A proposito de “La sesta beatitudine”
Storie di Hannah
Invito alla rilettura di Radclyffe Hall. Qui racconta la storia di una donna difficile, che non riesce a scendere a patti con la vita. E che a trent'anni sembra già vecchia
La sesta beatitudine di Radclyffe Hall (Fandango, 2016, pp. 205, euro 16,00), è un romanzo apparso per la prima volta nel 1936, in cui emerge la forza eroica e commovente della femminilità esplorata all’estremo della vita vissuta. Hannah e la sua famiglia, i Bullen, abitano a Rother, tra l’oceano e la palude di Romney, in un villaggio chiamato Croft Lane. Hannah è una donna umile, di circa trent’anni, svolge lavori manuali presso le case dei vicini, e c’è sempre un gran dire sulla sua persona, sulla sua integrità morale. Certo, ha due splendide figlie, Doris ed Ermie, avute da uomini diversi. Certo, non sa dir di no al desiderio quando il richiamo è forte, violento, inarrestabile. Eppure Hannah Bullen, in miserie e stracci, tiene in vita l’intera famiglia, composta da Mamma, Babbo, Nonnetta, il fratello Alf e le piccole, naturalmente, che lei ama molto. Il romanzo è scritto come un diario, nel senso che ogni capitolo ha il nome di un mese, da Gennaio a Dicembre, ma in terza persona. Si tratta di una terza persona molto vicina alla protagonista, la sentiamo come una voce interiore, come un monito della coscienza, che non manca mai di leggerezza e motti di spirito se pur inseriti in una storia drammatica, in cui la potenziale catastrofe si avverte sin dalle prime pagine.
Hannah ha trent’anni ma, con le fatiche quotidiane, gli stenti, e il cuore mille volte spezzato, le sembra di averne molti di più, le sembra di esser vecchia. E intorno a lei tutti sono pronti ad afferrare e a giudicare, persino Croft Lane, che parla con voce propria, come fosse un personaggio in carne e ossa. Tutti vogliono un gran bene ad Hannah, ma hanno molto da ridire sulle sue figlie, sulla sua presunta incapacità di dominare gli istinti. Persino la zingara Lilith, in un episodio molto forte, in cui Ermie combina grossi guai con il figlio proto-criminale della gitana, le darà della poco di buono. E a scuola le sue bambine sono tenute piuttosto in disparte a causa delle voci maldestre sul conto dei Bullen, che però, come spesso viene ripetuto, «sono uniti con la colla». Conoscendo perfettamente la sua condizione e quel che può aspettarsi dalla vita, cerca di rifiutare in tutti i modi le avance di Mike, un contadino della zona che ha conosciuto durante la raccolta del luppolo, così diverso da lei che pur essendo umile ama la cultura e la bellezza in ogni sua forma. Mike ha moglie e figli e Hannah è più che altro in pena per i suoi figli, per la famiglia che lui ha e a suo avviso dovrebbe custodire, ma a nulla varranno i suoi dinieghi, quando un uomo si mette in testa di averla, alla fine, forse per una sorta di sentimento empatico di tenerezza e compassione misto a erotismo, riesce ad averla.
Persino al giovane tisico Edmund, dopo un iniziale apparente moto di resistenza, non riuscirà a negare una notte d’amore, prima di vederlo sfiorire sotto i suoi occhi e abbandonare il mondo. Poi ci sono le preoccupazioni per le bambine, i litigi con i fratelli, e il tentativo di tenere in piedi una numerosissima famiglia, che è un po’ come avere tantissimi figli, tutti da sfamare e proteggere. E a tratti le pesa enormemente questa vita di amori saltuari e sacrifici quotidiani, e malelingue sempre pronte a sentenziare, e vecchi che paiono bambini, ma nonostante tutto Hannah ha un cuore grande e uno spirito eroico, ciò emerge in pieno nel suo gesto finale. Non poteva che finire nelle fiamme un temperamento così potentemente eroico, coraggioso e femmineo, votato al sacrificio e all’idea di non perdere neanche un frammento di vita per sé ma anche e soprattutto per i cari.
È un romanzo che all’inizio può risultare un po’ ostico, in primo luogo perché gli episodi sembrano sganciati uno dall’altro, come tra l’altro accade in gran parte dei più grandi classici del Novecento, in ogni caso qui tutti i conflitti vedranno una loro, se pur tragica, risoluzione nel commovente quanto devastante finale. La traduzione di Claudio Marrucci è accurata e sembra riportare in modo veritiero la lingua dell’epoca. Il linguaggio utilizzato dall’autrice non è mai altisonante o forzato, si lega invece alla terra e al corpo, qui la sua grandezza.
Radclyffe Hall è conosciuta per il romanzo Il pozzo della solitudine (1928), uno dei primi ad affrontare tematiche di omosessualità femminile. L’autrice, per altro, ebbe una vita spesso contrastata dai moralismi dell’epoca ma fu fiera delle proprie scelte, di non piegarsi alle logiche puritane e di manifestare liberamente i propri sentimenti e la propria sessualità. Fandango ripubblicherà tutte le sue opere.
Mike la fissò incredulo per un istante, poi i suoi occhietti arrossati si fecero sgomenti e irati.
“Ma che diavolo…”, Hannah, però, sollevò la mano.
“Forse non è tuo, dopo tutto.” Non si poteva fare il proprio comodo e poi addossare la colpa ingiustamente a un uomo qualsiasi. Hannah aveva pensato che Edmund non riguardasse affatto Mike; eppure, ora non era assolutamente così.
“Forse non è tuo.”
“E di chi allora?”
“Di un ragazzo che ho incontrato alla raccolta del luppolo.”
“Troia”, gridò, “lurida troia! Dov’è il ladro che t’ha presa? Gli spezzo il collo!”
“Non puoi, è morto. Non continuare, Mike: era solo una povera creatura che stava per morire e non ho avuto il coraggio di rifiutare quello che mi ha chiesto…”