
tu a non volerla cedere.
Fu così bella che valse la pena
che in suo onore Achille morisse,
e Priamo lodasse la causa della guerra.
Properzio
(Traduzione di Roberto Mussapi, in Tanti baci ci vogliono a baciare, Salani Editore)