Ritratto d'artista
Teatro per graffiare
Luciano Melchionna: «Il mio l’obiettivo è quello di graffiare i cuori del pubblico e poi di accarezzarli ma senza mai rinunciare alla Verità. Ma sono un privilegiato, lo so...»
Nome e cognome: Luciano Melchionna.
Professione: Regista/Autore (ex-attore).
Età: 48 anni.
Da bambino sognavi di lavorare nel teatro e nel cinema? Da bambino sognavo di esprimermi con il corpo e la voce, tra danza e recitazione… poi a 17 anni sono andato a chiedere il bando al teatrino dell’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’amico di Roma e il sipario rosso, nel silenzioso vociare della polvere e dei frammenti di spettacoli incastrati in esso, mi ha fatto innamorare perdutamente e definitivamente del teatro.
Il tuo film preferito? Angela!!!! Queste sono le domande che detesto: come faccio a dirti il mio preferito? Posso dirti il primo meraviglioso che mi viene in mente, al massimo… Una giornata particolare di Scola ma anche Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante di Greenaway… Lars Von Trier ha realizzato più di un mio film preferito e così Fellini e Pasolini si son “dati da fare» eccome eh eh insieme ai Dardenne o a Audiard… mi tornano in mente C’era una volta in America e Festen e Morte a Venezia e Il gattopardo e Il mostro di Dusseldorf e così via, in mille immagini ed emozioni indimenticabili che ormai si sono ‘impastate’ dentro. Vorrei elencarli tutti e un giorno magari lo farò, con annessa votazione personale.
Il tuo spettacolo teatrale preferito? (Fatto da te o da altri) Uno spettacolo del Quebec che vidi tanti anni fa al Teatro Valle di Roma e non mi si è mai più cancellato dalla mente: non ricordo né il titolo né il regista e nemmeno il compositore della colonna sonora strepitosa. Ricordo solo che quando mi informai scoprii che lo avevano provato per sei anni o giù di lì… ero davvero incantato.
Hai lavorato con tanti attori. Cosa t’hanno dato e chi ricordi con più affetto? Lavorare con i professionisti di talento è uno scambio inebriante, mi dà sempre tanta energia e mi permette di esplorare la mia vena creativa e umana, senza limite alcuno. Ecco lavorare con gli attori bravi ti fa dimenticare che ci possa essere qualsiasi altro amore, nella vita. Il mio ricordo più bello e tenero va però ad un’attrice anziana che ormai non c’è più ma che a mio avviso è stata la più grande artista che io abbia mai visto o incontrato, e si chiama Tecla Silvestrini. Una grandissima donna e una immensa professionista di cuore e talento. Vi confesso una cosa: è l’unica foto che tengo vicino al letto, mi manca.
Qual è il regista da cui hai imparato di più? Indubbiamente Luca Ronconi, lo considero il mio maestro e sono onorato di averlo incontrato nel mio percorso. Un genio assoluto. Un talento unico.
Il libro sul comodino: Aspetta che vado a vedere… ecco: un testo che amo molto e che presto metterò in scena (non lo dico se no me lo rubano sul tempo) e Montediddio di Erri De Luca.
La canzone che ti rappresenta: Ho una canzone che mi nasce spontanea per tutto ciò che mi accade nella vita, in realtà, ma in questo momento è La canzone dei vecchi amanti di Battiato. Mon chiedetemi il perché.
Prosecco o champagne? Tutti e due, se buonissimi e ghiacciati.
Il primo amore, lo ricordi? Mi ha segnato l’intera esistenza, come dimenticarlo?
Il primo bacio: rivelazione o delusione? Non mi è rimasto impresso perché non era dato al primo amore…
Strategia di conquista: qual è la tua? Queste sono armi segrete che rivelate perdono effetto, scherzi?! Comunque ho smesso di usare strategie da qualche anno ormai… e infatti sono solo, eh eh.
Categorie umane che non ti piacciono. I privi di sfumature e di capacità empatica; coloro che non hanno nulla da perdere e quindi neanche la tua vita; chi non si lava a sufficienza.
Il sesso nobilita l’amore o viceversa? Il sesso regala piaceri infiniti e connota l’amore ma non lo nobilita, se di amore con la A maiuscola parliamo.
Costretto a scegliere: regista di prosa o di cinema? Odio essere costretto a fare qualcosa, specie se si tratta di ciò che amo. In questo ambito poi, dopo tante rinunce e sacrifici pagati sulla mia pelle, voglio scegliere io: regista di tutto ciò che mi appassiona, punto.
