Al Napoli Teatro Festival
Animali metropolitani
Carlo Cerciello e Imma Villa hanno messo in scena mirabilmente “Animali notturni” dello spagnolo Juan Mayorga. Uno spettacolo sul rapporto tra cultura e subculura, tra potere e schiavitù
Reduce dal successo con Fedra al Teatro Greco di Siracusa, Carlo Cerciello ritorna in patria partenopea con Animali notturni di Juan Mayorga, un progetto firmato per il Napoli Teatro Festival Italia. Protagonisti mirabili: la sua musa prediletta, Imma Villa, Lello Serao, Luca Saccoia, Sara Missaglia. Una città metropolitana in miniatura simbolo di un luogo non definito né definibile, perimetrata da binari con trenino elettrico, forma la scena. L’esterno diventa interno. Il gioco luci crea mini appartamenti in scale congiunte e gradini. Agli opposti due coppie senza nomi qui identificate come ‘alta’ e ‘bassa’. Aggettivi ingannatori poiché riportano inevitabilmente alla statura degli stessi, ma in realtà altezza e bassezza sono sinonimi di cultura e subcultura; di potere e schiavitù. Di sentimenti immersi nella falsa e farsa volontà di uscire dall’apatia sociale che li contraddistingue.
La coppia bassa è formata da un uomo che soffre il fatto di non essere colto. Sua moglie è una svampita vittima dell’insonnia che trascorre tutto il giorno davanti alla televisione. La coppia alta è invece giovane, colta, innamorata (apparentemente), ma extracomunitari senza permesso di soggiorno. Lui lavora come infermiere in un ospedale, lei fa la traduttrice. Lui diventa bersaglio dell’uomo basso il quale con modi gentili lo “abborda” confessandogli di averlo da tempo spiato perché affascinato dai libri che legge. Vuole che gli racconti tutto, che diventi il suo migliore amico, che alla prima chiamata lui debba correre per tenergli compagnia. Anche di notte, se lo desidera perché è proprio di notte che gli animali – metafora degli uomini – escono alla luce.
La richiesta diventerà presto obbligo quando l’uomo basso confesserà all’alto che ciò che chiede non necessita della sua approvazione: deve farlo e basta, perché altrimenti non esiterà a denunciare che è senza permesso di soggiorno. All’uomo alto non resta altra via di scampo. Tuttavia, crede che proprio con la sua cultura riuscirà a domare e dominare l’uomo basso, che invece si rivelerà furbo, ma di quella furbizia infima, sporca, figlia del potere. Un potere, non conta se piccolo o grande, in entrambi i casi se male usato è sempre pericoloso tanto da nuocere la vita di coloro ai quali spesso non resta che soccombere.
Lo spagnolo Juan Mayorga è considerato uno dei drammaturghi più rappresentativi della generazione dei cinquatenni. Nonostante la traduzione di Adriano Lurissevich presenti alcune falle che ostacolano la linearità testuale, il messaggio di Animali notturni diventa esplicito grazie alla perfetta costruzione registica di Carlo Cerciello, in cui il noir ed un certo eros di chiaro stampo Pinteriano (vedi il forte richiamo a L’amante quando la donna alta s’inventa storia di uomini che la corteggiano per evadere dalla monotonia della sua vita di coppia e stuzzicare una qualche reazione del marito), sono resi in una recitazione fatta di sospensioni, pause, silenzi, battute sincopate, fermo immagini e movimenti sincronizzati quando le coppie si scambiamo gli interlocutori; di contro alle conversazioni fluide tipiche della commedia borghese Pirandelliana, quando a parlare sono marito e moglie nel loro interno inteso prima come sentimento, e poi mura domestiche.
Interessante allora diviene questo sposalizio tra le diverse modalità recitative quando Cerciello mette a confronto i quattro protagonisti che danno vita così ad un grande gioco delle parti, in cui non si comprende più chi è la vittima e chi il carnefice; né se le motivazioni che spingono tutti ad agire sono spregevoli o suscitano pietà. L’orchestrazione dei dialoghi è il punto forte in questo allestimento in cui il bianco sterile della scena di Roberto Crea, le ombre/luci di Cesare Accetta, la musica creata su melodie multilivello che fondono la parte pianistica e strumentale con sonorità distorte ed accessi di rumore bianco di Paolo Coletta, tutte unità unite alla regia geometrica di Cerciello, esaltano l’inquietante aspetto provocatorio del testo, valorizzandone il contenuto etico-psico-sociale. L’emigrazione, la finta accoglienza, l’apartheid in cui questi ultimi spesso vengono relegati, diventa metafora di una solitudine esistenziale in cui il pretesto delle coppie insoddisfatte è sinonimo della precarietà e bruttura dei rapporti umani. Oramai divenuti disumani, demerito della logica del potere.
Ottima la prova attoriale dei quattro protagonisti: Lello Serao che ha bene incarnato in maniera inquietante e viscida l’essere pietoso dell’uomo basso; Imma Villa, unico personaggio che ha strappato sorrisi a metà tra l’umorismo ed il grottesco; Sara Missaglia che ha reso bene l’algidità di moglie trascurata e Luca Saccoia perfetto nella parte dell’emigrato ricattato, rendendo al meglio i sentimenti di chi debole si trova vittima dei soprusi e del sistema.
Un improvviso black out ha costretto l’interruzione scenica per circa cinque minuti, sul finire dello spettacolo. Il lavoro è stato ripreso poco dopo dal punto stesso in cui era stato fermato da cause impreviste. La bravura degli attori è proseguita come se mai nulla fosse accaduto.