Ritratto d'artista
Il teatro degli amici
«All'estero dicono che da noi si fa il friend business, non lo show business. Incarichi agli amici, premi ad amici e parenti nella maggior parte dei casi»: parla Monica Nappo Kelly
Nome e cognome: Monica Nappo Kelly. Kelly è il cognome da sposata (con il drammaturgo Dennis Kelly).
Professione: Attrice. Regista di teatro.
Età: 44 gatti.
Da bambina sognavi di fare l’attrice? No. Avrei voluto fare la scultrice. O la ballerina.
Cosa significa per te recitare? Essere meno sola. Capire di più gli altri.
Il tuo film preferito? Almeno 3: Festen, Frankestein junior, The french connection (“Il braccio violento della legge”, in italiano).
Il tuo spettacolo teatrale preferito? Attemps on her life, di M.Crimp diretto da Katie Mitchell, al National Theatre.
Qual è l’attrice da cui hai imparato di più? Monica Vitti. È entrata in tutti gli stili, sempre eccelsa. Io mi chiamo così in suo onore, i miei erano suoi fans accaniti.
Qual è il regista da cui hai imparato di più? A teatro Carlo Cecchi. E Toni Servillo come attrice. Romeo Castellucci e Martahaler come spettatrice. Al cinema, lavorare con Woody Allen e Matteo Garrone.
Il libro sul comò: I diari di Anais Nin. Qualsiasi opera di Elena Ferrante.
La canzone che ti rappresenta: Is this desire? Ma anche In the desperate kingdom of love, entrambe di P.J.Harvey (ma quasi tutti i pezzi di P.J.H, se ci penso bene).
Descrivi il tuo giorno preferito. Svegliarsi dopo aver dormito bene (soffro di insonnia). Leggere e lavorare su un progetto. Passeggiata. Meditazione. Cena con le persone che amo.
Prosecco o champagne? Champagne. Ma assolutamente senza ostriche.
Il primo amore, lo ricordi? Sì. 13 anni io, lui 17. Era un dj e fumava moltissime canne.
Il primo bacio: rivelazione o delusione? Delusione. Goffissimi entrambi, pretendevamo fosse bellissimo.
Strategia di conquista: qual è la tua? Credo in un misto tra l’essere me stessa e il gambling estremo. Il più delle volte funziona.
Categorie maschili che non ti piacciono? Gli uomini che hanno paura delle donne indipendenti. Quelli che hanno paura di mostrare i loro sentimenti. I sadici e i manipolatori. Quelli che si prendono troppo sul serio.
Classifica per sedurre: bellezza, ricchezza, cervello, humour. Cervello e humor. Niente di più anti-sesso di un idiota coi soldi. Sedurre per me è anche scoprire e/o farsi scoprire a poco a poco. Tipo lo streap-tease, per intenderci.
Il sesso nobilita l’amore? O viceversa? Per me sono due categorie assolutamente separate. Hanno una chimica completamente diversa l’uno dall’altro. Credo il sesso venga molto frainteso in Italia, non rispettato e valutato quanto meriterebbe. Molti lo associano a qualcosa di sporco e/o volgare. Niente di più sbagliato. Troppo Vaticano, troppo Berlusconi.
Meglio le affinità elettive o l’elogio degli opposti? Gli opposti per il sesso, le affinità per l’amore. Forse. O forse tutto il contrario. Non l’ho ancora capito.
Costretta a scegliere: cinema o teatro? Apro la finestra e mi butto giù!!
C‘è qualcosa che rimpiangi di non avere detto a qualcuno? Sì. Quanto volevo bene alla mia migliore amica, prima che morisse. So di averglielo dimostrato, ma alle volte è bene dirlo. Pronunciare quella frase.
Shakespeare o Beckett? Che domande: Shakespeare!!
Qual è il tuo ricordo più caro? Mariangela Melato, che dopo avermi visto ne Le false confidenze (regia di Servillo), mi ferma e mi dice delle cose bellissime sul mio modo di recitare. Non dormii per due notti di seguito.
E il ricordo più terribile? Quando è andata via la mia amica di cui sopra. All’improvviso ho capito che non avremmo più riso come le matte al telefono. Che non l’avrei più vista.