Meglio le affinità elettive o l’elogio degli opposti? Ho passato la vita ad “elogiare” ma ora comincio a credere che le affinità siano sostanziali per la pressione sanguigna…
Casa di bambola o Natale in casa Cupiello? Amo profondamente entrambe le opere ma credo il mio animo al momento tenda verso Casa di bambola.
Shakespeare o Sarah Kane? Senza dubbio Shakespeare: anche perché mi affascina e mi mette ancora un po’ in soggezione il Bardo, come l’oggetto di un desiderio, e quindi aspetto di invecchiare ancora, contando sulla saggezza che ne deriva, prima di metterlo in scena.
Com’è cambiato il teatro dalla metà degli anni ’80 ad oggi? Ci sono sicuramente meno compagnie di giro e gli spettacoli per lo più sono monologhi o vedono in scena pochissimi personaggi… l’attenzione alla cultura va e viene in questo paese e la qualità si è abbassata per forza di cose, ma sta rialzando il capo per farsi sentire e fare la differenza: io non ho mai smesso di crederci e di dare tutto me stesso a questo mestiere meraviglioso (anche se spesso non ti permette di vivere sereno e in piena dignità) che mi regala la possibilità di creare, di dire la mia, e di “scambiare” con altri artisti e con il pubblico sì da arricchirmi in continuazione… quale privilegio, eh?
L’ultima volta che sei andato a teatro, cos’hai visto? Uno spettacolo con un grandissimo Francesco Montanari alle prese con un gruppo di ragazzi alle prime armi: bello vedere la passione che va in scena, al di là del bene e del male.
Racconta il tuo ultimo lavoro e perché il pubblico dovrebbe vederlo? Il mio ultimo lavoro si intitola L’amore per le cose assenti. È scritto e diretto e vede in scena tre artisti di altissimo livello: Autilia Ranieri, Giandomenico Cupaiolo e HER, mia strepitosa compagna d’avventure di lunga data. Ha debuttato al Festival di Benevento e poi ha già partecipato ad una rassegna molto prestigiosa al Teatro Nuovo di Napoli dove i sold out, gli applausi, le risate e poi la commozione ci hanno regalato grande gratificazione. È uno spettacolo che parla dell’amore ma soprattutto della coppia e racconta senza peli sulla lingua tutto ciò che chiunque ha vissuto o vive ma di cui non si ha il coraggio spesso di parlare, perché fa male, brucia. La scena di Roberto Crea, i costumi di Milla e le musiche degli Stag mi hanno aiutato a raggiungere l’obiettivo: quello di graffiare i cuori del pubblico e poi di accarezzarli ma senza mai rinunciare alla Verità. In amore ci accontentiamo spesso di proiettare i nostri desideri e le nostre ambizioni e invece è tempo di rischiare di rimanere soli, in attesa dell’amore che non ha paura di rivelarsi così com’è, nudo e crudo, sincero fino in fondo e quindi in grado di imparare dagli errori ed evolvere così o spegnersi in tempo reale.
Il mondo del teatro è veramente corrotto come si dice? Il mondo è veramente corrotto, il mondo intero: quello del teatro è uno dei tanti specchi di questa triste realtà e allora affrontarlo con onestà morale ed intellettuale diventa una vera missione: tanti piccoli gesti possono trasformare il proprio microcosmo e io non smetterò mai di crederci. Esiste la meritocrazia seppur di rado e io con il mio spettacolo Dignità Autonome di prostituzione, nel mio piccolo, lo dimostro: più di 250 artisti hanno già ruotato nello spettacolo e si sono contraddistinti per assoluto talento umano e artistico. Il pubblico gli riconosce tutto questo e io ne vado assolutamente fiero.
Come e dove ti vedi tra dieci anni? In qualche operazione appassionata e spettacolare, sudato e affaticato ancor più ma felice di avere il privilegio di raccontare storie a modo mio: ancora tremolante di dubbi ed emozione, in questa continua gavetta che è parte integrante di un lavoro in continua evoluzione, specie in questo paese. Nella mia appassionata dedizione mi vedo, ecco sì, appassionata e ottimista malgrado tutto: non mi sono mai visto altrove.
La cosa alla quale nella vita non vorresti mai rinunciare. I rapporti umani, lo scambio, la condivisione.
I premi teatrali hanno ancora un senso? No, assolutamente no, ma fanno piacere.
