Una mostra post-Expo
Mangiare è un’arte?
Nelle sale del Convento di San Domenico Maggiore, una mostra fatta di immagini come di odori, ripercorre il rapporto tra cibo e cultura, nei secoli, a Napoli
Si chiama Magna, e non è inteso come grande, ma come voce del napoletano magnare, mangiare. Se poi ci mettiamo l’accento diventa ‘o mmagnà, l’atto del mangiare e quindi per estensione il cibo, parola che in dialetto è espressa con un verbo e non con un sostantivo. Magna è una mostra interattiva dedicata al tema dell’agricoltura e della gastronomia napoletana che si propone di narrare come in una storia le caratteristiche scientifiche e sociali di una delle cucine più famose al mondo, quella che oleograficamente è rappresentata da Pulcinella, il morto di fame, il mangia-maccheroni. A Expo appena finito, e con l’opinione pubblica ancora fresca di interesse sull’argomento, Magna propone un piccolo viaggio intorno agli usi e costumi della cucina popolare napoletana, passando in rassegna le materie prime più utilizzate, i sistemi di cottura, i luoghi della produzione e della vendita, la settimana alimentare, le pietanze divenute più famose nel mondo e naturalmente il ruolo sociale del cibo.
Il percorso museale, allestito nelle sale del Convento di San Domenico Maggiore, in pieno centro storico, si apre con due enormi vasche in cui sono piantate le principali spezie usate nella cucina napoletana: basilico, prezzemolo, rosmarino, salvia, sedano… quelle che ancora oggi vengono chiamate “odori” e che nei piccoli negozi di frutta e verdura vengono regalate a necessario completamento della spesa. Attraverso le successive installazioni interattive, i pannelli e altro materiale informativo, il visitatore può ripercorrere le tappe che il prodotto agricolo compie dall’orto al mercato e dalla pentola alla pancia.
Le ricette e i piatti della tradizione vengono presentati nella settimana alimentare, che un tempo veniva rigorosamente seguita, e che si basava sull’alternanza di legumi pasta e riso, di piatti di pesce carne e uova, sulla presenza quotidiana delle verdure, cucinate come contorni o come minestre insieme alla pasta, e che rappresentava un modello popolare ante litteram di dieta mediterranea.
L’importanza del cibo nella vita quotidiana viene raccontata anche dall’arte presepiale, che pure la mostra propone, presentando alcune ricchissime statuine di venditori del mercato: macellai, pizzicagnoli, fruttivendoli e pescivendoli rappresentati in mezzo a un trionfo di prodotti, quasi dei piccoli altari al cibo.
La pasta e la pizza, il pomodoro e l’olio di oliva, il pesce, i cereali e i legumi, la frutta e la verdura, i prodotti caseari: tutte queste filiere d’eccellenza hanno rappresentato per secoli la base della cucina napoletana, sono state immortalate nella pittura, nella letteratura, nel cinema e nel teatro.
Ma come si mangia a Napoli, oggi? Come reagisce la dieta mediterranea all’invadenza del fast food? La mostra aiuta a riflettere sull’eccesso di consumo di carne, sull’abolizione della differenza tra menù feriali e menù festivi, sull’invadenza dei prodotti industriali e precotti rispetto a quelli lavorati in casa e rispetto alle verdure fresche, che sempre più spesso vengono messe da parte a causa dei tempi di lavatura e preparazione.
Al termine del percorso, fruibile da grandi e bambini, una collettiva d’arte moderna e contemporanea dedicata al cibo, per sottolineare l’importanza dell’aspetto di ciò che mangiamo, con belle opere, tra gli altri, di Ernesto Tatafiore. La mostra, inoltre, è arricchita da un calendario di weekend degustativi, workshop e laboratori, che coprono l’intera sua durata, dedicati ai prodotti tipici campani d’eccellenza e da eventi di vario genere.