L’ultima volta che sei andata a teatro, cos’hai visto? Un lavoro di Simon Stephens, con la regia di Ivo Van Hove, allo Young Vic. Sublime il testo, la regia, l’attore. Sublime tutto.
Racconta il tuo ultimo spettacolo: Come attrice Circo Equestre Sgueglia, di Viviani. Come regista una mise en espace al Piccolo di un inedito di Ruccello, Il Rione, scritto quando aveva solo 18 anni. Ho lavorato con 8 attori, tutti straordinari, unici e generosi.
Perché il pubblico dovrebbe venire a vederlo? Viviani per la presenza di alcuni attori eccelsi (uno per tutti il Bagonghi di Tonino Taiuti), e perché c’è la straziante bellezza di un mondo di emarginati girovaghi in un circo e i geniali, poetici costumi di Maurizio Millenotti. Il Rione per la bravura degli attori e per la forza delle dinamiche psicologiche e le parole di Ruccello.
Il mondo del teatro è veramente corrotto come si dice? Il teatro prodotto in una nazione rispecchia la sua società, quindi! Qui c’è un conflitto di interessi che sembra non infastidire molti però. Ma che sta togliendo linfa al teatro, alle sue diversità e domande e a chi lo fa con dedizione per la gente e non solo per gli addetti ai lavori. All’estero dicono che da noi si fa il friend business, non lo show business. Incarichi agli amici, premi ad amici e parenti nella maggior parte dei casi. Pochi rischi. Per fortuna ci sono forti, splendide eccezioni. Ma come dice Dario Fo a proposito della maggioranza degli intellettuali e di chi fa cultura in Italia «tacciono in molti, non hanno dignità e non si indignano. Ecco cos’è incredibile e terribile: la mancanza di indignazione. Molti pensano, ma chi me lo fa fare di espormi? Un giorno magari avrò bisogno di qualcosa di un favore, di un aiuto da chi ora sto criticando».
Come e dove ti vedi tra cinque anni? Sempre più fra l’Italia e il Regno Unito perché sto costruendo progetti in entrambi i luoghi o che comprendono entrambe culture. Voglio ampliare sempre più il mio modo di comunicare, in altre forme. Scrivere di più, ad esempio.
La cosa a cui nella vita non vorresti mai rinunciare.Le persone a cui voglio bene. Ridere. Fare meditazione trascendentale. Accarezzare. Le chiacchiere con gli amici. Sognare ad occhi aperti e chiusi.
Quella cosa di te che nessuno ha mai saputo (fino ad ora). E secondo te la vado a dire in giro proprio adesso?
Piatto preferito: Fish and chips oppure mozzarella e pane.
Quanto conta la bellezza per un’attrice? Dipende. Secondo me conta di più quanto stai a tuo agio con quello che sei. La bellezza canonica può essere anche una bella palla al piede, se non la smitizzi. Quanto sai giocare con quello che hai, senza aver paura di diventare brutta, ad esempio, e sensuale subito dopo. Inventare altri stilemi di bellezza, fuori dal già visto e dai soliti canoni. Per me la bellezza è anche la capacità di emettere immagini, archetipi, quello che hai dentro. Credo sia quello a renderti bella, potente, comunicativa.
C’è parità di trattamento nel teatro tra uomini e donne? No, assolutamente. Ma neanche nel cinema credo. Specialmente in Italia. Sia per le attrici sia per le registe. Ma le attrici alle volte vengono valutate per dettagli che non concernono affatto la loro bravura.
Mai capitato di dover rifiutare un contratto? Sì, se il ruolo non mi interessa per niente. O se la paga è troppo bassa e in più il ruolo non è stimolante
Di lasciarti sfuggire un’occasione di lavoro e di pentirtene subito dopo? Sì. Ma non mi piace tormentarmi. Penso comunque che alle volte non dipenda solo da me se non mi ritrovo a fare quel determinato ruolo.
Quale ruolo ti sarebbe piaciuto interpretare nel cinema? Nikita di Besson.