Quella cosa di te che nessuno ha mai saputo (fino ad ora). Che sono un bimbo capriccioso e tenero insieme? Tutti mi pensano agguerrito e cattivo e questo fa parte della “costruzione di una leggenda”, probabilmente, ma è anche frutto della mia forte personalità registica, chissà.
Piatto preferito: Il gateau di patate di mamma.
La morte: paura o liberazione? Paurissima, shhh!, non parliamone proprio per favore!
C’è parità di trattamento nel teatro tra uomini e donne? Ormai direi proprio di sì. Dovremmo chiedere a loro però.
Mai capitato di dover rifiutare un contratto? Sì, tempo fa: offrivano un ottimo compenso a me ma quando ho chiesto come avrebbero trattato gli attori mi hanno risposto: «Gli attori lavorano gratis». Mi sono alzato e me ne sono andato, restando povero in canna ma senza rimpianti.
Di lasciarsi sfuggire un’occasione di lavoro e di pentirtene subito dopo? Assolutamente no, sono sempre molto attento e scrupoloso quando affronto un progetto e capisco se può appartenermi o meno. Quando poi sono gli altri a non affidarmelo alla fine o a farlo saltare, la mia coscienza solleva ogni responsabilità, nella convinzione che tutto nella vita debba fluire in armonia, senza forzature. E poi nonna mi ha sempre detto: si chiude una porta, si apre un portone. E io le ho sempre creduto.
Cos’è un attore? Un meraviglioso strumento, complesso e infinito. Energia allo stato puro, collegata al cervello, al cuore e alle viscere.
Meglio essere: felice, sereno o contento? Non conosco la differenza: quando mi capita, coincidono.
Gli attori dimenticano le battute: condannati o graziati? Se è un accadimento sporadico, assolutamente compresi e graziati. Se il comportamento è recidivo: condannati e allontanati perché mancano di rispetto alla sacralità del tutto.
Cosa rappresenta per te il pubblico? Tutti insieme fanno soggezione, individualmente sono i miei “cuori”: pulsanti e attivi, esigenti e generosi. Inutile dire che ti restituiscono il senso profondo di ciò che fai.
Tre difetti che non bisogna assolutamente avere per poter fare il regista. Indecisione, poca personalità, freddezza.
Cosa accadrebbe all’umanità se il teatro scomparisse? Impossibile pensare un’Umanità senza.
Gli alieni ti rapiscono e puoi esprimere un solo ultimo desiderio. Quale? Che sequestrino con me le persone che amo: sì, sono un egoista!
La frase più romantica che tu abbia mai ascoltato in scena. «L’amore non basta».
La frase più triste che ti sia toccato di sentire in scena. Al funerale di un papà uno dei figli dice agli altri: «Non ci siamo ancora abbracciati». Dio come ho pianto.
Gli attori vanno guidati o lasciati ai loro istinti? Gli attori vanno assolutamente guidati, solo così il loro istinto può esprimersi nel migliore dei modi.
Cosa vorresti che la gente ricordasse di te? La mia passione.
Hai mai litigato con un attore/trice per una questione di interpretazione del personaggio? Sì, e ancora oggi mi dispiace un sacco: una grande attrice con la quale ero arrivato a toccare corde sublimi, quando le ho chiesto un pizzico di cuore in più si è sentita violentata e ha fatto la pazza. Che peccato!
Hai mai litigato con un produttore per una questione di soldi? Beh, inutile dire che ho lasciato una produzione e ho ricominciato da capo proprio perché non pagava, cambiando le carte in tavola: questo è il peggio, in realtà.
Se potessi svegliarti domani con una nuova dote, quale sceglieresti? La pazienza.
Se potessi scoprire la verità su te stesso e sul tuo lavoro, cosa vorresti sapere. Sono in continua ricerca della verità e al momento, dunque, nessuno me la risparmia.
Se sapessi di dovere morire, che cosa cambieresti nella tua vita? Non so se riuscirei a cambiare, a pensarci mi paralizzo e basta.
Che cosa è troppo serio per scherzarci su? La pedofilia.
Progetti futuri? Ho un paio di progetti cinematografici che stanno andando in porto e dovrei mettere in scena Parenti serpenti di Carmine Amoroso quest’estate, con il meraviglioso Lello Arena per la produzione di Ente Teatro Cronaca Vesuvio teatro.
Un consiglio a un giovane che voglia fare questo mestiere. Se scopre di avere il fuoco sacro e che il suo talento sta nel donarsi, non ha bisogno di consigli: non potrà mai smettere e piano piano ce la farà.
Le fotografie sono di Luca Brunetti, Roberta Gioberti, Gibo Borghesani.