Every beat of my heart, la poesia
Imitando Villon
Roberto Mussapi, che fa dell’imitazione dei grandi un atto d’amore, ricalca le orme del poeta francese e della sua “Ballata per Nostra Signora”, da noi recentemente pubblicata in questa rubrica
Due sabati fa ho pubblicato in questa rubrica una mia traduzione da François Villon. Parlava della madre, la immaginava sola, poveretta, analfabeta, nella chiesetta alla periferia di Parigi, il villaggio da cui il giovane virgulto si era allontanato, per studiare, ottenere un baccalaureato, in breve divenire uno dei più grandi poeti di sempre e un perduto nella città tentacolare, la Parigi del 1400 dissanguata da una guerra, popolosa, piena di disperati. Tra cui Villon, che tra taverne e bordelli, qualche furto, qualche azione violenta anche se sempre per difesa, se la passava male, scrivendo poesie meravigliose. Quella pubblicata quindici giorni fa immaginava la madre, pregante Nostra Signora, la Madonna, che il poeta, con un colpo d’ala, assimilava in qualche modo strano. Personalmente ho sempre venerato la Madonna anche nei lunghi anni in cui non ero credente. Lei era un’eccezione. Villon è il titolo del mio primo dramma teatrale, che fu messo in scena da Paolo Bessegato, a lungo sui palcoscenici italiani, con mia grande soddisfazione e gratitudine.
Tornando all’argomento del giorno, oggi scelgo una mia imitazione della poesia di Villon dedicata alla madre e alla Vergine Maria, assimilate nella preghiera. L’ho scritta quindi pensando anch’io a mia madre, a ogni madre, né povera né analfabeta, né francese né genitrice di un accusato di furti con scasso… Una poesia sulla Madre che prega la Madre di Dio. E mi sono immedesimato in quella donna che non conosce i misteri del figlio poeta, prega e basta, umilmente.
Il genere letterario è l’Imitazione, che pratico da sempre: ogni poeta imita un altro, più grande, vuole accostarsi al suo mondo, rivivendolo attraverso la sua esperienza storica, personale. Imitare significa amare, credere in modelli, in figure di maestri, e nella tradizione, che vuol dire proseguire un discorso iniziato con la nascita dell’uomo, della memoria, della parola. Ho scritto un libro, Racconto di Natale, che è un’imitazione dal capolavoro di Charles Dickens, nel mio caso un libro di poesia e non un romanzo. Ho imitato, in prosa, il grande, irraggiungibile libro di Ovidio, Le Metamorfosi. È un modo per continuare la specie, come possiamo, ma cercando di andare oltre, per passione, e per quanto ci è possibile. Chi imita ammira, e quindi non invidia, onora, è libero, perché imitare non significa scimmiottare, fare la parodia, ma intonarsi a un respiro in cui ti riconosci. Imitare è ammirare, essere se stessi, amare.
Ballata alla sua e all’Alta madre
Imitazione da François Villon
Mamma, sai, ti ho di nuovo sognato,
lì china a pregare in quella chiesa,
la solita chiesa di quando ero bambino,
fuori faceva freddo e nevicava,
e una folata di neve ti ha portato via,
sì, sei scomparsa ai miei occhi all’improvviso,
e il cielo azzurro con gli angeli e i liuti
dipinto da un pittore di paese
senza di te mi è parso vuoto,
fino a un attimo prima era un paradiso,
illuminato dalle tue preghiere.
Anche la mia giovinezza se ne andò in quel modo,
né a piedi, né a cavallo, ma all’improvviso
disapparita e io di colpo vuoto,
perché ciò che ti fa felice poi si svuota
quando scompare, e tu rimani solo
come una forma appesa attraversata
dal vento che muove gli impiccati sui legni
nel gelo della notte divorata dai lupi.
E chissà dove sei tu, dove sei ora,
nel cielo nero che macina neve
ti ho vista, ti ho sognata, ma fu breve
anche se qualcosa mi rimane ancora,
la tua preghiera a Nostra Signora:
ti vedo inginocchiata a implorare perdono
per la tua povera carne peccatrice,
e come allora non riesco a capire:
perdono di che cosa, mamma, tu così buona?
Ti vedo inginocchiata, povera e anziana,
nella tua chiesa ormai così lontana,
ripetere le litanie in latino senza capire
e poi pregare con le labbra e con gli occhi
tu che non sai leggere ma guardi il cielo
blu come il mare di Nizza dipinto sul muro
a sinistra, accanto all’altare, con gli angeli e i liuti
e sei felice e sorridi, tu che hai paura
quando più in basso vedi i dannati bruciare…
Mamma, vedi, in quel cielo dipinto
azzurro come il mare di Nizza cercavi
il volto di tuo figlio, la mia gioia,
quello era il perdono che chiedevi,
ora io lo capisco all’improvviso,
ora che scruto in quel cielo e non ti trovo,
e fuori i lupi divorano il gelo,
quello era il perdono che chiedevi,
anche se non lo sapevi, poverina:
io che ti sogno nella notte nera
io, ero io la tua preghiera.
Roberto Mussapi
(Da La Polvere e il fuoco, Mondadori, ora in Le poesie, Ponte alle Grazie, 2014)