Quale ruolo ti sarebbe piaciuto interpretare in teatro? Lady Macbeth, ma mi sa che sono ancora in tempo. Anche Amleto. Spero davvero un giorno qualcuno sia audace e me lo proponga.
Da chi vorresti essere diretta? A teatro da Martahaler. Al cinema dai Fratelli Coen, da Haneke e ancora da Garrone
Tre doti che bisogna assolutamente possedere per poter fare l’attrice. Umiltà. Essere veri. Saper ascoltare.
Tre difetti che non bisogna assolutamente avere per poter fare questo mestiere. Non giudicare il personaggio e la storia. Pigrizia. Vigliaccheria.
Cosa accadrebbe all’umanità se il teatro scomparisse? L’evoluzione si fermerebbe.
Gli alieni ti rapiscono e tu puoi esprimere un solo ultimo desiderio. Quale? Chiamerei i musicisti che mi piacciono e farei un concerto a Piazza Plebiscito tra musica rock e canzoni napoletane.
La frase più romantica che ti sia capitato di dire in scena. «Ma hai amici, hai un sacco di amici. Che cosa offri ai tuoi amici per averli così al tuo fianco? Cosa offri ai tuoi amici per averli così al tuo fianco? Cosa offri?», da 4.48 psychosis di Sarah Kane
La frase più triste che ti sia toccato di dire in scena. Da Circo Equestre Sgueglia. Ogni sera, a Massimiliano Gallo, la mia ultima battuta era «ci meritavamo una fine migliore». Per fortuna avevo lui al mio fianco, a cui poterla dire.
Mai capitato di dimenticare una battuta? Che succede in questi casi? Sì, cambi le parole, però il succo resta quello. Comunque dipende… Se sei in scena con qualcuno che capisce e ti aiuta oppure va in panico più di te. Mi successe una volta in un monologo. Era un testo di Tony Kushner, East Coast, scritto per Baldwin, in cui ero 28 personaggi. Una sfilza di monologhi di uomini, donne, bambini, persone anziane. A un certo punto feci confusione e mi fermai. Guardai il pubblico e dissi: No, ho sbagliato, adesso non viene questo. Ma siccome era un testo al limite dello stand up comedy, potevo permettermelo. Mi è andata bene insomma…
Cosa vorresti che la gente ricordasse di te? Che ero una persona sincera, almeno quando recitavo.
Hai mai litigato con un regista per una questione di interpretazione del personaggio? Solo con uno. Alfredo Arias, con cui non è stato assolutamente gradevole lavorare dato il suo raro sadismo e misoginia. Lui voleva una Zenobia greve come la Maria Callas. Non aveva capito Zenobia, che è struggente, goffa e tragicomica. Ho faticato molto per mettere questi colori che lui non voleva vedere assolutamente nella costruzione del suo show e a cui non volle dare il giusto spazio.
Se potessi svegliarti domani con una nuova dote, quale sceglieresti? Diventare sempre più frivola.
Se potessi scoprire la verità su te stessa o sul tuo futuro, cosa vorresti sapere? Vado regolarmente da un’astrologa fidata. Non sto scherzando.
Se sapessi di dovere morire, che cosa cambieresti nella tua vita? Prenderei subito la patente per la moto. È uno dei miei più grandi desideri, ma rimando sempre. E mi comprerei una moto, ovviamente.
Che cosa è troppo serio per scherzarci su? Proprio nulla.
Progetti futuri? Adesso porto in scena come regista un testo di A. Mc Dowell, Captain Amazing, con quel superbo attore che è Nicola Nocella al festival I quartieri dell’Arte. Debutto a breve. Per il futuro sono superstiziosa e in genere non dico nulla finché non sono sicura al 100% che accadrà. Ma almeno un progetto devo dirlo. Un testo di mio marito: Orphans. Con Paolo Mazzarelli e Lino Musella. Regia di Tommaso Pitta.
Un consiglio a una giovane donna che voglia fare l’attrice. In una recente intervista, l’attrice Hellen Miller si dice pentita di non aver detto, quando era giovane, più vaffanculo a chi la trattava male e le faceva venire inutili dubbi sul suo talento. Ecco. Condivido in pieno queste parole.