La malizia del sesso
Dopo Laura Antonelli
Dopo il lutto, dopo le lacrime, dopo i sensi di colpa, dopo lo spettacolo della fine si può finalmente riflettere sulla funzione di Laura Antonelli nella trasformazione dell'erotismo nell'Italia contadina
La morte di Laura Antonelli mi ha buttato in uno stato di tristezza. Non tanto per le caratteristiche della morte avvenuta in solitudine (infatti ben più straziante è stata la fine di Anita Ekberg, altra diva radiosa degli anni Settanta e Ottanta, finita su una sedia a rotelle) ma per tutto quello che lei ha significato e che è stato dissipato con allegro vandalismo. Ma cosa ha significato Laura Antonelli negli anni Settanta e Ottanta, e soprattutto che cosa ha significato il suo silenzio negli anni Novanta e il calvario dal 2000 in poi?
Con Laura Antonelli avviene la scoperta dell’erotismo come «linguaggio di comunicazione di massa» e il suo passaggio da «esperienza artistica» a banale consumo familiare. Per capire questa trasformazione bisogna partire dal 1965, quando in Italia, non solo arrivarono i Beatles a Milano, ma fu proiettato il film L’uomo del banco dei pegni, con Rod Steigher. Le polemiche che accompagnarono la visione di un seno nudo di donna per pochi secondi in un film drammatico, dà la misura di quanto poco “moderna” fosse la società italiana di quel decennio. Infatti, erano gli anni in cui le ragazze esibivano bikini-mutandoni, ma fra di loro si sbirciavano per vedere se sulle spalle vi fosse l’ombra del laccetto del reggiseno, perché prendere il sole alle spalle sbottonando il laccetto era segno di grande sfacciataggine. E la sfaccitaggine in quegli anni era un valore tutto da conquistare. Come fu evidente subito dopo, quando parlare, gridare, essere sfacciati, scrivere sui muri, esibire il proprio corpo furono le conquiste di massa degli anni Settanta, conquiste che si intrecciavano fra costume e politica.
Il corpo della Antonelli faceva la sua parte nella trasformazione dei rapporti personali sia a casa che a scuola o in ufficio. Come la minigonna di Mary Quent lanciata negli anni Sessanta, fu annunciata dal film di Marilyn Monroe, Quando la moglie è in vacanza del ‘59 (l’immagine della gonna che si alza per una folata di vento), così la scoperta dell’erotismo nei rapporti privati seguì la comparsa del film Malizia del 1973. Se nell’icona di Marilyn Monroe il verbo più usato fu far vedere, nella Antonelli sarà sbirciare, guardare dal buco della serratura, immaginare «cosa c’è sotto il vestito».
Se l’erotismo è amico dell’immaginazione, la pornografia rincorre la fantasia nell’esibizione sfacciata. Insomma l’erotismo è lunare e la pornografia solare. Perciò non è da meravigliarsi che la Antonelli esca di scena nel 1991, ufficialmente per possesso di droga, in realtà perché il suo ruolo era invecchiato di fronte alla violenta irruzione delle pornostar come Moana Pozzi, Cicciolina, la scuderia di Schicchi, Milly D’Abbraccio ecc. Senza contare la “serialità” delle icone femminili che Tinto Brass sparava sul mercato: Stefania Sandrelli, Serena Grandi, Debora Caprioglio, Francesca Dellera, ecc.
A partire dagli anni Novanta, lo sviluppo delle televisioni commerciali favorisce l’incremento delle cassette pornografiche, (perché sia la pornografia sia il calcio vengono bene in televisione, mentre il ciclismo e l’erotismo vanno bene per la radio) e il corpo lunare di Laura Antonelli non può reggere con la fisicità prorompente delle pornostar di successo. Ma il suo corpo diventa, ancora una volta, verifica del cambiamento dei costumi, quando nel 2000 Samperi volle ripetere il successo di Malizia, girando appunto Malizia 2000, che fu un disastro.
Non ho mai avuto molta stima di Samperi regista, ma questo suo modo di fare mi conferma in una idea che ho sempre avuto: gli uomini sanno fare una sola cosa nella vita e questa cosa cercano di farla sempre, non rendendosi conto che spesso i tempi cambiano.
Laura Antonelli dovette sottoporsi alla chirurgia estetica, per girare Malizia 2000. Ora io so bene che la chirurgia estetica è il contrario dell’erotismo e va a braccetto con la pornografia, perché l’erotismo si intreccia con lo scorrere del tempo, è un tempo discreto e capriccioso. Perciò io avrei preferito la Antonelli con le sue rughette, anziché una caricatura della sua gioventù. L’effetto devastante del lifting al viso la portò a rinchiudersi ancora una volta nella sua solitudine e ad erigere –saggiamente – una barriera fra sée il mondo. Gli attori sono corpi in mano ai registi: quando diventano uomini si scoprono fragili o forti. Perciò fa sorridere la foto della Antonelli e di Belmondo mano nella mano. Sono due persone che nella realtà sono diverse da come appaiono nei film: lui violento e ringhioso, lei tenace e modesta.
La personalità della Antonelli si vide quando rifiutò l’offerta di Lino Banfi del sussidio della legge Bacchelli. Non voleva avere niente più a che fare con quel mondo miope e frettoloso. Ma essendo comunque un’attrice, il rifiuto di quel mondo, significava anche il rifiuto della proprio vita.
Disse una volta uno stilista famoso che gli stilisti non creano mode ma vestono le fantasie degli uomini. La Antonelli diede corpo alle nostre fantasie di adolescenti e maliziosamente ci fece capire come uscire dalla società contadina dell’Italia del dopoguerra, significasse riconoscere la bellezza di un corpo nudo, ma anche come fosse fragile quell’immagine costruita dalla nostra immaginazione. In fondo, i corpi non sono eterni, la loro bellezza è in quello che sono, aggiustarli ogni momento può essere inutile.
La morte di Laura Antonelli non mi da l’idea di una candela che si spegne, piuttosto l’immagine di una luce oscura che si accende. La casetta di due stanze dove ha abitato fino alla fine ora mi sembra una reggia e il suo volto impaurito al processo per droga del 1991 o quello devastato dal botox del 2000 la più bella icona della verità femminile devastata dal successo. Quella bellezza straziata può essere vista come la veronica del nostro tempo, la verità che si nasconde dietro le apparenze. Il suo nascondersi, un film tutto da scrivere.