Anna Camaiti Hostert
Un nuovo saggio su una vecchia storia

Il carteggio mancato

Enzo Antonio Cicchino e Roberto Colella ricostruiscono la (pericolosa) avventura del presunto carteggio tra Mussolini e Churchill che sarebbe sparito per togliere d'imbarazzo gli inglesi. Ma, come dicono i due studiosi, la storia non si fa con i se e con i ma...

Uno dei misteri irrisolti più chiacchierati e studiati della nostra Storia più recente (e scrivo storia con la lettera maiuscola per lo stesso motivo per cui Mario Perniola, nel suo saggio Del terrorismo come una delle belle arti. Storiette, chiama le storie del dopoguerra “storiette” paragonate a quelle della guerra che possono invece rivendicare uno statuto di importanza fondamentale negli eventi che stiamo ancora oggi vivendo), è certamente il carteggio Mussolini-Churchill. Proprio di questo giallo ancora insoluto, perché l’epistolario non è mai stato ritrovato, si è occupato il prezioso e documentatissimo saggio di Enzo Antonio Cicchino e Roberto Colella intitolato Mussolini-Churchill Il carteggio Indagine su uno dei grandi misteri del Novecento ( Milano, Mursia, 2016). Ed è un susseguirsi di eventi, di personaggi (noti e meno noti nella storia della Repubblica italiana) appartenenti a tutte le ideologie e ai partiti politici, e di rivoli che in oltre settanta anni dai fatti in questione si disperdono in svariate direzioni.

Il ritrovamento del presunto carteggio tra i due capi di Stato influenzerebbe la Storia, le storie, le “storiette” e le vite di molti individui anche dopo quegli anni. E potrebbe certamente cambiare la considerazione sui percorsi degli eventi e i giudizi sui leader di quegli anni. Senza addentrarci nei particolari e senza fissare l’attenzione sui tanti personaggi che popolano il libro e si susseguono come detentori, anche se per brevi periodi di tempo, del suddetto carteggio, è importante precisare che la mole di lavoro, nel seppure agile volume di appena 198 pagine, è enorme e che l’esistenza dell’epistolario è evidente per le numerose documentazioni riportate proprio nel saggio. Purtroppo non ce n’è traccia da nessuna parte. Tra i personaggi che hanno contribuito a forgiare la nascita della Repubblica italiana e che sono stati interessati al carteggio incontriamo tra gli altri Alcide de Gasperi,  Palmiro Togliatti, Enrico Mattei, scrittori di grande popolarità negli anni ’50, come Giovanni Guareschi. E tra le istituzioni italiane, oltre alle diplomazie di mezzo mondo, c’è perfino quel Sifar (Servizio Informazione Forze Armate) che in seguito è divenuto noto per essersi macchiato di tentativi di deviazione da quella strada democratica imboccata dopo il 1945 con l’avvento in Italia di una Repubblica basata su una nuova Costituzione ed espressione di tutte le forze politiche che contribuirono a liberare il paese dalla dittatura. Un mistero dunque che non si riesce a spiegare a dispetto dei tanti testimoni e di così grande importanza.

Come può essere svanito nel nulla un carteggio così rilevante e soprattutto “cui prodest”?

yalta churchillIl libro si apre con una scena drammatica di sapore cinematografico neorealista in cui una donna indifesa di cui non conosciamo il nome è prigioniera di militari di cui non sappiamo nulla. Siamo nel 1945. Alla donna, risparmiata da una prima sventagliata di mitra che invece uccide molti altri uomini, viene chiesto dove si trovi il padre. Ribadisce tra le lacrime che il padre è morto e alla minaccia che la volta successiva non si salverà a meno che non riveli dove si trovino il genitore e certi documenti, la donna reagisce con stupore. “Non capisci? Vogliamo le lettere!” urla il militare di alto rango. La donna è attonita e chiede del figlio. Le viene risposto che verrà ucciso se non farà le rivelazioni che le sono state chieste. Si raccomanda al colonnello che senza un’emozione continua a chiederle delle lettere a cui la donna non sa cosa rispondere. All’ordine di far entrare quelli della Muti, otto per l’esattezza, (la Legione Autonoma Mobile Ettore Muti si rese responsabile di uccisioni e torture di partigiani e cittadini comuni accusati di tramare contro il fascismo repubblichino cioè quello della Repubblica di Salò, quello più cruento) e di schierarli accanto a lei, la donna appare ancora più incredula. Arriva di nuovo il comando di fare fuoco e tutti intorno a lei si accasciano, mentre lei sopravvive ancora terrorizzata da quello che ha appena visto e dalla possibilità di un altro interrogatorio. “Sventurata. Non sapeva, la povera donna, le ragioni di quelle fucilazioni: s’era imbattuta nelle insidie del carteggio Churchill!”. Cosi si apre il saggio lasciando intendere che molte saranno le scie di sangue dietro a questo carteggio.

