Giuseppe Grattacaso
Un'arte nobilissima lasciata a se stessa

Chi difende la poesia?

La collana dello Specchio è ridotta al minimo, Garzanti e Guanda hanno gettato la spugna, la poesia è pubblicata solo da piccoli e piccolissimi editori. Eppure il mercato ci sarebbe...

Le turbolenze che hanno interessato negli ultimi mesi la casa editrice Mondadori mettono in apprensione il mondo della poesia, costituzionalmente fragile e portato all’inquietudine. Si teme la chiusura della prestigiosa e ambita collezione dello Specchio. In effetti, basta fare due conti per fugare ogni preoccupazione: risulta infatti del tutto inutile cessare l’attività di una collana che pubblica pochi libri l’anno (nel 2015 solo quattro, e dobbiamo credere, come del resto accade per tutta l’editoria di poesia, in un numero non esagerato di copie), e che dunque non comporta alcun rischio economico veramente rilevante per la casa editrice. Insomma Lo Specchio è una collana che mette in moto investimenti sicuramente limitati e i cui tonfi, qualora dovessero esserci, non sarebbero mai paragonabili ai fiaschi in altri settori. D’altro canto, se proprio si vuole parlare di poca attenzione della casa editrice di Segrate, avremmo dovuto farlo un po’ di anni fa, quando è apparsa evidente una progressiva rinuncia a rappresentare un punto di riferimento certo per la poesia, come era avvenuto nei decenni precedenti.

Quindi, tranquilli, Lo Specchio mondadoriano dovrebbe continuare (almeno per il momento) le sue pubblicazioni, sia pure con la cadenza sempre più rallentata degli ultimi tempi: quest’anno due italiani (Majorino e De Angelis) e due stranieri (Krüger e Levine), contro i tre più tre della scorsa stagione. Proseguirà senz’altro le pubblicazioni anche la meritevole nuova linea degli Oscar Poesia con la riproposizione dell’intera opera poetica di grandi voci del Novecento (tra gli ultimi, Bellezza, Fortini, Giudici, in programmazione Conte e Orelli).

bertoni la poesia contemporaneaD’altra parte però Lo Specchio continua a riflettere l’immagine, non certo radiosa, della generale situazione editoriale della poesia. Lo scarso interesse, per dirla con un eufemismo, nei confronti della produzione in versi, è riassumibile in due assiomi. Il primo è contenuto nella formula “tanti poeti pochi lettori”, dove i “pochi” possono essere quantificati, a detta del critico e poeta Alberto Bertoni (La poesia contemporanea, Il Mulino, 2012) in circa tremila, a fronte di un numero di scriventi almeno cento volte maggiore. Che siano questi o no i numeri, risulta comunque chiaro come buona parte degli scrittori di versi non siano lettori abituali di poesia.

Il secondo postulato, che non viene mai messo in dubbio, è che «la poesia non si vende», espressione che, almeno per una volta, varrebbe la pena considerare in un’accezione diversa da quella solita; i libri di poesia non sono cioè un oggetto scarsamente commerciabile, ma non si vendono in quanto per l’appunto non sono in vendita. Non si vuole qui affermare il principio etico della non commerciabilità dell’opera d’arte, quanto costatare proprio che l’oggetto libro di poesia di solito non è messo in vendita, almeno nei luoghi tradizionalmente deputati a questo. I libri di poesia contemporanea infatti non sono distribuiti (dai piccoli editori) o sono malamente distribuiti, di solito con una punta di fastidio (dai grandi, cioè Einaudi e Mondadori, avendo Garzanti, e prima ancora Guanda, già da tempo rinunciato all’impegno). Non è un caso del resto che le librerie, anche le più accreditate, riservino ai libri di poesia un angolo buio in fondo all’ultima sala, con grande presenza degli intramontabili Neruda e Lorca, forse di Leopardi, che resistono tra molte antologie di poesia d’amore e qualche sparuta traccia di Montale, quasi mai di Saba. Dei poeti contemporanei qualche risibile segno, quasi sempre in formulazione straniera.

L’assioma che vuole che la poesia non si venda andrebbe se non altro ampliato con un corollario: «Non si vende perché non è in vendita». Il paradosso prosegue con un’ulteriore domanda: si comprerebbe, se fosse in vendita?

Wisława SzymborskaNel febbraio del 2012 Saviano lesse in tv in prima serata alcune poesie di Wisława Szymborska (nella foto). Nei giorni successivi l’antologia La gioia di scrivere, pubblicata tre anni prima e contenente tutti i versi della poetessa polacca, vendette quindicimila copie, creando qualche problema all’editore Adelphi che non aveva previsto il successo improvviso del libro. Forse manca a monte un’attenta politica editoriale, capace di spingere il prodotto anche quando si tratta di un libro di poesie. Ma prima ancora sarebbe necessario operare delle scelte che tengano conto del bisogno espresso dai lettori (tutti, senza distinzione) di testi che siano in grado di parlare alla sensibilità comune e non di custodire esclusivamente elucubrazioni, in una lingua privata, sull’ombelico di chi scrive.

Alfonso Berardinelli su Il Foglio del 15 luglio scrive: «Di poeti pubblicabili, cioè leggibili (anche se poco vendibili) in Italia ce ne sono circa una dozzina, magari anche venti, o se proprio si vuole si arriva a trenta. Non c’è quindi sufficiente materia per alimentare e tenere in vita le grandi, medie e minime collane che esistono». E lascia poi intendere che non sempre le case editrici maggiori procedano con scelte ragionate alla selezione dei titoli, lasciandosi piuttosto tentare da “opportunismi”: tanto, afferma lo stesso Berardinelli, «la critica di poesia beve tutto, oppure tace». Insomma «prima viene l’amico, poi l’amico dell’amico, poi quello che si mette al tuo servizio» e via dicendo.

Eppure i piccoli editori di poesia specializzati sono molto attivi, segno di una vitalità del settore che permette comunque un accettabile recupero economico, soprattutto grazie alle vendite online e al concorso alle spese da parte degli autori, spesso richiesto sotto la formula dell’acquisto di un certo numero di copie. In questa prassi non c’è nulla di veramente scandaloso, se non quando si procede con superficialità nella selezione dei titoli (come si fa a dire di no a chi di fatto si paga il prodotto realizzato?) e con successiva scarsa premura nella promozione e diffusione del libro.

Sta di fatto che senza l’opera di questi editori il brulicante mondo della poesia, animato da alcune significative voci poetiche, anche giovanili (con un po’ di ottimismo, si va oltre i conteggi di Berardinelli), ma anche da un fitto sottobosco di esternatori dei propri sentimenti nelle forme più banali, non troverebbe modo di esprimersi. La Vita Felice, Crocetti, Raffaelli (che da un paio di anni pubblica un pregevole Almanacco), Campanotto, Interlinea, Puntoacapo, LietoColle, Moretti & Vitali, per citare alcune tra le case editrici di poesia più presenti, si barcamenano tra mille difficoltà, tra cui molto spesso anche quella di non riuscire a tener vivo un sito che sia, graficamente e per funzioni, al passo con i tempi, con il risultato di essere del tutto assenti negli scaffali delle librerie e di risultare sconosciuti al pubblico, anche a quello dei lettori di poesia.

C’è poi internet, le mille riviste online, gli e-book che è possibile scaricare gratuitamente o per pochi euro, i blog e i siti che parlano di poesia. Un’occasione ancora tutta da verificare e da sfruttare. Un mondo dove per il momento buona parte dei poeti più affermati si muove con difficoltà, quando non proprio considerando un impiccio il web e le sue manifestazioni. Ma questo è un altro capitolo.

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