In scena all'Opera di Roma
L’opera danzata
Grande successo per Dido & Aeneas di Henry Purcell secondo Sasha Waltz tra danza e opera. Uno spettacolo che ricrea antiche suggestioni grazie a un equilibrio perfetto tra i linguaggi
Soltanto quattro rappresentazioni, in quattro sere consecutive. Ma per uno spettacolo magnifico, con sala gremita e successo strepitoso ogni volta. Il Teatro dell’Opera ha ospitato, sul suo palcoscenico romano come anteprima del Romaeuropa Festival 2016, un superbo allestimento di Dido & Aeneas (Didone ed Enea), opera del 1689 di Henry Purcell, maggior compositore inglese del secolo XVIII. Il libretto, che fu creato da Nahum Tate, è ispirato all’episodio narrato da Virgilio nel libro IV dell’Eneide. Dopo pochissime recite a fine Seicento, il capolavoro di Purcell ha attraversato un oblìo di due secoli, per poi riemergere e imporsi all’attenzione nel Novecento. La partitura è giunta a noi fortunosamente, priva della musica per il prologo, ed è oggi assemblata in più di un’edizione, nessuna delle quali prevede gli inserti di danza, che all’epoca molto probabilmente accompagnavano o si alternavano al canto.
Ecco quindi che la peculiarità dell’attuale messa in scena, che dal 2005 circola con grande successo, è soprattutto nella firma della grande coreografa tedesca Sasha Waltz. Su suo incarico, il compositore Attilio Cremonesi, profondo conoscitore del repertorio barocco, è riuscito a cucire una musica per il prologo, usando brani da altri lavori dello stesso Purcell, e riorganizzando con criteri analoghi alcuni momenti successivi, per favorire lo sviluppo di movimenti e danze. Perciò questa Dido & Aeneas dura più dell’oretta originale, ma soprattutto è caratterizzata da coreografia e regia di Sasha Waltz, che ha costruito un’elegante, splendida rilettura, basata sulle idee e sugli interpreti della sua compagnia di danza contemporanea, Sasha Waltz & Guests, in coproduzione con Staatsoper “Unter den Linden” di Berlino, Gran Teatro di Lussemburgo, e Opéra di Montpellier.
Stupefacente il prologo, in piena sintonia con il gusto barocco del meraviglioso. Un’immensa piscina trasparente occupa l’intero boccascena, e in essa ben presto si tuffano i danzatori, disegnando raffinate evoluzioni che evocano il mare, l’importanza dell’acqua, i chiaroscuri dei bassorilievi greco-romani. E da lì in poi prende quota “un’opera coreografica”, concepita cioè sull’intreccio di espressioni diverse, tutte però cadenzate e sospinte dai disegni che assumono le danze. Danze che immancabilmente accompagnano il canto, doppiandolo coreuticamente, e traducendo in movimento i rispettivi slanci testuali e musicali. Per cui ogni personaggio principale presenta due interpreti, uno per la parte vocale e uno per quella danzata. Alto il livello del cast vocale, composto dal mezzosoprano Aurore Ugolin, Didone, dal baritono Reuben Willcox, Enea, dai soprani Deborah York, Belinda, e Céline Ricci, seconda donna.
Impressionante e al contempo delicato, come s’è detto, l’impatto della scenografia, disegnata da Thomas Schenk e Sasha Waltz, con luci di Thilo Reuther e raffinati costumi di Christine Birkle. Il tutto si dipana in un’atmosfera di palpitante poesia che, anche nei movimenti di due acrobati in un trapezio volante, avvolge ogni passo della vicenda e, occorre sottolinearlo, onora degnamente tanto l’archetipo virgiliano quanto l’opera di Purcell. E ciò grazie anche alla perfezione della resa musicale, affidata all’orchestra dell’Akademie für Alte Musik e al coro Vocalconsort (un coro che in scena si muove perfettamente, proprio come i nostri…) di Berlino, davvero infallibili sotto l’espressiva, duttile concertazione e direzione di Christopher Moulds.