Leone Piccioni
Tutti i racconti raccolti da Einaudi

L’arte di Del Giudice

Da subito con “Lo stadio di Wimbledon” (1983) si è imposto come lo scrittore nuovo per eccellenza. E oggi a rileggere i suoi racconti, quelli noti e i due inediti, si ritrova intatta la sua forza di novità e intensa liricità. Vedi “Nel museo di Reims” e “Ritornare al Sud”…

Si torna a parlare, e ne sono molto contento, di Daniele Del Giudice mentre escono presso Einaudi tutti i suoi racconti: quattordici, di cui due inediti, con un’ottima prefazione di Tiziano Scarpa (I Racconti, 225 pagine, 19 euro). E subito mi piace ricordare che io sono stato molto legato di amicizia con Del Giudice prima che d’improvviso una terribile malattia gli impedisse di seguitare a scrivere e a meditare. Avrebbe certamente potuto darci molto di più, e forse anche di meglio, visto che la sua produzione era continuamente in salita, ma ci ha lasciato opere sufficienti a renderlo uno straordinario scrittore: mi limito qui a citare Orizzonte mobile, Atlante occidentale, Nel museo di Reims. Di Del Giudice non si sa cosa apprezzare di più: i suoi romanzi, i suoi racconti di viaggio, le sue avventure, il modulo stilistico, le riflessioni del pensiero, la profonda conoscenza tecnologica, e insieme, e in particolare, ampi spazi di liricità.

daniele del giudiceIn Orizzonte mobile siamo nei viaggi all’Antartide: grande libro di avventure con una grande limpidezza e uniformità stilistica ricorrente nei resoconti di viaggi. Tanti episodi: navi, ad esempio, che circondate e attanagliate dai ghiacci devono sostare anche per nove mesi aspettando di potersi muovere, e intanto racconti sulle esplorazioni, spesso con esiti importanti e nuovi, gli incontri nella vita di bordo, non di rado faccia a faccia con la morte. E non c’è niente di più lontano della noia in queste letture. Il libro (pubblicato nel 2009) racconta di un viaggio iniziato a Santiago del Cile nel 1990.

Dell’85 è Atlante occidentale che si costruisce soprattutto sui colloqui di due personaggi di grande rilievo: il primo un tecnico che lavora a un acceleratore nucleare, il secondo uno scrittore che dopo aver ottenuto grandi successi si dedica a una narrativa dove il tempo e la temporalità degli oggetti hanno un ruolo importante. L’intenso colloquio tra i due si conclude in una splendida serata quando da una terrazza assistono a uno spettacolo di fuochi d’artificio. Sembrerà un po’ infantile dirlo, ma questi fuochi mi tornano in mente quasi più belli – credetemi – a leggerli che a vederli.

In questa breve scheda sull’opera di Del Giudice bisogna ricordare che il suo lavoro cominciò nel 1983 con Lo stadio di Wimbledon che ebbe un immediato successo per una indiscutibile novità stilistica. Anche Staccando l’ombra da terra del ’94 ebbe un grandissimo consenso.

cop Del GiudiceIl volume dei Racconti appena uscito si apre con Nel museo di Reims: come un breve romanzo a sé, le pagine di questo bellissimo racconto costituirono un volume pubblicato da Einaudi nell’88.Vicino al museo si è stabilito a vivere un giovane che sta rapidamente perdendo la vista: pochi bagliori di luce gli restano ancora. Ha sempre amato l’arte e così vuole sfruttare quel pochissimo di luce che gli resta per rimanere a contatto con i quadri che più ama. Ma non ne sa decifrare i contorni e i particolari e deve avvicinarsi il più possibile con gli occhi alla tela. Si ferma particolarmente davanti al Marat assassiné di David e a un certo momento sente una chiara e giovane voce che lo aiuta a individuare i contorni e i particolari. Ne è stupito e commosso. Questa fanciulla, perché è una fanciulla e anche assai bella, gli fa da guida per tutta la visita al museo per poi salutarsi. Ma il giorno dopo, il giovane ritrova la dolce ragazza che lo aspetta e che di nuovo lo guida.

Un altro bellissimo racconto si intitola Dillon Bay; si tratta di un gruppo di soldati che si recano in missione per un’esercitazione a una grande fortezza, costruita per essere perfetta e inespugnabile. Fa da guida al capitano-visitatore un colonnello appassionato del progetto architettonico di questo edificio utopico, da lui studiato e ridisegnato nei minimi dettagli. E in quel luogo simbolo di impossibilità e dove interno ed esterno si rovesciano continuamente l’uno dentro l’altro, il colonnello trova la morte. Ci sono nella raccolta anche racconti molto drammatici e sanguinari (e pure non ho mai potuto pensare a un Del Giudice sanguinario), e si possono concludere i suggerimenti di lettura con le poche pagine di Ritornare al Sud.

Il nuovo incontro con Del Giudice fa molto piacere: fin dai primi anni del suo lavoro – e parlo dell’83 e dell’85 – trascurando altri capolavori degli anni successivi, dimostrò di essere lo scrittore nuovo per eccellenza.

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