Nel capitolo finale del saggio intitolato Che cosa è rimasto? gli autori citano le parole dello storico svizzero Paul Gentizon a proposito del carteggio. “Certe documentazioni sono cadute nelle mani di chi aveva più interesse a celarle che a ostentarle… Il vero tesoro di Dongo era l’archivio segreto che conteneva la massa selezionata, secondo gli ordini stessi di Mussolini, dei documenti più importanti conservati in quella che si chiamava la sua Segreteria particolare. Molti concordano nell’affermare che essa conteneva tra l’altro, l’importante corrispondenza scambiatasi tra Mussolini, Churchill, MacDonald, Laval, Roosevelt, De Jouvenel… Una parte delle lettere segrete fra Mussolini e il Fuhrer furono pubblicate. Ma tra i carteggi scomparsi c’era soprattutto quello della corrispondenza intercorsa tra Churchill e Mussolini, prima dello scoppio della guerra…». Dunque: che cosa contenevano queste “presunte” lettere? Il carteggio con grande probabilità, secondo gli autori, conteneva un epistolario tra i due statisti, e il libro ne dà diverse testimonianze, che accreditano l’ipotesi secondo cui Churchill, che aveva sempre nutrito simpatie per Mussolini, avrebbe dato mandato, agli albori della guerra e poi anche successivamente, al Duce di trattare con Hitler per conto dell’Inghilterra se la guerra l’avessero vinta le potenze dell’Asse. È ovvio che una volta sicuro dell’andamento della guerra, lo statista inglese non avesse alcuna intenzione di far sapere che c’erano stati contatti con Mussolini e che avesse voluto riprendersi le prove di questo stretto rapporto. Cosa che viene confermata da un altro preziosissimo saggio di Luciano Mecacci La Ghirlanda Fiorentina e la morte di Giovanni Gentile (Adelphi 2014) dove l’autore paventa indirettamente, dopo avere escluso piste fasciste e comuniste, che nell’assassinio del filosofo fascista ci sia lo zampino del servizio segreto inglese alla ricerca di qualcosa che riguardava in prima  persona il primo ministro inglese. Qualcosa di cui doveva tornare in possesso e quindi era pronto a fare piazza pulita di tutti gli ostacoli e di tutte le persone che si frapponessero al suo recupero. Ma che cosa riguardava?

L’inizio del volume di Cicchino e Colella ci ricorda tanto Roma citta aperta e si svolge, invece che tra nazisti e partigiani, tra gli ufficiali dell’alto comando inglese e la figlia di uno di quei personaggi fedelissimi del Duce che nel libro ritorna più volte: Tommaso David. Da lì, come il volume testimonia, vi sono moltissimi passaggi di mano, numerosi personaggi e svariate vicende rocambolesche che per chi è appassionato di misteri  sono affascinanti e complesse. Al “professore di scherma” Mussolini «affidò l’epistolario tra i due statisti con parole che dagli autori sono state ricostruite così: “Sono delle carte importantissime che tu dovrai conservare preziosamente, rappresentano documenti fondamentali per la storia d’Italia e soprattutto per difendere la Patria e i suoi diritti al tavolo della pace. Li dovrai custodire in modo assoluto. Li consegnerai di nuovo a me quando te ne farò richiesta. Se le cose andranno diversamente li gestirai tu stesso e sempre per il bene del Paese!“». Le cose per fortuna andarono “diversamente”, e forse fu quello il bene del paese! Anche se “il bene” a cui si appellava il Duce avrebbe potuto aiutare l’Italia durante le trattative di pace e avrebbe gettato sull’Inghilterra una luce problematica.

Ma come gli autori scrivono alla fine del volume la storia non si fa con i “se” e i “ma”. Il pregio del saggio sta tuttavia proprio nel fatto che genera dubbi e mostra come la storia narrata sia, come ci ricordava Benjamin, solo quella dei vincitori sui quali anche l’apparire di una minima ombra (e in questo caso non poi così piccola) potrebbe incrinare una reputazione che deve rimanere intatta. Almeno nella vulgata popolare che bolla i vinti come “cattivi” a tutto tondo. Proprio per proteggere i “buoni” da una vena luciferina che li renderebbe troppo simili ai “cattivi” e quindi potrebbe generare una sfiducia nel loro potere. Cosa che in quei giorni doveva assolutamente essere evitata, pena l’impossibilità della ricostruzione postbellica.  E che soprattutto una delle potenze decisive alla vittoria della guerra, come l’Inghilterra, non poteva permettersi. Ma tutto ciò rende i “cattivi”, come ci ricorda Hannah Arendt nella sua Banalità del male, non eccezioni o mostruosità, ma persone che vivono nel quotidiano delle nostre vite. Tra di noi, in noi. Tali dubbi possono aiutare però a capire come il “male” che alberga vicino e/o dentro ognuno di noi possa essere evitato se se ne intravede la sua natura.  In attesa il carteggio rimane ancora un mistero.

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