Ella Baffoni
Italia, 13 novembre 2015

Erdogan e John Lennon

Libertà vuol dire (anche) non essere sudditi dell'ignoranza o di tutti quegli interessi di parte e di partito che ci spingono ogni giorno a creare un nemico, un diverso, un bersaglio su cui vendicarci

Orribile, quasi indicibile. Un’offesa alla nostra vita, alla sicurezza, al futuro. Gli attacchi terroristici, e l’inevitabile escalation che prevedono – che a tutto ci si abitua, anche al terrore – ci lascia atterriti, quasi disarmati. Impauriti. È da qui che dobbiamo partire. Evitando le ricette facili, quelle con “la bava alla bocca” stile Santanchè, la retorica razzista alla Salvini: noi e loro. Noi e loro. Noi chi? bisognerebbe chiedersi invece. E loro chi?

Le immagini, le dirette, la conta dei morti, i visi e le storie delle persone normali, dei ragazzi spezzati al Bataclan, dei muri di fiori, non ci portano lontano. Stride il relativismo culturale di chi oggi piange, ma è restato indifferente davanti alla vicenda dell’aereo russo abbattuto (400 morti, ma tanto erano russi) o alla recente strage a Beirut, o a quel che avviene quasi quotidianamente in Siria (tanto quelli sono islamici), o non si cura di quel che avviene in Palestina da vent’anni a questa parte, quasi fosse un conflitto locale, lontano. La mondializzazione del terrore, se si vuol vederla, è cosa fatta.

Restiamo umani, diceva uno che ha potuto vivere poco. Penso sia sbagliato, sbagliatissimo, quel che sta facendo Hollande, i tre mesi di stato di emergenza e i bombardamenti su Raqqa. Vendetta, più che atto di guerra. Una resa al terrore. Perché le bombe sono bombe, ma se si dice: “bombardiamo l’Isis”, la frase fa tutt’altro effetto che “bombardiamo Raqqa”, donne e bambini e vecchi inclusi. Quelli, detto per inciso, che non sono riusciti a scappare, ad arrivare a Lampedusa.

Se invece di erigere muri e fasci di filo spinato li si guardasse, li si ascoltasse, anche chi governa potrebbe trarre dalle loro storie un utile insegnamento. Islamici, ma anche cristiani, che sull’Isis sanno molto, mentre noi sappiamo molto poco.

Da fare per isolare l’Isis c’è moltissimo, ma non vedo chi lo faccia, se non le persone che portano un fiore all’ambasciata francese, che ricordano le parole di Tiziano Terzani a Oriana Fallaci sulla guerra, che s’indignano davanti alle invettive razziste stile Libero. Ci sarebbe, ad esempio, qualche parolina da dire ai nostri governanti, che vanno ai vertici in Turchia, le cui ambiguità verso l’Isis sono acclarate, e non si accorgono dei bombardamenti turchi, sulle città appena liberate dall’Isis, nelle zone curde.

Ci sarebbe da fare molto per accogliere le persone che fuggono dall’Isis, e che invece patiranno la chiusura delle frontiere e il sospetto. Ci sarebbe da tagliare i legami anche economici che legano l’Isis ai paesi che lo proteggono, ma che hanno il petrolio come migliore ambasciatore verso l’occidente. Ci sarebbe da dire la verità: che non si fanno affari con chi protegge quei terroristi. Invece, oltre al manifesto, devo cercare Famiglia Cristiana – non Repubblica, non l’Unità – e qualche sito come Succedeoggi per leggere frasi come queste: «Solo l’altro giorno, il nostro premier Renzi (che come tutti ora parla di attacco all’umanità) era in Arabia Saudita a celebrare gli appalti raccolti presso il regime islamico più integralista, più legato all’Isis e più dedito al sostegno di tutte le forme di estremismo islamico del mondo. E nessuno degli odierni balbettatori ha speso una parola per ricordare (a Renzi come a tutti gli altri) che il denaro, a dispetto dei proverbi, qualche volta puzza».

Da fare ci sarebbe tanto, invece di sognare la vendetta – qual è il prezzo in morte per gli attentati di Parigi? quando si appagherà la sete di sangue? quanti bambini uccisi? – che è atto di impotenza più che di forza. Se avessimo partiti degni di questo nome ci sarebbe da fare politica, invece la destra urla, la sinistra (quale sinistra?) arranca. Così l’immagine più politica di questi giorni è quella dell’artista che ha trascinato un piano davanti al Bataclan e ha cominciato a suonare Imagine di John Lennon: “Imagine there’s no countries / It isn’t hard to do / Nothing to kill or die for / And no religion too / Imagine all the people / Living life in peace…”, che viva in pace.

Facebooktwitterlinkedin